11 Gennaio 2024 - 8.40

Presenti!

Forse non ci rendiamo conto che, quando parliamo dei fatti di Acca Larentia (che secondo la mitologia romana era la moglie di Faustolo, il pastore che adottò Romolo e Remo dopo l’abbandono dei gemelli sul Tevere), a buona parte dell’opinione pubblica italiana, soprattutto la più giovane, andrebbe spiegato di cosa si tratta.

Già perché sono passati ben 46 anni da quel 7 gennaio 1978, in cui tre giovani militanti del Movimento sociale italiano – Franco Bigonzetti, Francesco Ciavatta e Stefano Recchioni – vennero uccisi per mano di delinquenti dell’estrema sinistra i primi due, e da un inquietante intervento della polizia che causò la morte del terzo.

E guardate che non ho alcuna remora a parlare di “delinquenti”, e non di “compagni che sbagliano” come allora qualcuno li definiva, perché di omicidio si trattò, per il quale nessuno è mai andato a giudizio o ha scontato la pena.

E Acca Larentia, in quelli che sono passati alla storia come gli “anni di piombo”, fu solo uno dei tanti episodi di violenza e assassini politici, che insanguinarono l’Italia, compreso il nostro Veneto.

Chi ha buona memoria non può dimenticare che quattro anni prima, il 17 giugno 1974, a Padova  ci fu l’assalto terroristico alla sede del Movimento Sociale Italiano a opera di un gruppo delle Brigate Rosse, nel corso del quale vi furono due vittime, entrambe iscritte al partito, Giuseppe Mazzola, carabiniere in congedo, e Graziano Giralucci, agente di commercio.  Furono quelli i primi omicidi commessi e rivendicati dalle Brigate Rosse. 

E’ evidente che quei morti sono percepiti dalla loro parte politica come dei “martiri”, analogamente come sono considerati della sinistra le vittime dell’estremismo assassino di destra. 

Questo non è certo un problema per chi come me ha sempre messo il fascismo ed il comunismo sotto lo stesso tetto dell’indecenza!

Detto questo, e sperando si tratti di una pagina storica chiusa per sempre, perché la politica non può e non deve mai sfociare in violenza o brutalità, veniamo all’oggi, ed alle polemiche di questi giorni a seguito della “commemorazione” dei morti di Acca Larentia.

Ed al riguardo è inutile girarci attorno; sono 46 anni che, ogni anno, va in scena questo appuntamento nell’umida sera di un quartiere di piccola e media borghesia, dove c’era la sezione del Movimento sociale.

Sono 46 anni che in centinaia, con il braccio teso nella “fierezza orgogliosa dell’immortale saluto romano” (scusatemi la retorica voluta) si eseguono i rituali  lugubri del saluto ai “camerati caduti”,  al grido di “presente”.

Certo è vero che in altri ambiti, e per fortuna, ci sono state commemorazioni più “condivise”, ma Acca Larentia è Acca Larentia, un luogo della memoria per la destra della Capitale, una sorta di Predappio romana, dove rivendicare un passato, una storia.

Già, sono 46 anni che va in scena questo copione, senza che la sinistra antifascista, al di là delle scontate proteste e delle levate di scudi per “apologia di fascismo”, facesse nulla di concreto per impedirlo.

E sì che di acqua ne è passata sotto i ponti del Tevere, e i numerossimi Governi che si sono succeduti senza alla fine muovere un dito, non erano certo Governi di destra.

Credo che di fronte alle veementi proteste di questi giorni non si possa passare nel dimenticatoio quella che si potrebbe definire una mancanza di coraggio, di polso, o un atteggiamento rinunciatario, quasi passivo, esibiti dalle sinistre in passato di fronte a tali fenomeni.

D’altronde basta andare a Predappio, dove migliaia di personeper anni se non per decenni hanno esibito labari, vestiti neri di ogni fattura, fez, e altre riproduzioni di vecchi cimeli del ventennio, di fatto con l’acquiescenza dei pubblici poteri. 

