15 Dicembre 2022 - 9.51

PILLOLA DI ECONOMIA –  Btp patriottici? Il risparmio degli italiani per salvare il Paese?

di Umberto Baldo

Forse qualcuno nei palazzi del Potere comincia veramente a realizzare che la gestione del debito pubblico nel 2023 potrebbe risultare piuttosto problematica.

I motivi sono noti e riassumibili in poche righe.

Con la fine a marzo 2022 del Pandemic Emergency Purchase Programme (PEPP), con il quale la Banca Centrale Europea  ha acquistato 132 miliardi di euro di titoli di Stato italiani sui 232 totali emessi, il quadro è radicalmente cambiato. 

Già quest’anno la Bce ha acquistato appena 28 miliardi di debito nazionale, e con la fine del Quantitative Easing, e l’attivazione del Quantative Tightening, quasi tutti i titoli che lo Stato Italiano dovrà emettere quest’anno (per un totale di quasi 400 miliardi, tanto vale il fabbisogno del 2023) dovranno trovare spazio sul mercato, per finire nel portafoglio degli investitori.

E’ evidente che per attrarre compratori dei Btp l’Italia dovrà puntare su crescita, credibilità, e attenzione ai conti pubblici (più facile a dirsi che a farsi data la cronica propensione dei nostri Demostene alla spesa pubblica improduttiva). 

Anche perché con i tassi in aumento in conseguenza alla politica Bce, l’Italia pagherà dall’anno prossimo interessi sul debito sempre più alti, con il rischio reale di appesantire ulteriormente il Pil. 

Il tutto, in una cornice macroeconomica di recessione in arrivo.

Non stupisce quindi se, in un quadro così preoccupante, i “migliori cervelli” siano alla ricerca di una soluzione per incanalare il risparmio degli italiani verso i Btp.

E  vista la nota scatenata passione  di noi italiani per la liquidità-il contante-il cash, la domanda delle domande è:  come fare per convincere i risparmiatori italici ad abbondare i conti correnti per far confluire queste risorse in un “Risparmio salva debito”?

E quali e quanti incentivi saranno necessari affinché gli italiani si scollino da quell’adorata liquidità?

Una risposta viene da quel trust di cervelli radunati attorno alla Padania School of Economic (PSoE), per averci dato i quali forse bisognerebbe intonare un “Te Deum” di ringraziamento, che  lanciano l’idea del Btp patriottico, una sorta di operazione “oro alla Patria” che la nostra Italia ha già conosciuto in altri anni.

In realtà non si tratta di una proposta nuova di zecca.

La stessa venne presentata sempre dalla PSoE durante il Governo giallo-verde nel 2019, ma allora non se ne fece nulla.

E visto che siamo in tema  di reminiscenza storiche, non si può dimenticare che il Presidente della Consob Paolo Savona, in concomitanza con la crisi da Covid, propose l’emissione di obbligazioni pubbliche irredimibili (consols), strumento tipico della fasi belliche. 

In poche parole titoli “perpetui” ai quali sarebbe stato riconosciuto un tasso di interesse, esonerato fiscalmente, pari al massimo dell’inflazione del 2% che la Bce si era impegnata a non superare nel medio termine.

Uno strumento semplice da capire, che in presenza di un’inflazione pari al 2% avrebbe prodotto un rendimento reale pari a zero, e che richiedeva 50 anni per consentire il recupero del capitale investito.

Poteva piacere o meno agli italiani, ma cosa pretendere visto che si trattava di un “impiego patriottico del risparmio”.

Immaginate le bestemmie degli investitori in questa fase in cui l’inflazione viaggia a due cifre,  qualora questi Btp perpetui “savoniani”  allora fossero stati emessi!!! 

Ora sembra che i nostri Demostene, illuminati da quei “geniacci” della Padania School of Economics, vogliano rilanciare il progetto di incrementare la quota del debito pubblico detenuta dagli italiani (attualmente intorno all’8%).

Qualcosa in tal senso è già stata fatta negli anni scorsi, con l’emissione dei Btp Futura e Italia, che tutto sommato hanno avuto un discreto successo. 

A voler essere maligni si può pensare che la motivazione di queste proposte sia la solita; come riuscire a mettere le mani su quella montagna di miliardi che gli italiani tengono liquidi nei conti correnti, senza dover ricorrere alla patrimoniale. 

E credo che questo progetto-tentativo sia ben visto anche dalle Banche, visto che in questi anni hanno fatto il pieno di Bpt, e oggettivamente sarebbero chiamate dal Governo ad aumentare questa “rete di protezione” del debito anche nel corso del 2023, con tutti i rischi sistemici che ne conseguono. 

Non sono ancora state rese note le caratteristiche di questi Btp-patriottici, ma si ipotizzano titoli a 5-10 anni con cedola indicizzata all’inflazione domestica, come il Btp Italia.   In aggiunta però sarebbe prevista anche  la compartecipazione alla crescita del Pil nazionale nel periodo di vita del titolo, unitamente all’esenzione fiscale delle plusvalenze, e la deducibilità fiscale al 30% degli importi investiti, con un tetto di 30 mila euro.  Naturalmente, sempre sub conditione che si portino i titoli alla scadenza.

Pur capendo il lodevole obiettivo di  “domesticizzare” una quota maggiore del debito pubblico, per ridurre il peso degli investitori ”stranieri”, non posso non osservare che le agevolazioni sopra indicate finirebbero per aumentare in modo esplosivo il costo della gestione del debito stesso sul bilancio dello Stato.

A meno che non avessero ragione coloro che, quando qualche anno fa si cominciò a parlare di queste problematiche, avanzarono l’ipotesi che un debito “nazionalizzato”, nel senso di detenuto dagli italiani, consentirebbe al Governo di turno di “ristrutturarlo” più facilmente.

Ma non voglio neanche pensare che questo possa essere il fine recondito dell’immobilizzare il debito in mano ai residenti!

Dopo tutti questi ragionamenti resta inevasa una semplice domanda: ma si sono chiesti i nostri Demostene perché gli italiani siano così restii ad investire nei Btp, preferendo o la liquidità (scelta comunque sbagliata in tempi di alta inflazione) o l’investimento in fondi o attività finanziarie stranieri?

Non è che si tratti di una questione di fiducia nei confronti di una classe politica giudicata inadeguata, ed incapace di gestire e tenere in ordine i conti pubblici?

Non è che si tema che l’immobilizzare soldi nel debito domestico possa favorire qualche “corralito” in salsa italica?

Forse sarebbe il caso che la Padania School of Economics queste domande se le ponesse, e come diceva Gigi Marzullo ”si desse anche una risposta”.

In ogni caso, comunque la si pensi, resta il fatto innegabile e deprecabile che siamo un popolo di evasori ed elusori, propenso ad invocare bonus,  agevolazioni e “redditi”,  ma che vede lo Stato come una entità nemica, nel migliore dei casi una controparte da fottere.

Per cui è facile prevedere che non sarà agevole per nessun Governo “domesticizzare” i nostri Btp.

Umberto Baldo

VICENZA CITTA UNIVERSITARIA
AGSM AIM
duepunti
UNICHIMICA

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