Nani e ballerine affossano il Governo Draghi
di Umberto Baldo
Sapete qual è a mio avviso uno dei problemi più seri per noi italiani?
La mancanza di memoria.
Già perché un Paese che ignora il proprio ieri, di cui non sa nulla e non vuole sapere nulla, difficilmente avrà un domani.
Indro Montanelli un giorno scrisse che il grande giornalista Ugo Ojetti gli disse: «Ma tu non hai ancora capito che l’Italia è un Paese di contemporanei, senza antenati né posteri, perché senza memoria”.
Ho fatto queste considerazioni seguendo ieri per tutta la giornata la cronaca diretta del “giorno più lungo” (così lo ha chiamato Enrico Mentana), cioè del dibattito al Senato per la crisi di Governo.
Non mi perderò a riferire le cronache della vicenda, perché neppure Carlo Goldoni avrebbe potuto immaginare una farsa di un tale squallore come quella che è andata in scena ieri a Palazzo Madama.
Se non l’avete vista, ne potete leggere il resoconto su giornali e media, tenendo sempre presente che non esiste un commentatore del tutto al di sopra delle parti.
Ma cosa c’entra la memoria con tutto questo?
Perché per lunga esperienza so che gli italiani si dimenticheranno in tempi rapidissimi di come è finito il Governo Draghi.
Fra qualche giorno, fra una pizza ed un gavettone in spiaggia, nessuno ricorderà le facce di bronzo, i bizantinismi, i distinguo incomprensibili, le ripicche personali, il malanimo che, almeno io, ho visto scorrere ora dopo ora sullo schermo televisivo.
E alla fine della giostra quello che conta a mio avviso è che alcuni dei Demostene che aspirano a guidare il Paese, prodighi di proclami al grido di “vinceremo!”, e sempre attenti nel ribadire “lo faccio per il bene del Paese”, non hanno avuto neppure il coraggio e la serietà di intestarsi la crisi di fronte agli italiani, mettendoci la faccia, votando a viso aperto aperto la sfiducia.
Non i 5 Stelle, che dopo aver aperto le danze della crisi, hanno preferito non votare in aula, risultando “presenti non votanti” (sic!), dopo aver comunque inanellato una serie di motivazioni di chiara impronta allo stesso tempo populista e di sinistra estrema.
Non la Lega di Capitan Salvini, che forse spera così di non dover rispondere e giustificare alle classi produttive del Nord la cacciata del premier nel mezzo di una crisi economica devastante, e che sicuramente si acuirà anche in conseguenza di questa scelta.
Non Forza Italia, che pure dell’europeismo e dell’atlantismo si è sempre dichiarata campione, e ha negato la fiducia al leader più fedele ai principi dell’Europa unita e della Nato.
Vano quindi il tentativo di Sergio Matterella di “parlamentarizzare” la crisi, di costringere i Partiti a spiegare le loro ragioni “coram populo”, perché la vera partita si è giocata nei corridoi del Palazzo, o nei giardini di una villa sull’Appia antica.
No, non si può dimenticare questa burletta, recitata da nani e ballerine, che ci dovrebbe fare arrossire di vergogna agli occhi degli altri europei.
Una burletta che però rischia di diventare drammatica nei prossimi mesi, perché è evidente che non ci sarà perdonata dai mercati ( borsa e spread) né dai partner europei (patto di stabilità, fondi Pnrr, scudo anti spread che vi ho già detto equivale a dire scudo anti Btp).
E qualcosa la si è vista già ieri, con la crisi che ha appiattito il differenziale di rendimento tra i titoli di Stato italiani e quelli della Grecia, con i bond di Atene con scadenza a due anni che vengono giudicati meno rischiosi, ed il decennale greco che rende il 3,442% , ed il Btp pari scadenza il 3,374%.
Ecco perché quando fra un paio di mesi saremo chiamati alle urne, prima di andare al seggio dovremmo rivedere la registrazione di questo “giorno più lungo”, per ricordare come si sono comportati quei leader che ci chiederanno il voto nel momento in cui avrebbero dovuto mettere l’interesse dell’Italia e degli italiani davanti ai piccoli interessi di bottega della loro parte politica.
E magari per una volta provare a scegliere sulla scheda elettorale quei pochi politici che non promettono la “luna nel pozzo”, che non mentono sapendo di mentire, che hanno una visione del futuro diversa dal piccolo cabotaggio quotidiano.
Ecco perché servirebbe la memoria!
Ma non ci spero molto.
Umberto Baldo