29 Dicembre 2020 - 13.02

COVID Veneto: 191 morti, Zaia ora basta!

Ci sono due termini che vengono in mente scorrendo i dati epidemiologici del Veneto di questi ultimi due mesi: paradosso e arcano.
Il paradosso è una preposizione formulata in apparente contraddizione con l’esperienza comune, o con i principi elementari della logica, ma che all’esame clinico si dimostra valida.
Arcano è tutto ciò che è misterioso, segreto, incomprensibile, e non a caso nella cartomanzia gli arcani maggiori costituiscono le carte più dense di significato esoterico.
Partiamo quindi dai dati, che essendo numeri dovrebbero essere incontrovertibili, ma purtroppo abbiamo constatato che nel Bel Paese anche i numeri si prestano ad interpretazioni “politiche”.
Ed i freddi numeri del bollettino del 26 dicembre, relativamente ai dati del Veneto, parlano di 5.010 nuovi positivi al Covid-19, di 94 morti, 191 solo oggi, ma soprattutto di un tasso di positività schizzato al 36,3%, dato particolarmente allarmante perchè è tre volte superiore alla media nazionale (12,8%).
Ma anche le altre cifre evidenziano una situazione “anomala”, perchè i nuovi positivi in Veneto sono anch’essi circa un terzo del totale nazionale, e così anche il numero dei decessi (94 su un totale di 261).
In estrema sintesi oggi il Veneto, per ciò che attiene l’epidemia da Covid-19, vale un terzo dell’intera Italia.
E’ evidente che qualcosa di anomalo è in atto nella nostra Regione, un qualcosa che rende quasi surreale la narrazione fin qui imperante sulla macchina sanitaria più efficiente d’Italia, tanto da non avere mai subito nei mesi scorsi le limitazioni delle zone rosse o arancioni.
E ciò apre inevitabilmente un serrato dibattito, in terra di San Marco ma anche a Roma, con un’unica domanda di fondo: cosa sta accadendo in Veneto?
Che la situazione sia seria traspare in modo inequivocabile anche dalla faccia del Presidente Luca Zaia, sempre più tesa e preoccupata.
Le sue conferenze stampa quotidiane, sempre improntate all’ottimismo della ragione ed alla voglia di fare, sono ora un po’ “appannate”, e lo sguardo del Governatore sembra trasmettere anche lui quella domanda fatidica: cosa sta avvenendo in Veneto?”
Logico che Zaia difenda le sue scelte, il modus operandi che nel corso dell’anno aveva portato il Veneto ad essere indicato come la Regione modello della lotta al virus in Italia ed all’estero, e quindi continui ad affermare che la politica dei “tanti tamponi” porta inevitabilmente alla scoperta di “tanti contagiati”. Con il “non detto”, ma sottinteso, che se nelle altre Regioni italiane si facesse lo stesso numero di tamponi, rapidi e molecolari, del Veneto, i numeri alla fine non si discosterebbero da quelli rilevati nella nostra realtà.
E qui starebbe il “paradosso” cui accennavo all’inizio, e ciòè che sarebbe proprio la grande efficienza della macchina sanitaria veneta a determinare i numeri alti di infettati.
Ma la logica del “più tamponi fai, più positivo trovi” comincia a mostrare qualche crepa di fronte al numero dei decessi, perchè per quanto la si giri “i morti non mentono”.
Ed ecco quindi che, sulla scia delle notizie dall’Inghilterra, viene suggerito che l’esplosione del contagio dipenda sia dalla “variante inglese”, riscontrata dall’Istituto zooprofilattico delle Tre Venezie in tre cittadini veneti, sia da altre “mutazioni autoctone” del virus, probabilmente più contagiose.
Ipotesi peraltro tutta da dimostrare, che al limite andrebbe a confermare quello che è ormai sotto gli occhi di tutti, e cioè che il Covid-19 in Veneto circola più che altrove.
E di fronte a questo dato diventa ragionevole pensare che, altro paradosso, proprio la resilienza del sistema ospedaliero regionale che ha consentito al Veneto di rimanere sempre “zona gialla”, sia alla base della diffusione più veloce del virus rispetto alle zone rosse od arancioni.
