2 Novembre 2017 - 11.55

LONIGO – Solfrizzi porta in scena Molière

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Si inaugura nel segno del migliore teatro comico del genio di Molière il cartellone della nuova stagione del Teatro Comunale di Lonigo. Lunedì 6 novembre, alle 21, la scena de “Il borghese gentiluomo” (produzione ErretiTeatro30) è per l’esilarante mattatore Emilio Solfrizzi, sul prestigioso palcoscenico della Città leonicena con tutta la sua travolgente ironia. L’intreccio, una colorata farsa in due atti per la regia di Armando Pugliese, è semplice e lineare: narra di un ricco borghese, interpretato dal comico barese volto noto del cinema e del piccolo schermo, il cui sogno è diventare nobile. Per conquistare i titoli che non possiede ingaggia una serie di maestri esperti di varie arti – dalla musica al ballo, dalla scherma alla filosofia – affinché lo istruiscano a dovere. Scelta che scatena una divertente ed assurda rivalità tra insegnanti: ciascuno di loro infatti, per carpire quanto più denaro possibile al facoltoso signor Jourdain, tenta di convincerlo con l’adulazione che la propria scienza rappresenta il fondamento imprescindibile per essere un vero gentiluomo. Altro personaggio chiave della comédie-ballet è la moglie di Jourdain (interpretata da Anita Bartolucci): donna pratica e razionale che cerca di aprirgli gli occhi e di farlo rinsavire. Alla coppia fanno da contraltare i due rispettivi servitori, a loro volta innamorati: la simpatica servetta Nicole (Lisa Galantini) e il servo Coviello (Cristiano Dessì). In un susseguirsi di situazioni farsesche, ora chiassose poi allegre, l’aspirante borghese finisce vittima di molteplici inganni da parte di adulatori e scrocconi che culminano nella beffa finale: pure la moglie, che l’ha sempre protetto, lo lascerà solo nella sua folle utopia. “Come l’avaro, come il malato immaginario, come l’ipocrita Tartufo – segnala Armando Pugliese nelle note di regia richiamando il grande teatro francese di Molière –, anche questo borghese che sogna di diventare un gentiluomo è, nella cultura letteraria europea, un archetipo: è il modello esemplare e imprescindibile del nuovo ricco, dell’arrampicatore sociale, dell’ambizioso che pretende di comprare col denaro quei meriti e quei titoli che non avrà mai”. L’ambientazione, prosegue il regista, riguarda un tempo indefinito: “Non è la Francia del Seicento, dunque, ma piuttosto un non luogo e un tempo che ci risulta familiare, perché attraversando una cultura ormai geneticamente assimilata, ci fa riconoscere i giorni nostri”.

 

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