28 Aprile 2023 - 8.36

Elly Schlein, il Pd, e la “transumanza”

Ma veramente qualcuno poteva pensare che l’avvento di Elena Ethel Schlein, detta Elly, alla Segreteria del Pd non provocasse qualche scossone di assestamento all’interno del partito?

Guardate, sgombro subito il campo da possibili accuse di “anti-Schleinismo preconcetto”; alla mia età posso permettermi di guardare la politica da semplice osservatore, senza particolari coinvolgimenti emotivi.

Quindi non posso che riconoscere che a due mesi da quelle che amo chiamare le “primarie dei passanti”, che portarono Elly Schlein al vertice del Pd, sicuramente grazie all’aria nuova portata dalla neo Segretaria svizzero-statunitense-italica, nei sondaggi il Pd è tornato a piazzarsi stabilmente sopra il 20 per cento, staccando il Partito di Giuseppe Conte di circa 5  punti. 

Fino ad ora non posso però dire che la Schlein ci abbia fatto sognare con nuove tematiche, abbia elevato il dibattito politico nazionale, in quanto sembra esserci quasi un patto sotterraneo con la destra della Meloni, che funziona così: i miei (Meloni) fanno qualche gaffe, il che permette a te (Schlein) ed ai tuoi  di ribattere e polemizzare.   

Così restiamo entrambe alla ribalta, occupando tutti gli spazi, in barba a chi ci vuole male.

Quanto potrà andare avanti questo “gioco delle parti” non è dato sapere, ma potrebbe anche subire qualche battuta di arresto, perché è sempre più evidente un certo malessere che traspare da alcuni ambienti del Pd.

E siamo così  tornati alla domanda iniziale.

E’ evidente che la direzione da subito impressa al Partito dalla Schlein rappresenta la fine del sogno liberal-democratico in Italia.

Il Partito Democratico era nato come la casa comune delle grandi famiglie ex comuniste ed ex democristiane, è sempre stato uno dei maggiori “azionisti” del grande raggruppamento socialista europeo (Pse – Socialists & Democtats), e francamente il nuovo populismo rosso propugnato dalla neo Segretaria, fatto di temi identitari di impronta demagogica quali immigrazionismo, diritti Lgbt, ambientalismo integralista che non tiene conto dell’uomo, anti-globalismo, cultura woke, maternità surrogata, liberalizzazione delle droghe leggere, imposta patrimoniale  e quant’altro, mal si sposa con le tradizioni del socialismo democratico europeo (quello dei Willy Brandt e dei Felipe Gonzalez per esempio) 

Sarà stata forse l’esperienza fatta negli anni giovanili nello staff di Obama, ma la versione Schlein del Pd sembra la fotocopia dell’ala socialista del Partito Democratico americano, rappresentata da Alexandria Ocasio Cortez e dal senatore Bernie Sanders; un’ala massimalista che non ha mai sfondato negli Usa.

D’altronde è stato subito chiaro dove la Schlein volesse andare a parare, quando ha designato i membri della Segreteria, chiamando come stretti collaboratori anche personaggi come Mattia Sartori (Sardine) e Jasmine Cristallo (leader della rivolta dei balconi). 

Chiara anche la politica delle alleanze da lei perseguita, orientata verso il Movimento 5 Stelle (che io preferisco chiamare Partito di Conte), il mondo dei Centri Sociali, ed in generale della sinistra movimentista che sta fuori dal Parlamento.

E’ evidente che se questa “svolta programmatica” ha convinto alcuni fuoriusciti dal Pd come l’ex Ministro Speranza a rientrare nella “ditta”, dall’altro sta creando malumori nell’area moderata e cattolica del Partito.

Giuseppe Fioroni, storico rappresentante del mondo cattolico, è stato il primo a dire “arrivederci e grazie” al Pd della Schlein, già il 27 febbraio scorso. 

Ma se l’addio di Fioroni era dato quasi per scontato, data la storia politica dell’uomo, adesso le uscite dal Pd stanno aumentando. 

Dopo è stata la volta di Andrea Marcucci, esponente di peso ed ex Capogruppo al Senato, che il 22 aprile ha dichiarato di non aver rinnovato la tessera del Pd, per aderire ai Liberali Democratici Europei di Giuseppe Benedetto, Sandro Gozi, Oscar Giannino,  e Alessandro De Nicola.

