9 Marzo 2020 - 9.20

Restate a casa!

“Restate a casa”, questa l’essenza vera del Decreto Legge firmato dal premier Conte nella notte di sabato.E l’invito non riguarda solo gli anziani o chi ha patologie pregresse, che le statistiche purtroppo provvisorie mostrano come i più esposti al rischio di perdere la vita a seguito del contagio, ma tutti gli italiani.Comunque le si legga, le nuove disposizioni sembrano ispirate ad una situazione di “guerra”, e non è un caso se questo termine sia stato più volte usato dal Responsabile nazionale della Protezione civile.Il giro di vite, impensabile fino a qualche giorno fa, è dovuto sostanzialmente a due motivi.Il primo, l’impennata dei contagi che sta mettendo alle corde il sistema sanitario reputato il migliore d’Italia e fra i migliori in Europa, quello della Lombardia.1.145 nuovi casi di infezione in un solo giorno danno più di qualunque discorso le dimensioni del problema.Il secondo, anche se non dichiarato apertamente, è il terrore del Governo che l’epidemia arrivi anche nelle Regioni del Sud, senza dubbio molto meno attrezzate a contrastare uno tsunami di questa portata, e dove il sistema sanitario molto probabilmente collasserebbe subito.E quindi la scelta è stata quella di imporre una stretta a tutto il Paese.Da oggi quindi l’Italia intera è mappata come “zona gialla”, anche se le misure più restrittive riguardano il Nord, in particolare tutta la Lombardia, più 14 provincie che cadono in Piemonte, Emilia Romagna, Marche. Diventano zona rossa infatti Modena, Parma, Piacenza, Reggio Emilia, Rimini, Pesaro e Urbino, Venezia, Padova, Treviso, Asti, Alessandria, Novara, Vercelli e Verbano Cusio Ossola.In una sorta di “coprifuoco collettivo” in cui bisogna “evitare in modo assoluto ogni spostamento in entrata e in uscita dai territori”.  Stop agli spostamenti anche “all’interno dei medesimi territori, salvo che per quelli motivati da indifferibili esigenze lavorative o situazioni di emergenza”. In questo modo l’area locomotiva del Paese diventerà una enorme Codogno, una sconfinata Vo’ Euganeo.  Unica differenza è che non ci saranno i militari a presidio del territorio, come è facilmente intuibile data dell’estensione dell’area. Il cordone sanitario “modello Cina” ha ovviamente l’obiettivo di fare muro, ma non è detto che questo possa bastare.Perchè qui bisogna dirci una grande verità. La Cina, pur colpevole di inerzia nelle prime fasi dell’epidemia, e forse anche di voler nascondere la verità al resto del mondo, ha poi preso misure che una volta si sarebbero definite “draconiane”.Ha messo in quarantena la popolazione di un’intera provincia, lo Hubei, che conta la stessa popolazione dell’ intera Italia, senza se e senza ma.Abbiamo visto tutti le scene delle forze di polizia portare via a forza la gente dalle proprie case.  Hanno chiuso tutto, hanno costretto la gente a stare chiusa nelle proprie abitazioni, hanno fermato ogni attività produttiva, e tutto ciò è stato reso possibile nel momento in cui il potere centrale, nella persona del Presidente Xi Jin Ping che ha dichiarato la “guerra al virus”, ha  preso in mano la situazione, creando una cabina di regia, e minacciando di “epurazione” i funzionari locali che si fossero rifiutati di applicare le straordinarie disposizioni del Partito Comunista Cinese.Il problema è tutto qui.Xi Jing Ping non è un Presidente democraticamente eletto, e la Cina secondo i canoni della cultura e della politica occidentale è una “dittatura”.Una dittatura in cui si può chiudere Internet, si possono  prelevare a forza i cittadini contagiati dalla proprie case contro la loro volontà, in cui i funzionari che non si adeguano hanno forti possibilità di trovarsi in Tibet ad asfaltare strade.A quanto si sa le misure di contenimento starebbero funzionando, e la Cina ha annunciato un calo dei contagi, tanto che è già stato abbassato il livello di allerta su quasi tutto il territorio nazionale, e le attività economiche e produttive stanno iniziando a ripartire.Come si suol dire: chapeau!Ma è proponibile un modello simile in Europa?Noi italiani siamo pronti ad accettare una “cura da cavallo” come quella imposta ai cittadini cinesi?Ecco perchè le attenzioni di tutti i Governi europei, e non solo, sono in questo momento tutte concentrare sull’Italia.Lasciate perdere certe “cadute di stile” come quella di chiedere la certificazione “virus free” alle nostre merci, ed altri tentativi furbeschi di avvantaggiarsi economicamente.   