27 Aprile 2015 - 9.35

ELEZIONI VENETO – Il rischio che porta alla vittoria dell’astensionismo

Regionali: candidati Veneto a 'Porta a porta'

di Marco Osti

Le elezioni regionali in Veneto si avvicinano e nessuno dei candidati pare infiammare il cuore degli elettori.
Alessandra Moretti appare molto sugli organi di stampa, talvolta anche per motivi impropri, dovuti a qualche sua dichiarazione inopportuna e altre per questioni futili, non necessariamente a lei addebitabili, come nel caso della fine del suo presunto flirt con il conduttore televisivo Massimo Giletti, ma poco, nella corsa alla guida della regione, emerge delle sue proposte politiche.
In realtà sembra che la candidata del Partito Democratico stia scontando una serie di situazioni contingenti la sua corsa a Governatrice, che però incidono in modo determinante.
In primo luogo c’è sicuramente il fastidio con cui parte dell’elettorato, anche vicino al suo schieramento politico, ha vissuto la decisione di candidarsi, dopo che aveva avuto un consenso, peraltro molto ampio, alle recenti elezioni europee.
Avere, solo pochi mesi dopo, optato per tornare a concorrere per una carica in Italia, smentendo la campagna elettorale europea e dimenticando il mandato appena ricevuto non è certo piaciuto a molti veneti, che si stanno ponendo la domanda se ci si possa fidare di chi non ha mantenuto un impegno assunto.
In quest’ambito pesa molto anche quanto sta avvenendo nel Pd a livello nazionale, perché Alessandra Moretti deve la sua candidatura a una scelta del suo partito, che inevitabilmente la individua come la donna voluta e imposta da Matteo Renzi.
Il combinato di tale situazione, in cui lei ha cambiato idea e ciò è avvenuto in un contesto deciso dal segretario del partito e presidente del Consiglio, rende la sua posizione sempre instabile e al centro di possibili attacchi.
Infatti tutta la componente di minoranza del Pd, contraria a molte scelte politiche del premier, che oggi sta concentrando la battaglia sulla votazione della nuova legge elettorale, è possibile scarichi a livello locale le conseguenze di questa contrapposizione, arrivando a non sostenere in modo deciso la candidata del Pd, la quale avrebbe invece bisogno dell’appoggio concreto di tutto il suo schieramento nel confronto con il governatore uscente Luca Zaia.
Anche il candidato della Lega Nord non può però vivere sonni sereni, considerando che la sua corsa alla rielezione è stata condizionata da una lotta interna al suo partito molto pesante, che ha portato addirittura all’espulsione da parte di Matteo Salvini di Flavio Tosi, sindaco di Verona, che si era proposto come alternativa del Carroccio per guidare il Veneto.
Una situazione risolta con una scelta autoritaria, nello stile del Matteo padano, analogo nei metodi al Matteo fiorentino, che certo ha prodotto crepe nello schieramento leghista.
Non è un caso che Zaia abbia recentemente chiuso un accordo elettorale con Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni, la quale, con un tweet, ha sbandierato la sua soddisfazione, certa che in questo modo il suo partito si accredita come forza che può entrare in coalizioni di maggioranza, per ora in elezioni amministrative, e poi politiche.
Del resto lo spostamento verso una destra populista e nazionalista, che Salvini ha impresso alla Lega Nord, ha portato inevitabilmente a trovare convergenze con chi da sempre è vicino a tali posizioni ed è sempre stato marginale nel Paese, per il suo ancoraggio a un passato fascista e autoritario mai del tutto rinnegato.
Non è un caso che oltre a Fratelli d’Italia vicino alla Lega si trovino, come era evidente alla manifestazione organizzata da Salvini a Roma, gli esponenti di Casa Pound e Forza Nuova.
Una destra quindi che non si riconosce in formazioni di analogo schieramento però proiettate a logiche conservatrici e moderate europeiste, riferimento ideale per milioni di elettori in Italia che oggi, fallito il progetto di Forza Italia, non trovano qualcuno da cui si sentano seriamente rappresenti.
C’è tutta una componente imprenditoriale e cattolica in questo spazio politico, che in Veneto non si riconosce nelle posizioni autoritarie, sempre borderline con l’essere xenofobe e razziste, alle quali strizza l’occhio Salvini.
Lo stesso Zaia ci pare nel suo percorso politico non essere mai stato portatore di idee così radicali e oltranziste e dobbiamo ritenere che oggi se ne faccia interprete per ragioni di opportunismo politico, che in ogni caso manifestano una incongruenza percepita dall’elettore.
Allo stesso tempo ancora non trova una sostanza seria di rappresentatività il progetto di Flavio Tosi, che prova invece a parlare a questo mondo moderato, ma deve comunque combattere con Forza Italia, che in ogni caso ne ancora è la principale referente.
In questo scenario non va poi dimenticato il ruolo che può svolgere verso gli insoddisfatti il Movimento 5 Stelle, che a livello nazionale continua a mantenere nei sondaggi un sostegno vicino al 20 per cento.
In tutto ciò e per tutto ciò non emergono progetti concreti per il Veneto e i suoi cittadini, quindi, tra posizionamenti subìti o opportunistici, proposte politiche incerte, insoddisfazione tra gli elettori di centro sinistra per la candidata scelta dal Pd e tra quelli moderati di centro destra, che non trovano un riferimento che li convinca, il rischio è che alle prossime elezioni il vero vincitore sarà, ancora una volta, l’astensionismo.
Così fosse, le elezioni regionali produrranno una governatrice o un governatore dimezzato, non certo nei poteri, ma nel consenso, con gli inevitabili condizionamenti che la mancanza di un reale concreto consenso comporterà nel corso del suo mandato.

VICENZA CITTA UNIVERSITARIA
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