20 Ottobre 2021 - 11.52

Elezioni, il “caso” Conegliano

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E’ comprensibile che la grande stampa concentri le sue analisi post elettorali sulle grandi città.In questi giorni infatti si sprecano i commenti quasi esclusivamente sulle vittorie della sinistra a Roma ed a Torino, come era stato 15 giorni fa per Milano e Napoli, di fatto relegando (il che non vuol dire necessariamente trascurare o minimizzare) i risultati in molte altre città in analisi molto più contenute, spesso riportando solo il risultato finale ed il nome del neo sindaco.Figuriamoci quindi se i grandi media perdono tempo per soffermarsi sul risultato di cui invece voglio parlarvi oggi, quello di Conegliano.Tranquilli, non ho perso il senso delle proporzioni!Lo so bene che Conegliano è un paese di poco meno di 35mila abitanti, e che quindi non può fornire indicazioni sul post voto paragonabili ai risultati di metropoli come Roma, Milano, Torino o Napoli, dove chiamati alle urne (anche se poi due su tre non sono andati a votare) sono milioni di cittadini. Ma nel nostro “piccolo mondo Veneto”, per parafrasare Fogazzaro, lo scontro che si è consumato per il rinnovo della carica di Sindaco presenta risvolti molto interessanti.Per inquadrare bene i termini della partita, bisogna dire che a Conegliano nel 2021 non si sarebbe dovuto andare alle urneSe non che nel 2020 il Sindaco Fabio Chies è stato costretto alle dimissioni dopo quella che, in altri tempi, si sarebbe definita una “congiura di palazzo”.In estrema sintesi il 19 ottobre dell’anno scorso, il Primo cittadino si è trovato senza maggioranza in Consiglio Comunale.Contro di lui si sono schierati i consiglieri del gruppo misto, Leopoldino Miorin e Pierantonio Bottega, che lo hanno formato uscendo da quello consiliare di Forza Italia, poi i Popolari Francesco Polo e Stefano Dugone, oltre che i 5 del Pd, i due di Cambiamo Conegliano e i due del Movimento 5 Stelle. In maggioranza (meglio dire ex) erano rimasti Forza Italia, ridotta da 6 a 4 consiglieri, Lega Nord con i suoi 4 rappresentanti e Forza Conegliano con 2, quello di Conegliano in Movimento, più il sindaco.Risultato:  12 a favore, 13 contro,  quindi dimissioni di Chies, successivo scioglimento del Consiglio Comunale, ed elezioni anticipate.Spesso quando un sindaco viene defenestrato dalla propria maggioranza, trae le dovute conclusioni, e decide di dedicarsi ad altro.Non è stata questa la scelta di Fabio Chies che,  evidentemente ritenendo di essere stato ingiustamente vittima di “fuoco amico”, ha deciso di correre di nuovo per la rielezione, trovando il sostegno di due liste civiche, “Chies Sindaco” e “Forza Conegliano”, di Forza Italia, il suo partito, e sulla base di un esplicito e trasparente accordo di condivisione del programma, anche del Partito Democratico (che si è limitato ad una indicazione di voto), rimasto dopo il primo turno privo di un candidato.Bisogna dire che il 48enne ing. Chies non è uomo che tema le sfide impossibili, perchè contro di lui si è schiarata una vera e propria “corazzata”, in una lotta che aveva assunto i caratteri di una “guerra fratricida”.Il suo avversario, un pezzo da novanta dell’ imprenditoria di Conegliano, Piero Garbellotto, fra l’altro Presidente dell’Imoco, pluri scudettata squadra femminile di pallavolo e ora anche Campione d’Europa, era sostenuto dalla Lega di Salvini e da Fratelli d’Italia, ma soprattutto da Luca Zaia, che in questa zona  incassa percentuali bulgare.Il Governatore del Veneto, che vive ad un tiro di schioppo da Conegliano, evidentemente desiderava espugnare a tutti i costi la città che diede i natali al noto pittore Cima da Conegliano, e durante la campagna elettorale non si è certo risparmiato, andando più volte in città a tenere discorsi elettorali, e portando in città anche il suo Segretario Matteo Salvini.Capite bene che la sfida sembrava impari, fra un Davide di nome Chies ed un Golia di nome Garbellotto.Ed al primo turno del 3-4 ottobre sembrava che i pronostici si sarebbero concretizzati, visto che Garbellotto aveva raggiunto il 39,2 per cento, mentre Chies era arrivato al 31,9. Molti devono aver pensato allora che la pratica fosse chiusa, e che il ballottaggio fosse una mera formalità.Se non che è sempre vero che non bisogna mai dare nulla per scontato, ed infatti, inaspettatamente, il 17-18 ottobre Chies ha vinto con il 53,46% delle preferenze, mentre il suo sfidante si è fermato al 46,54%.La vicenda elettorale consumatasi fra le dolci colline del prosecco di per sé potrebbe essere una delle tante che nei giorni scorsi hanno vissuto tanti altri Comuni italiani da nord a sud.Ma a rifletterci solo un po’, ci si rende conto che quella di Chies non è una vittoria come le altre, perchè rappresenta il primo schiaffo dell’elettorato a Zaia dopo il plebiscito delle ultime elezioni regionali, vinte polverizzando gli avversari.Certo si può tenere conto che, come si usa dire quando si perde, le comunali hanno un valore politico relativo perchè si vota l’uomo oltre che il candidato Sindaco, come pure che i Coneglianesi sembrano non volersi discostare dalla linea fin qui seguita di eleggere sindaci appartenenti all’ala moderata del centrodestra; da Alberto Maniero a Flaviano Zambon a Fabio Chies.Ma non si può nascondere la novità di un sindaco, che fa riferimento a Forza Italia, che sfida la forza egemone del Veneto, la Lega, in quella Marca Trevigiana che fu una delle culle della Liga Veneta, catalizzando su di sè anche elettori del Pd, risultati determinanti come ammesso dallo stesso Chies, e incassando l’endorsement anche del Sindaco di Venezia Brugnaro, che come noto sta cercando di mettere in piedi una nuova forza politica.Come dicevo all’inizio, come una rondine non fa primavera, così Conegliano non può essere vista come l’inizio di chissà quale nuova fase politica.Al momento prendiamo atto che il traino dell’uomo politico più forte del Veneto, il Luca Zaia del 75% alle elezioni regionali dell’anno scorso, a Conegliano non è bastato, e che nella seconda città della Marca viene così sfatata l’idea che il centrodestra in Veneto vince solo sulla scia della Lega e del Governatore.E prendiamo anche atto che il Partito Democratico, abbandonando la naturale ritrosia (o puzza sotto il naso?), ha avuto il coraggio di schierarsi in sostegno di un candidato che non è certo ascrivibile all’area della sinistra tradizionale, entrando così in gioco in un territorio in cui i numeri sono per la gauche piuttosto risicati. Può voler dire nulla, ma può anche voler dire molto!

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