In questo caso qualcuno ha sicuramente pensato maliziosamente: è andato via perché non è stato rieletto alle politiche del 22 settembre.

Ma adesso è arrivato il turno di Enrico Borghi, confermato al Senato, nominato di recente al Copasir, che ha motivato il suo addio in quanto le scelte della Schlein “Rappresentano una mutazione genetica: da partito riformista a un partito massimalista di sinistra…. Aldo Moro parlava di diritti sposati con i doveri, Schlein invece sostiene la narrazione di una politica anticapitalista e pauperista, ma ricordo che il sistema in cui viviamo, quello occidentale, è l’unico che mette insieme democrazia, politica sociale e diritti.” 

Il tutto mentre Schlein, continua Borghi, “non parla più di imprese, di professioni e di partite Iva”.

Stavolta la fuoriuscita non è a mio avviso di quelle che si possono commentare con un’alzata di spalle, anche perché pur avendo Borghi specificato che: “la mia è una scelta individuale e non ho parlato con nessuno. Non provoco scissioni e non faccio proselitismo”, alla fine ha scelto di aderire al Gruppo al Senato di Italia Viva, il Partito di Matteo Renzi.

E ha giustificato questa scelta con un ragionamento che sta in piedi, vale a dire  che: “ Nonostante la rottura tra Renzi e Calenda sul progetto del Terzo Polo, c’è bisogno di rappresentanza politica e non più di personalismi. Se non si organizza uno spazio politico arriveremo a una Meloni che si prenderà un pezzo di mondo riflessivo e cattolico”. 

E proprio Renzi, secondo Borghi, può contribuire “insieme ad altre figure alla nascita di un nuovo soggetto”.

Sulle convinzioni di Borghi non avrei dubbi, perché se fosse solo un uomo di potere non abbandonerebbe un Partito del 20% per un’Italia Viva che in questo momento non brilla certo nei sondaggi.

Dulcis in fundo, insistenti rumors di stampa riferiscono che anche Caterina Chinnici,  ex magistrato e due volte europarlamentare Pd, figlia di Rocco Chinnici, ucciso dalla Mafia nel 1983, sarebbe pronta a lasciare la Schlein per approdare in Forza Italia (francamente questo mi sembrerebbe una salto della quaglia piuttosto stupefacente, ma tant’è!). 

A questo punto non so quanto la Schlein possa trascinare la sua narrazione per le lunghe, schivando i temi più spinosi (tipo i termovalorizzatori e le armi all’Ucraina)  per far girare la giostra dello ius soli, del riconoscimento dei figli alle famiglie omogenitoriali, dei nuovi italiani,  dei diritti dei rider, il tutto condito con una massiccia dose di antifascismo e di “attenti al lupo cattivo”, mentre la partecipazione dell’Italia alla guerra in Ucraina continua, l’esodo degli immigrati aumenta di giorno in giorno, le bollette non calano, i prezzi, tutti, di ogni genere, sono alle stelle, e le preoccupazioni degli italiani sono concentrate appunto sull’inflazione e sul non arrivare a fine mese. 

Fossi in lei, invece di concedere interviste a Vogue, e presenziare a tutte le manifestazioni di protesta, comincerei a concentrarmi di più sulla gestione di  un Partito in cui le correnti con i loro capi non sono certo sparite, in cui Bonaccini e la sua area non la pensano certo come lei, e soprattutto in cui i leader tradizionalmente “durano poco”. 

Non so se queste prime fuoriuscite rappresentino casi isolati, o se siano invece i prodromi di una “transumanza” consistente di esponenti di quell’area liberaldemocratica e cattolica che  a denti stretti sussurra che il Pd assomiglia sempre più ad un “centro sociale”, e che quindi teme di essere relegata ai margini.

Ma secondo me non dovremo attendere molto per saperlo.

Umberto Baldo

VICENZA CITTA UNIVERSITARIA
AGSM AIM
duepunti
UNICHIMICA

Potrebbe interessarti anche:

VICENZA CITTA UNIVERSITARIA
AGSM AIM
duepunti
CAPITALE CULTURA
UNICHIMICA