17 Ottobre 2022 - 9.49

PILLOLA DI ECONOMIA – Sarà bene familiarizzare con il “Quantitative Tightening”

di Umberto Baldo

Piaccia o non piaccia con la lingua di Albione bisogna sempre più fare i conti, non solo perché di fatto è ormai la “lingua franca” del mondo, ma anche perché non c’è settore in cui l’inglese non la faccia da padrone, dalla scienza all’economia.

E sono vani tutti i tentativi di sostituire certi termini, certe espressioni anglosassoni, con traduzioni nell’italico idioma, perché alcuni concetti sono immediatamente riconoscibili e comprensibili da tutti solo se espressi nella lingua di Sua Maestà Britannica.

Se questo è vero, oggi vi parlo di un’espressione che sta prendendo piede nel dibattito economico, e con la quale sarà opportuno prendere un po’ di dimestichezza: il “Quantitative Tightening” (QT).

Molti si staranno chiedendo: cos’è ‘sta roba?

Sgombro subito il campo e vi dico di cosa si tratta, per poi cercare di capire appieno perché se ne sta parlando nei santuari della Finanza, e per la verità anche nelle Cancellerie degli Stati.

In estrema sintesi il Quantitative Tightening è l’opposto del Quantitative Easing (QE)

Ricorderete senz’altro che sin dal 2015 la BCE (e anche le altre Banche Centrali come la Fed e la BoE) ha acquistato titoli di stato e obbligazioni private per iniettare liquidità sui mercati e tendere così al target d’inflazione (allora l’inflazione era praticamente a zero ed il target era il 2%); questo era il Quantitative Easing.

Per certi versi il QE è stato una sorta di “droga” per l’economia, perché per un decennio il pianeta si era abituato all’idea che le Banche centrali comprassero asset senza alcun limite, sostenendone così i prezzi.  E tutti forse pensavano di vivere in una fiaba dove il “vissero tutti felici e contenti” non era il finale bensì tutta la trama.

Sono bastati pochi mesi di alta inflazione per azzerare simili certezze.

Abbiamo visto tutti che negli ultimi mesi, a fronte di un obiettivo formale di medio periodo del 2%, l’inflazione nell’Eurozona è esplosa, tanto che  a settembre toccava il 10%.

Le Banche Centrali prima hanno minimizzato la portata del fenomeno, parlando di inflazione temporanea, poi di fronte alla cruda realtà hanno dovuto in fretta e furia mettere in piedi un programma di rialzo dei tassi di interesse, che è ancora in corso e non si sa quando potrà finire. 

E’ chiaro che il Quantitative Easing, che mediante l’acquisto di Titoli pubblici ed obbligazioni private iniettava liquidità nel Sistema, non è più compatibile con la necessità di raffreddare l’economia,  come si sta cercando di fare con la politica del rialzo dei tassi.

Ma non solo non c’è più alcuna necessità di aggiungere liquidità al sistema, ma essa si rivela essere ormai eccessiva.

Da qui deriva  quindi la necessità di affiancare all’aumento dei tassi anche il Quantitative Tightening, che come accennato sopra riduce di fatto la quantità di denaro in circolazione.

L’obiettivo è anche quello di ridimensionare i bilanci delle Banche Centrali, cresciuti a dismisura proprio a seguito dell’iniezione di liquidità effettuata negli anni con il QE (e aumentata ulteriormente con la pandemia da Covid).

Tanto per avere un’idea delle dimensioni, il bilancio della Fed ha raggiunto i 9000 miliardi di dollari.

Capite bene a questo punto perché la discussione sul QT  sia ad uno stato piuttosto avanzato all’interno dei Board delle Banche Centrali, ed il motivo evidente sta nel fatto che l’attivazione del Quantitative Tightening potrebbe diventare una misura complementare al rialzo dei tassi per contenere l’inflazione, e addirittura secondo alcuni economisti potrebbe renderlo meno necessario.

Ma come funzione in pratica il QT?

Per capirlo bisogna partire dal fatto che con il QE le Banche Centrali si sono riempite di titoli di Stato ed obbligazioni, alla cui scadenza il controvalore veniva totalmente utilizzato per riacquistare altri titoli analoghi.

Con l’attivazione del QT questo riacquisto  continuerà, ma con importi ridotti rispetto ai titoli scaduti.

Per capirci meglio può essere utile fare un esempio concreto.

Mettiamo che in un dato mese in Bce arrivino a scadenza titoli di Stato ed obbligazioni per 100 miliardi di euro.

Ovviamente gli Enti emittenti (Stati, banche, Imprese) pagheranno alla Bce il valore nominale.

Questa liquidità anziché essere totalmente reinvestita dalla Bce (come avveniva fino ad ora con il QE), per comprare nuovi titoli,  con il QT una parte della stessa rimarrebbe inutilizzata. 

Nell’esempio, su 100 miliardi scaduti i reinvestimenti potrebbero essere per 60 miliardi; così il portafoglio della Banca Centrale si ridurrebbe di 40 miliardi.

In questo modo diminuirebbe la liquidità sui mercati, e gli operatori dovrebbero trovare capitali da altre fonti (private) per coprire le loro scadenze.

Vi state per caso chiedendo: ma a me cosa interessa del QT?

Vi interessa eccome in qualità di cittadini italiani, perché con il QT l’Italia, così come tutti gli altri stati dell’Eurozona, non avrebbe più copertura totale dei Btp in scadenza nelle mani della BCE.

Con la conseguenza di doversi approvvigionare sui mercati a costi sicuramente più alti, ed essendo il nostro Paese molto indebitato, ne risentirebbe subito in termini di percezione del rischio sovrano.

C’è da dire, in conclusione, che se da un lato l’attivazione del QT è di fatto ormai decisa, la stessa Bce sostiene che il Quantitative Tightening non partirà fino a quando i tassi di interesse non avranno raggiunto un livello “neutrale”, che viene individuato in area 2,5% o poco più.

Poiché è molto probabile che, dall’attuale livello del 1,25%, il livello neutrale del 2,5% si raggiunga entro fine anno, il prossimo Governo farà bene a non cullarsi sugli allori, perché il QT arriverebbe già nei primi mesi del 2023.

Sarà bene che Giorgia Meloni faccia capire ai vari Salvini, e comunque a tutti coloro che immaginano di aumentare la spesa pubblica, che quasi sicuramente “non ci sarà trippa per gatti”.

Umberto Baldo

VICENZA CITTA UNIVERSITARIA
AGSM AIM
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