Tesi questa, sposata dall’ immunologa Antonella Viola, secondo cui: “Non abbiamo dati per valutare se le varianti sono tanto diffuse da aver inciso sul contagio. Ad oggi no, non mi convince questa spiegazione. Mi pare altamente improbabile. Ciò che, per contro, abbiamo imparato in questi mesi è che le zone arancioni e rosse hanno funzionato e la gialla no. Con un’alta diffusione del virus le mezze misure non funzionano”.
E su questo si è soffermato anche il capogruppo del Pd in regione Giacomo Possamai, : “la teoria di Zaia secondo cui noi saremmo un unicum in Italia dal punto di vista epidemiologico non regge al confronto con la geografia: non siamo un’isola e qui come altrove la gente si sposta continuamente, restrizioni del governo permettendo . E difatti la “variante inglese”, che già nei giorni scorsi veniva ipotizzata come giustificazione per il precipitare della situazione qui da noi, ora si scopre essere presente dappertutto, dalla Campania all’Abruzzo o al Lazio. Ma allora perché in quelle Regioni le cose non vanno male come in Veneto?”
Difficile dargli torto, perchè al netto della polemica politica, è innegabile che in questa fase il Veneto sia il malato d’Italia, e dopo quasi un anno di numeri contenuti rispetto alle altre Regioni, si gela il sangue nelle vene ogni qual volta i telegiornali mostrano le tabelle giornaliere dei contagiati e dei morti, guidate ormai costantemente dalla nostra Regione.
Il tutto accompagnato dalle grida di allarme che arrivano dai nostri ospedali, che non si sposano certo con i messaggi di “situazione sotto controllo” che in generale si vuole trasmettere, e che non trova riscontro se si parla con i familiari dei ricoverati nei reparti Covid.
Luca Zaia qualche volta, nel corso delle sue dirette, si è lasciato scappare che in una pandemia scatenata da un virus sconosciuto serve anche il fattore “c…”. Si potrebbe pensare che questa sia la parte “arcana” della situazione, perchè il fattore “c…” da qualche mese sembra aver abbandonato il Veneto.
Tviweb non ha interessi politici. E’ un network che fa informazione, e quindi non ha nessun interesse a cercare capri espiatori, o a favorire una parte rispetto ad un’altra.
Ma proprio perchè cerchiamo sempre, sperando di riuscirci, di fornire a coloro che ci seguono un quadro reale di ogni situazione, ci sentiamo in dovere di fare qualche considerazione.
Paradossi od arcani che dir si voglia, la realtà di questa parte finale dell’anno mostra nel Veneto una situazione epidemiologica quasi “fuori controllo”.
Per cui è necessaria una presa di coscienza chiara, seguita da una altrettanto chiara comunicazione ai cittadini veneti, e cioè che, con questi numeri, si rischia veramente grosso.
Quindi si prenda in considerazione l’eventualità di chiedere per il Veneto la “zona rossa” per un paio di settimane dopo l’Epifania, senza preoccuparsi di quali possano essere le reazioni.
E se la curva dei contagi persistesse al rialzo anche nei prossimi giorni, decidere da subito che aprire le scuole, e non parlo solo delle superiori, il 7 gennaio sarebbe un grave azzardo.
Non sta scritto nei Vangeli che le scuole debbano riaprire tutte lo stesso giorno in tutta Italia. Le riaperture vanno fatte sulla base dei dati epidemiologici, e questi ci dicono che, per quanto i ragazzi fortunatamente non sia ammalino, il virus circola eccome nelle aule, e da lì viene diffuso nelle case.
E per chiudere, i cittadini non possono pensare che una pandemia venga risolta dai soli provvedimenti dei poteri politici.
Senza l’impegno di ciascuno di noi nel rispetto delle regole, e senza un’adeguata e corale adesione alla campagna vaccinale, il prossimo Natale saremo ancora qui a ragionare di cenoni mancati e di piste da sci chiuse.

VICENZA CITTA UNIVERSITARIA
AGSM AIM
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UNICHIMICA

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