18 Febbraio 2022 - 10.08

L’analfabetismo regnante su Tik Tok

di Alessandro Cammarano

C’era una volta l’Italiano, quello con la “consecutio temporum” giusta, con la sintassi non ridotta ad azzardo, ricco di aggettivi, con i congiuntivi laddove oggi si supplisce con l’indicativo imperfetto, attento alla pronuncia delle parole, preciso nella punteggiatura.

Ebbene, datelo pure per disperso o peggio ancora caduto sul campo in nome della “semplificazione” della lingua che rincorre a precipizio i ritmi sempre più incalzanti di una società che in ogni suo aspetto ha fatto della velocità il suo imperativo assoluto.

Oggi tutto si abbrevia, l’acronimo – una delle iatture di derivazione anglosassone importate con entusiasmo insieme al cibo spazzatura e ad altre schifezze – la fa da padrone tanto che sentire una bracciante agricola dell’alto Sannio dire nel corso di una conversazione telefonica “ci vediamo ASAP” non è così infrequente così come l’orripilante “H24” oramai impera nella lingua scritta e parlata.

A proposito di quest’ultima si è costretti ad ascoltare chicche che sembrano derivare dalla crescente influenza cinese sull’Occidente, con svariate “elle” ove ci sarebbe la “erre” e dunque via alla “prologa” e a “pultroppo” ai quali sarebbe preferibile un mazzolino di ortiche nelle mutande. Non sono ovviamente le uniche castronerie perché nella lingua scritta ci si trova dinanzi a perentori “tranquillo, è tutto apposto” o a miserevoli “non c’è la faccio” o “io non centro nulla”; conati a ripetizione.

La pietra tombale sull’uso della lingua l’hanno messa i social media, soprattutto quelli di ultima generazione – ovvero Instagram e TikTok su tutti, dato che Snapchat si è fortunatamente sciolto come neve al sole – sui quali ci si imbatte di continuo in video, storie e “reel” capaci di mandare istantaneamente ai matti tutti gli Accademici della Crusca e più semplicemente far girare vorticosamente gli zebedei a chiunque abbia ancora un po’ a cuore la lingua di Carlo Emilio Gadda o di Italo Calvino, senza andare a scomodare Leopardi e Manzoni, o più semplicemente senta un brivido corrergli lungo la schiena all’udire uno “schedulare” pronunciato dal manager di turno durante un dibattito televisivo.

Su TikTok ci si imbatte in sfondoni memorabili a cominciare dall’errata pronuncia di parole e locuzioni di derivazione latina che subiscono un’avventata anglicizzazione da parte di “quelli-che-credono-faccia-figo”: ecco dunque una bella serie di “mainus” al posto di “minus”, di “dulcis in fundus” invece di “dulcis in fundo”, “i nuovi midia” quando si dovrebbe dire “i nuovi media”.

Proseguendo con l’inglese autoprodotto si trovano – e qui si torna agli influencer di cui si è già scritto – una crema al cocco che diventa, con un tocco di esotismo escatologico, “cacanut crim” una vera delizia da spalmarsi sul viso.

Magari gli erroracci marchiani passerebbero inosservati se i tiktoker non volessero aggiungere al parlato anche una o più didascalie scritte cadendo in baratri di ignoranza grassa.

Una per tutte: “al di là” e “aldilà”, ovvero tra “oltre” e il mondo dei morti c’è una bella differenza.

Angosciante, sia detto che scritto, è l’usatissimo “propio” al posto di “proprio”: ho capito che il primo nei secoli passati era ammesso, ma oggi non si può né leggere né ascoltare; e pronunciatela ‘sta fricativa!

Meravigliosi tutti i cantanti improvvisati che pubblicano video nei quali eseguono i successi dei loro beniamini “accappella” – tutta una parola avrebbe detto Totò a Peppino De Filippo dettando la mitica lettera alla Malafemmina – e che andrebbero legittimamente presi “accalcinculo”.

E che dire dell’impagabile Cxxx – produttore campano di creme spalmabili probabilmente buonissime – protagonista di un video girato sotto un cartellone pubblicitario di dimensioni felliniane recante, oltre alla fotografia delle suddette creme, l’agghiacciante scritta, per altro ripetuta anche a voce dallo stesso Cxxx, “Vuoi farla ingolosirla?” fantastico ed erratissima ridondanza quando avrebbe avuto a disposizione una valida più e corretta alternativa come “Vuoi farla ingolosire?”, posto che comunque l’uso riflessivo del verbo “ingolosire” – già per altro orrido di per sé – fa davvero schifo e si accompagna perfettamente all’uso transitivo di verbi intransitivi; un esempio per tutti “pisciare il cane” oramai consacrato nell’uso comune.

A conclusione di tutto un plauso ai tiktoker-instagrammer che si esibiscono in video in cui si parla esclusivamente dialetto con sottotitoli in italiano maccheronico infarciti di “a” senza acca e di avere al posto dell’essere ma, si sa, la lingua si muove … come i lemming che corrono tutti insieme verso il burrone.

Alessandro Cammarano

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