L’attenzione vera è dovuta al fatto che l’Italia è la prima “democrazia occidentale” a misurarsi con una pandemia di questa portata.E poiché i vari Governi sanno bene che i nostri problemi attuali li avranno anche loro a breve, vogliono vedere con quali mezzi affrontiamo la situazione.In quest’ottica il nostro Paese è una sorta di “cavia” delle democrazie.E se non si possono usare, per ovvi motivi, metodi in qualche modo “violenti”, l’unica strada in una “democrazia” è la persuasione.Certo le misure shock, i provvedimenti decisi dal Governo nella notte dell’8 marzo possono indicare la direzione, possono aiutare, ma se non ci sarà la convinta adesione di noi italiani, sarò tutto più difficile, se non inutile.E non sono certo ispirate a questo spirito le scene viste a Milano la notte scorsa, riportate dai media. Certo il Governo ci ha messo del suo, lasciando trapelare la bozza del decreto.Certe cose si fanno, non si annunciano! E certi personaggi che passano ai giornali informazioni riservate in cambio di un “occhio di riguardo” quando servirà, sono degli irresponsabili.Comunque resta il fatto che, dopo la comparsa della bozza del provvedimento,  a Milano centinaia di persone si sono riversate alla stazione di Porta Garibaldi, per prendere l’ultimo intercity in uscita, quello delle 23,30. Manco fosse l’ultimo treno per Yuma.Da quanto abbiamo letto molti viaggiatori sono saliti sui vagoni anche senza biglietto, dicendo ai controllori di essere disposti a pagare la multa pur di poter restare a bordo. Chi non è riuscito a salire sull’Intercity si è precipitato sull’ultimo regionale per Bologna, con l’obiettivo di salire sull’intercity delle 2.17 per Roma .Stessa cosa per l’Intercity partito da Torino Porta Nuova, subito ribattezzato “Cassandra Crossing”. Certo non c’erano ancora limitazioni, ma il risultato è che migliaia di persone sono uscite dalla Lombardia, dalla Regione dove l’epidemia ha colpito più che altrove, senza alcun controllo sanitario.  Con l’unico effetto di rischiare di diffondere il virus in altre Regioni, soprattutto del Sud.Ecco perchè serve responsabilità individuale.Perchè se tutti ci atterremo alle regole, senza fughe in avanti o bravate, si potrà in qualche modo provocare quell’ “effetto gregge” che solo può salvarci. Non esiste in questi casi salvezza individuale, ed al riguardo vi invito a leggere “La maschera della morte rossa”, in cui Edgar Allan Poe racconta di un’epidemia, e del suo tragico epilogo.   Certo si tratta di un racconto, ma vi assicuro che vi farà riflettere.Quindi per un periodo di tempo riprendiamo le abitudini di tempi passati, fatte di meno spostamenti, di meno appening, di buone letture.Lo dobbiamo fare per noi, per i nostri anziani, per i nostri figli e nipoti.Diversamente, quando le terapie intensive dovessero arrivare al collasso, ci troveremo di fronte alla scelta di “chi far vivere, e chi invece far morire”.Non è un’ipotesi di scuola e non è terrorismo.Il problema se lo è già posto la Società Italiana Anestesia Analgesia Rianimazione e Terapia Intensiva (Siaarti).Mettendo nero su bianco alcune raccomandazioni di etica clinica, ad uso interno; suggerendo che, in caso di condizioni eccezionali di squilibrio tra necessità e risorse disponibili, occorre “puntare a garantire i trattamenti a carattere intensivo ai pazienti con maggiori possibilità di successo terapeutico”.Di fatto operando una scelta tra chi ha “maggiore speranza di vita” e chi invece ne ha di meno.Inaccettabile?  Sicuramente in tempi normali, ma non al tempo del coronavirus.Pensiamoci, e scegliamo la strada della responsabilità, senza che nessuna ce la imponga con la forza, perchè in ballo c’è la vita di tanti italiani, ed il futuro del Paese.

VICENZA CITTA UNIVERSITARIA
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