10 Febbraio 2022 - 10.45

Influencer de noantri (2): autentica piaga dei social(s)

di Alessandro Cammarano

Qualcuno ricorda “Tototruffa 62” di Camillo Mastricinque con protagonista l’immortale Totò?

Ecco, in uno degli episodi, con la complicità di Nino Taranto, il Principe de Curtis “vende” al povero italoamericano credulone nientemeno che la Fontana di Trevi dopo essersi presentato come “Antonio Trevi” proprietario della fontana. Il business starebbe nel recupero settimanale delle monetine lanciate dai turisti più l’incasso di presunti “diritti fotografici” – cento lire a scatto – da incassare dai visitarori.

Il povero Decio Cavallo ci casca con tutte le scarpe e versa cinquecentomila lire di caparra a Totò “Trevi” che ovviamente si dilegua col malloppo mentre il truffato viene preso per matto e portato via dall’ ambulanza dove è stato caricato a forza da due infermieri nerboruti.

Ecco: il mondo degli influencer – stiamo ovviamente parlando di quelli “fai da te” anche se quelli “scientifici”, una su tutti la diva Ferragni che cava soldi da qualsiasi cosa, non sono particolarmente gradevoli ma almeno parlano una lingua comprensibile e hanno creato marchi personalissimi e redditizi – è composto di alcuni, troppi, Antonio Trevi e schiere di Decio Cavallo.

Pare che diventare influencer sia parecchio facile e neppure troppo dispendioso. Essere bellocci, coatti e tatuati come un tazebao aiuta alquanto ma non è indispensabile, tanto poi ci pensano i filtri che abbelliscono anche uno zombie.

L’aspirante venditore di fontane deve innanzitutto creare profili Instagram e TikTok e poi cercare “followers”: il sistema più semplice è ovviamente comprarli.

Basta accedere a “servizi” come quelli di Instaboom.eu o Instagrow.it – di siti venditori ce ne sono a decine – e acquistare pacchetti di “seguitori” del proprio profilo. I più raffinati comprano “bot”, ovvero profili finti che però il social riconosce come autentici e in qualche modo interagiscono con like e commenti contribuendo al “consolidamento” e alla credibilità dell’influencer.

I più scrausi invece si accontentano di pacchettoni di nomi estremo-orientali che fanno mucchio ma non creano nessuna interazione: avere duecentomila followers ma duemila like è essere nessuno ma comunque l’influencer scrive, telefona e visita potenziali “clienti” a cui proporre le sue storie Instagram dove i grulli verranno citati e i loro prodotti reclamizzati, il tutto in cambio di denaro e degli oggetti reclamizzati.

Le storie – pardon “stories” – sono quasi sempre un concentrato di violenza alla sintassi e di vilipendio alla grammatica oltre che girate in “locations” appositamente costruite. Esempio: “Sono allo Yacht Club di Porto Cervo in attesa di cenare con il tal divo ma nel frattempo volevo farvi vedere quanto risplende la mia pelle grazie alla supercrema Wrinklestop dei Laboratoires Pataque di Solothurn”.

La realtà è un’altra: la storia è girata nel giardino di una zia che ha un’aiola con due palmette e una fontanella e lo champagne in flûtes di Rosenthal è in realtà Spumante Villa Fetecchia servito in calici di vetraccio: l’importante è farlo credere.

Sta di fatto che costoro hanno un grande successo in un mondo in cui l’analfabetismo funzionale la fa da padrone e l’immagine, per tragicomica che sia, prevale sempre e comunque sul contenuto.

A girare per profili delle e degli influencers si scoprono baratri di umana tristezza ma soprattutto ci si fanno delle risate grassissime.

Ambra Vitiello, quattrocentoduemila followers parla insistentemente di “t-scirt” palesando una conoscenza dell’inglese pari o inferiori a quella di un organismo monocellulare, mentre il mitico Francesco Chiofalo – accento marcato de Roma Sud e tatuaggio a ragnatela sul collo– sproloquia sulle mascherine chirurgiche che “saranno pure le mijiori ma io nun ce vedo un cazzo”, e certo! Se la mette sugli occhi il beota…

Francesca Del Bufalo, centoventinovemila secutores, si lamenta con voce sexy della “dura vita dell’influencer” subito dopo aver finito un massaggio rilassante mentre Veronica Burchielli – una da poco più di duecentomila adepti – si dichiara candidamente “metopatica”, forse riferendosi alle

metope che insieme ai triglifi ornavano gli architravi dei templi greci? Ma quattro schiaffi ben assestati no?

Alessandra De Angelis, che di accoliti ne ha seicentoquarantacinquemila, si sente vicina “a tutti quelli che vivono in case piccolissime”: influencer per il sociale. Ovviamente lei si riprende a campo strettissimo e quindi potrebbe a sua volta risiedere in un monolocale da quindici metri quadri.

Elena Berlato trova che sia “una cosa assurda” pubblicare sue foto gratis su Instagram, e qui c’è da sganasciarsi dal ridere.

La palma va comunque a Rosa Perrotta, un milione e settecentomila proseliti – che dice di “fare una vitaccia” perché si deve alzare alle sette e dieci. Magari qualcuno dovrebbe ricordarle che ci sono persone che lavorano davvero ed escono di casa alle cinque del mattino oppure fanno turni di notte.

Premio speciale a Federico Fashion Style, starlette televisiva, con un milione e centomila seguaci ma una media di trentamila like a post – una vera schifezza a livello statistico, lo capisce anche un bimbo di seconda elementare – che si esibisce in chicche del tipo “ti ho stupendizzata baby”.

Mi fermo qui e vado a rileggermi le Operette Morali di Leopardi: lui sì che è un influencer vero.

Alessandro Cammarano

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