Quindi la domanda che viene spontanea è: perché ci si accorge di queste esibizioni, in maniera più forte e prorompente, in particolare  a livello politico, solo se al governo c’è la destra?

Ma soprattutto: perché quest’anno ci sarebbe dovuto essere un intervento repressivo, quando nessuno ha mosso un dito allorché a Palazzo Chigi c’era Draghi,  o quando c’erano Conte, Letta, Renzi, Monti, e via discorrendo all’indietro?

Troppo facile rispondere: perché adesso al Governo c’è Giorgia Meloni!

Troppo auto assolutorio!   E consentitemi, anche un po’ furbesco”!

E poi, ma davvero qualcuno si aspettava che fosse “donna Giorgia” a mostrare il pugno duro per mettere fine a questi spettacoli? 

O il Presidente del Senato Ignazio La Russa, che non nasconde di avere il busto del Duce in casa e se ne vanta? 

Davvero qualcuno immaginava che costoro avrebbero mandato polizia e carabinieri a fermare i nostalgici di Acca Larentia?

Via ragazzi, siamo seri, e soprattutto a sinistra, non siamo ipocriti!

Ho già avuto modo di scrivere che, nonostante i “camerati…presenti” di Acca Larentia, quel quasi 30% di italiani che hanno votato la Meloni e FdI, e che stando ai sondaggi sembra intendano continuare a votarli, non possono essere tutti fascisti!

Perché se lo sono adesso, lo erano anche prima quando votavano democrazia cristiana, e anche qualche partito della sinistra.

E non siamo certo alla vigilia di una nuova “marcia su Roma”!

Ma ciò non toglie che, nonostante Giorgia Meloni abbia da tempo dichiarato “la destra italiana ha consegnato il fascismo alla storia ormai da decenni, condannando senza ambiguità la privazione della democrazia e le infami leggi anti-ebraiche”, si percepiscano ancora in Fratelli d’Italia delle contiguità con certi ambienti dell’estrema destra italiana nostalgica del ventennio. 

Lo so bene che non è facile per una come Giorgia Meloni, che è nata e cresciuta nell’ambiente missino delle borgate romane, rinnegare la sua storia e le sue origini.

Ma la premier è troppo intelligente, e troppo avveduta politicamente, per non capire che tocca a lei, proprio perché prima esponente di quella parte politica a diventare Capo del Governo italiano, tagliare quel cordone (apprezzabile il giudizio di Giovanni Donzelli che ha così definito l’adunata  dei camerati: “Sono 200 idioti utili alla sinistra”).

E per lei dovrebbe essere forse più semplice voltare del tutto pagina, perché anagraficamente lontana da quei morti di Acca Larentia. 

E dovrebbe farlo anche alla luce del fatto che del raduno di Acca Larentia stavolta si è parlato ampiamente anche all’estero, tanto da costringere il leader dei Popolari Europei Manfred Weber a dichiarare «In Europa non c’è posto per il saluto fascista, e noi lo condanniamo con la massima fermezza».

Io mi sentirei di dare alla nostra Premier anche un altro consiglio, e non sono certo il primo a farlo.

Tolga quella “fiamma tricolore” che ancora campeggia nel simbolo di Fratelli d’Italia!

Si sganci definitivamente da quell’immagine che richiama vecchi partiti della destra italiana, e indirettamente il fascismo, e che è presente anche nel simbolo del Rassemblement National di Marine Le Pen, e di altre formazioni di destra europee.

Non sembra che al momento la cancellazione della fiamma sia nei propositi di Giorgia Meloni e dei maggiorenti di FdI, ma se la premier ha veramente in animo di entrare nel “salotto buono” dell’Europa che conta e che decide, confermando così la volontà di rappresentare un Partito di destra più moderno, atlantista ed europeista, quella “fiamma” di chiaro sapore “almirantiano”, è oggettivamente un po’ ingombrante.

Per non dire che, con l’inesorabile passare del tempo, quella “fiamma”, per le nuove generazioni di italiani, non ha più alcun valore!

Umberto Baldo

VICENZA CITTA UNIVERSITARIA
AGSM AIM
duepunti
UNICHIMICA

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