7 Gennaio 2021 - 18.18

C’era una volta in America…

Non è un caso che molti opinionisti, di diversa estrazione politico-culturale, nelle loro cronache e nei loro articoli per descrivere quanto accaduto il giorno dell’Epifania negli Usa abbiano usato la stessa espressione: “l’ora più buia nella storia recente degli Stati Uniti”.
Perchè le immagini che le televisioni ci hanno fatto vedere su quanto accaduto a Washington non sono la cronaca di una protesta, come una delle tante che negli anni abbiamo visto davanti alla Casa Bianca o al Congresso.
No, sono molto di più!
Sono l’epilogo del “trumpismo, di un mondo parallelo esistente nella testa dell’ormai ex Presidente, fatto di cospirazioni inesistenti, di una cultura della violenza a lungo coccolata, di miti suprematisti, che mercoledì hanno portato per alcune ore ad un attacco eversivo alla democrazia americana.
Perchè è inutile girarci attorno, quelle che abbiamo visto sono state scene da “repubbliche delle banane”, da assalto al “palazzo d’inverno”, da “presa della Bastiglia”.
Ed il responsabile, il mandante, ha un nome e cognome: Donald Trump.
Un vecchio uomo sconfitto dalle urne, incapace di accettarlo con un minimo di grazia e lealtà alle Istituzioni, che per due lunghi mesi ha messo in piedi una campagna distruttiva, montata su fantomatici brogli elettorali, per mettere in discussione il principio cardine di una democrazia rappresentativa, quello che a decidere chi governa è il popolo che vota liberamente.
Questo e non altro sarà il lascito vergognoso del suo mandato, quello di aver messo la democrazia americana sotto assedio, cercando di forzare vanificandolo il risultato delle elezioni.
E non fatevi fuorviare da qualche titolo di giornali nostrani, che giovedì mattina mettevano in evidenza che “Trump avrebbe fermato le proteste”.
Semplicemente perchè non è vero!
I suoi sostenitori hanno sfondato il cordone di polizia, e hanno invaso il Parlamento perchè Trump aveva chiesto loro di andare al Campidoglio in un discorso dai toni apocalittici solamente un paio d’ore prima.
Un comizio dove si era scagliato contro tutti quelli che, a suo dire, lo hanno privato della vittoria che gli spettava quasi per diritto divino, fra cui i repubblicani più “tiepidi”, i giornalisti, i democratici corrotti.
I fans del biondo Donald erano arrivati a migliaia da tutti gli Stati Uniti, convinti di dover “salvare l’America”, restituendo al presidente la “vittoria rubata”, senza tenere in alcun conto che tutte le accuse di brogli si erano rivelate infondate, e che a conferma che l’aria era cambiata la Georgia, Stato da sempre repubblicano, aveva nello stesso giorno proclamato eletti due senatori democratici.
Una massa enorme di ultras di Donald Trump, le frange estreme del suo elettorato, in cui brillavano per la loro presenza anche i gruppi organizzati dell’estrema destra americana, quella dei Proud Boyd, o del movimento Bangaloo, ed in generale tutto quell’universo del suprematismo bianco e dei cultori delle armi e della violenza, cui Trump ha dato voce dopo decenni di permanenza ai margini della vita sociale e politica americana.
Era evidente che con questi “compagni di viaggio”, tutti rigorosamente indifferenti nei confronti della pandemia da Covid-19, l’epilogo della presidenza Trump avrebbe potuto assumere toni drammatici.
Inutile ripercorrere la cronaca dell’attacco, ma credo che alcuni fotogrammi rimarranno nella nostra memoria; i tre agenti in borghese con le pistole puntate a difesa dell’ House of Representatives. O quella del manifestante seduto sullo scranno del Presidente del Senato. O il video che mostra un gruppo di facinorosi con i cappellini rossi di “Make America Great Again”, o con equipaggiamento militare, mandare in frantumi le vetrate del piano terra di Capitol Hill, o distruggere le telecamere delle reti televisive.
Non esistono giustificazioni per azioni del genere, che comunque la si pensi bisogna avere il coraggio di chiamare per quello che sono, azioni eversive.
E, come ho già accennato, non è vero che Trump ha cercato di fermare gli scalmanati, o comunque lo ha fatto fuori tempo massimo, ad assalto avvenuto, su pressioni di tutti i settori della politica americana, repubblicani compresi. Con un paio di tweet ed un video registrato nei giardini della Casa Bianca, in cui chiede ai dimostranti di “tornare a casa” anche se le “elezioni sono state rubate”.
Cosa resta del trumpismo dopo la conferma dell’elezione di Joe Biden?
Purtroppo un’America divisa, nella quale Trump ha inoculato il virus del populismo, ed il principale compito di Biden sarà quello di cercare di rimarginare le ferite, dialogando soprattutto con una classe media delusa e tradita nelle sue speranze dalla globalizzazione.
Non sarà un compito facile, anche in considerazione della popolarità di Trump, che non va dimenticato ha ottenuto il voto di oltre 71 milioni di americani, non molti in meno di Biden.
Ma la fine del trumpismo pone qualche problema di “riposizionamento” anche a livello europeo.
Perchè in questi anni i 27 si sono di fatto spaccati in tre campi rispetto alla politica nei confronti degli Usa.
C’era un primo gruppo di Stati “nostalgici”, capitanato dalla Germania, che vorrebbero tornare alla relazione transatlantica pre-2016. Un secondo gruppo, guidato dalla Francia, che “sogna” un’Europa sovrana in grado di fare a meno degli Usa. Infine un terzo gruppo, composto prevalentemente da paesi dell’Est, era quello dei trumpisti per ideologia e convenienza.
Va infine rilevato che il trumpismo in qualche modo era penetrato anche nella politica italiana, anche se le “teorie politiche” del tycoon Usa erano spesso utilizzate a fini interni, con fenomeni folkloristici tipo indossare cappellini o mascherine con la scritta “Trump 2020”.
Siate certi che, visto l’alto tasso di “trasformismo” che caratterizza i nostri politici, il “ripudio” sarà immediato, e nessuno si azzarderà a parlare più del vecchio Donald.
Resta il fatto che i disordini di Washington non possono essere sottovalutati, e sarebbe opportuno riflettere sul fatto che prima o poi i populismi entrano in conflitto con la democrazia, e potrebbe succedere anche da noi.

VICENZA CITTA UNIVERSITARIA
AGSM AIM
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