30 Gennaio 2023 - 9.36

Baby gang sempre più aggressive.  Che fare?

Umberto Baldo

Ieri mattina leggendo come faccio abitualmente i giornali locali di Padova, sono stato colpito in particolare da una notizia relativa ad un fenomeno sempre più presente nella quotidianità delle nostre città, quello delle baby gang.

Starete forse pensando: ma te ne accorgi solo adesso?  Ormai non passa giorno senza che notizie del genere vengano riportate da giornali e media.

Si lo so, leggo anch’io, ma forse ad attirare la mia attenzione è stata la location in cui sabato il fatto è accaduto, l’Ipercity, un centro commerciale alle porte di Padova, che frequento talvolta per fare acquisti.

In estrema sintesi, sabato una baby gang  prevalentemente femminile che imperversa da mesi in quella zona, la cui “comandante” si presenta sempre così alle vittime: “Pagate 20 euro o vi pestiamo” (e dopo averle un po’ malmenate “Se non vuoi che ti pesti ancora, paga!), ha puntato tre ragazzine all’interno del Centro.  In pochi minuti si è concentrata la ”gang”, che ha preso e portato fuori di peso le tre malcapitate coetanee.

All’aperto le hanno accerchiate, schiacciate contro il muro, colpite a suon di sberle, tirate per capelli, alzate da terra e prese per il collo.

Una delle vittime in qualche modo è riuscita a chiamare i genitori, i quali giunti sul posto sono stati anche loro aggrediti, malmenati, minacciati di aver la gola tagliata, oggetto di sputi, e alla fine di calci all’auto mentre si allontanavano (a quanto si legge tutto alla presenza di 50 “spettatori” che non hanno mosso un dito).

Per soprammercato i media riferiscono che anche i genitori sono poi finiti  all’ospedale perché, dopo la denuncia, sono stati oggetto di una spedizione punitiva. 

Come accennavo, niente di nuovo, basta accedere alla Rete per vedere che  simili fatti di violenza fanno ormai parte della quotidianità in tutte le parti d’Italia, nessuna esclusa.

Ma cosa volete, le notizie colpiscono di più se accadono in un luogo vicino a te, e l’Ipercity si trova solo a qualche chilometro da casa mia. 

Sono alcuni anni che il fenomeno delle baby gang (che comunque la si veda è un fenomeno di microcriminalità organizzata), generalmente diffuso nei contesti urbani, per il quale minorenni assumono comportamenti aggressivi ai danni di cose o persone, è letteralmente esploso.  Qualcuno lo mette anche in relazione alle limitazioni imposte dalla pandemia, anche se a dirvi la verità la cosa non mi convince del tutto, perché le baby gang esistevano già prima del Covid. 

Non ho le competenze per spiegare compiutamente questo fenomeno, diffuso un po’ in tutta Europa, con punte in Paesi di antica immigrazione come la Francia o l’Inghilterra; ma va sottolineato che in  Italia mentre fino a qualche anno fa le gang erano presenti più che altro nelle grandi periferie  e in alcune città al Sud, ora sembra più diffuso nella aree urbane del Nord, e interessa non solo le frange più emarginate, ma anche ragazzi di famiglie normali, anche della buona borghesia, quindi senza problemi economici che giustifichino estorsioni o rapine, atti violenti, vandalismi, minacce nei confronti dei propri coetanei.

Per avere un’idea della diffusione del fenomeno in Italia, da gennaio ad aprile 2022  sui media se n’è parlato quasi 2mila volte: più di due volte il numero di articoli apparsi in tutto il 2020.

A mio avviso il problema è reso ancora più grave dal fatto che questi atti di violenza, che non sono bravate (le cattive compagnie c’erano anche una volta) ma veri e propri atti criminali,  poi  “esplodono” in Rete.

Non è un caso che ormai ci sia sempre all’interno della gang uno addetto a filmare e postare le “imprese” sui social network, perché il web ha proprio questa funzione nella vita dei ragazzi: confermarli della propria esistenza, perché la notorietà in Rete è un obiettivo e uno stimolo a fare sempre di più.

E’ luogo comune pensare che il bullismo nasca in ambienti di disagio o situazioni di marginalità. In parte può essere vero, come può incidere anche la mancata integrazione delle seconde generazioni di immigrati,  ma le cronache mostrano che  molto spesso i ragazzi coinvolti non hanno alle spalle famiglie problematiche; e quindi l’obiettivo non è economico, ma la sola violenza estemporanea, fine a se stessa, mirata alla sopraffazione degli altri.

