11 Febbraio 2022 - 9.34

Mal’Aria di città: Vicenza tra le città più inquinate d’Italia nel report annuale di Legambiente

di Anna Roscini

Un problema ambientale, ma anche sanitario. L’emergenza smog nelle città italiane non si arresta: il 2021 è stato un anno nero dal punto di vista dell’inquinamento atmosferico che non risparmia nessuno dei 102 capoluoghi di provincia analizzati nel rapporto Mal’Aria 2022 di Legambiente. Le 238 centraline per il monitoraggio dell’aria disseminate nel nostro Paese parlano chiaro: nessuna delle città prese in considerazione ha rispettato tutti e tre i valori limite suggeriti dall’OMS. Quanto manca alle città italiane per diventare clean cities? Scopriamolo insieme!

I numeri dell’inquinamento atmosferico in Italia e le distanze da colmare per avere meno smog

PM10, PM2.5 (le polveri sottili) e NO2 (biossido di azoto): sono questi i tre inquinanti principali nelle aree urbane che determinano la qualità dell’aria che respiriamo e l’insorgenza di effetti sanitari cronici sul sistema respiratorio e cardiovascolare. Solo in Italia, sono causa di oltre 50 mila morti premature all’anno.

Su 238, 230 centraline hanno rilevato il PM10: di queste, ben 56 distribuite in 31 città (il 24%) hanno superato per più di 35 giorni la media giornaliera di 50 microgrammi per metro cubo (µg/mc), cioè il limite previsto dalla normativa. Le centraline che hanno registrato la media annuale più elevata sono quelle di Milano, Torino, Alessandria e Catania. Per il PM2.5 sono 139 le centraline tra quelle utilizzate che hanno monitorato questo inquinante: in un caso una centralina ha superato il limite normativo previsto (25 µg/mc) registrando una media annua di 28 µg/mc (Napoli); mentre nessuna è riuscita a rispettare il nuovo valore OMS fissato in 5 µg/mc. Per il biossido di azoto (NO2) sono stati rilevati i dati in 205 centraline di monitoraggio sulle 238 considerate. In 13 di queste non è neanche stato rispettato il limite previsto da normativa (40 µg/mc) mentre solamente 14 centraline hanno registrato valori che soddisfano le raccomandazioni dell’OMS (media annuale inferiore a10 µg/mc). Le situazioni più critiche si sono registrate a Napoli, Torino, Firenze, Milano, Palermo, Catania, Roma, Genova.

Per poter rientrare nei prossimi anni nei limiti sempre più stringenti dell’OMS, le città dovranno ridurre le concentrazioni di PM10 mediamente del 33%. Tra le città più distanti dall’obiettivo troviamo anche Vicenza con 30 µg/mc rispetto al limite OMS di 15 µg/mc. Per quanto riguarda il PM2.5, l’obiettivo di riduzione delle concentrazioni a livello nazionale è addirittura del 61%. Le criticità maggiori si presentano anche nella nostra città che registra 22 µg/mc, ovvero più di quattro volte il limite OMS di 5 µg/mc. Per l’NO2 l’obiettivo deve essere del 52%, con le criticità maggiori registrate a Milano (media annuale 39 µg/mc contro un valore OMS di 10 µg/mc) e Torino (37 µg/mc).

Cause dell’inquinamento atmosferico e proposte per accelerare la transizione energetica

I due settori che incidono maggiormente sulla qualità dell’aria che respiriamo nelle nostre città sono la mobilità e il riscaldamento domestico. «Il tema della decarbonizzazione per la lotta ai cambiamenti climatici e quello della transizione ecologica verso città e territori più salubri e vivibili – spiega Legambiente – sono indissolubilmente legati e vanno affrontati con una visione unitaria». Senza dimenticare il settore dell’agricoltura e della zootecnia. «Le aree urbane, soprattutto del nord-centro Italia, sono cinte da attività agricole e allevamenti spesso intensivi che, seppur chiaramente non interne ai centri urbani, concorrono in modo rilevante alle emissioni in atmosfera» sottolinea il report.
Di fronte a questo quadro, l’associazione ambientalista rilancia le sue proposte in ambito urbano. Oltre all’importanza di ridisegnare lo spazio pubblico urbano a misura d’uomo (con quartieri car free, città dei 15 minuti, slow streets, strade scolastiche, smart city, ecc.), è fondamentale aumentare la dotazione del trasporto pubblico elettrico. Occorre poi incentivare la mobilità elettrica condivisa (micro, bici, auto, van e cargo bike); realizzare 5.000 km di ciclovie e corsie ciclabili pensate come una rete che si integra nel sistema urbano di mobilità sostenibile; predisporre programmi di incentivazione alla mobilità attiva (bike to work, bike to school). Sul fronte del riscaldamento domestico, serve un grande piano di qualificazione energetica dell’edilizia pubblica, incentivando la riconversione delle abitazioni ad emissioni zero e una normativa che favorisca la dismissione delle caldaie (gasolio, carbone e metano) a vantaggio di sistemi alimentati da fonti rinnovabili (es. pompe di calore elettriche). E ancora, è importante rendere sostenibile l’ultimo miglio della distribuzione delle merci (home delivery) iniziando a limitare da subito l’utilizzo dei veicoli a combustione interna nei centri storici e promuovendo contemporaneamente l’utilizzo dei veicoli elettrici. Nel settore agricolo è necessario, infine, garantire l’effettivo monitoraggio delle pratiche agricole per ridurre drasticamente le emissioni di ammoniaca, il controllo sullo spandimento di liquami nei periodi critici invernali e, per quanto concerne gli allevamenti, riconvertire quelli intensivi attraverso la riduzione del numero di capi, puntando verso progetti che, riducendo la densità degli animali per superficie, rispettino anche il benessere animale.

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