Bullismo presente naturalmente anche nell’ambiente scolastico, come dimostrano i sempre più frequenti casi di aggressione fisica agli insegnanti.

Non credo sarà facile arginare questa devianza adolescenziale, ma qualcosa bisogna pur fare per evitare di bruciare una parte di questa generazione giovanile.

Si parla tanto di disagio degli adolescenti, che forse perché ho una certa età, e vengo da altre forme di educazione, confesso faccio fatica a comprendere.

E se posso forse capire, non giustificare ovviamente, un ragazzo di una famiglia disagiata che voglia anche lui l’ultimo modello di smartphone o qualche euro in tasca, e scelga, sbagliando, di prenderselo con la violenza bullizzando un coetaneo, faccio invece fatica a capire che gli stessi atti di subornazione e violenza possano essere perpetrati da ragazzi che provengono invece da famiglie e ambienti normali o addirittura benestanti; perché in quest’ultimo caso ci troviamo di fronte a tutti gli effetti a comportamenti devianti, in cui la violenza viene ricercata quasi come la soddisfazione di un bisogno. 

Di fronte ad una notizia come quella dell’Ipercity, capisco che la prima reazione sia quella di dire “ci vuole un soggiorno nelle patrie galere per questi ragazzi!”.

Ma non è detto che questa sia la soluzione migliore!

A parte il problema dell’imputabilità penale, legato all’età ed alla capacità di intendere e di volere, credo sia doveroso prendere atto che a fronte di questo fenomeno la “risposta penale è la risposta quando i buoi sono già usciti dalla stalla”.

L’obiettivo vero che si deve porre la società in tutte le sue articolazioni, nessuna esclusa, e mi riferisco in primis ai genitori,  e poi agli educatori, alle autorità locali, alle forze di polizia, è invece quello di “evitare che i buoi scappino dalla stalla”.

Perché la galera, il riformatorio, toglie momentaneamente il problema dalle strade, consegnando i ragazzi e le ragazze a quella che è la vera e propria “Università del crimine”, con la conseguenza che quando usciranno non saranno più dei bulli, ma dei delinquenti belli e fatti.

Però di fronte a comportamenti del genere qualcosa si può e si deve fare da subito anche dal punto di vista della repressione: cercando costi quel che  costi di ripristinare il principio di autorità nella scuola ad esempio,  espellendo tout court chi commette atti di violenza contro gli insegnanti, obbligando i bulli a prestazioni “visibili” di servizi alla collettività, anche per “educare” i coetanei.

Va da sé che i “capi gang” vanno invece neutralizzati, magari affidandoli per un certo periodo ai servizi sociali, e nei casi più gravi anche ai penitenziari.

E credo inoltre che sarebbe veramente fondamentale obbligare i social media a cancellare in tempo reale i post che mostrino atti di violenza, bullismo, e vandalismo perpetrati da ragazzi. Sono certo che togliere di mezzo il ricercato “palcoscenico mediatico” che li gratifica, toglierebbe sicuramente a bulle e bulli una motivazione che stimola e condiziona il loro agire.

Non mi si venga a dire che ciò vorrebbe dire limitare la libertà; perché la situazione è maledettamente seria, i mezzi tecnici per farlo ci sono, e poi non credo che fare apologia di reato rientri nei fini di Tik Tok o Facebook o Instagram!

Tutto questo però non può prescindere dal primo vero controllo dei comportamenti di un adolescente, che solo i genitori possono fare.

Per cui, per fare un solo esempio, se ci si accorge che il proprio figlio maneggia più soldi di quelli che gli date, o se possiede oggetti che non gli avete comprato, questo deve suonare come un vero allarme di presumibile comportamento bullistico.

Come si dice sempre: “medico pietoso uccide il paziente”.  

Giustificare o minimizzare qualunque comportamento deviante dei figli, dare sempre la colpa agli “altri”, non vuol dire fare il loro bene, bensì essere complici di una deriva educativa che può portare ad epiloghi piuttosto sgradevoli.

Ovviamente il ruolo della politica resta centrale, perché Lor Signori non possono esimersi dal dettare le regole del vivere civile, e poi dal farle rispettare. 

Umberto Baldo

VICENZA CITTA UNIVERSITARIA
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