4 Maggio 2020 - 9.49

L’insopportabile pubblicità ai tempi del Coronavirus

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di Alessandro Cammarano

In tempi “normali – ammesso e non concesso che il concetto di “normalità” possa essere applicato alla vita reale – il bombardamento di spot pubblicitari, che oramai avviene non più solo attraverso i mezzi tradizionali ma pure via social, è moderatamente tollerabile e riconosciuto come parte del gioco; tanto che se a qualcuno pungesse vaghezza di guardarsi il video di “Noi Puffi siam così” su YouTube questo qualcuno troverebbe del tutto accettabile il doversi sorbire prima una decina di secondi di antiverruche o di sottaceti. In epoca di clausura da pandemia – lockdown dicono i poliglotti da bar – si assiste con qualche disappunto ad una deriva agghiacciante, e francamente poco tollerabile, della comunicazione pubblicitaria, ora tutta volta al “volémose bene”, “ce la faremo”, “’a nottata passerà”. Facciamo un passo indietro perché, si sa, per comprendere il presente – in vista di un futuro migliore – bisogna guardare al passato; in questo caso alle campagne pubblicitarie – pardon, di advertising – ante Covid-19. Senza voler fare classifiche, ma magari un po’ sì, torna alla mente, in prima battuta, la ragazzina adolescente afflitta da “un fastidioso prurito intimo” e prontamente soccorsa da una madre comprensiva e complice come neppure una genitrice scandinava sarebbe, che le fornisce apposito unguento atto a risolvere il problema. Il tutto si conclude con una risatina complice e manco una domanda di mammà sui comportamenti della fanciulla al di fuori delle quattro mura domestiche. Segue a ruota il terrificante bimbo che, tablet alla mano, decide che si deve cambiare casa; il diabolico frugolo sceglie in sequenza la zona a lui più congeniale – quella dove abitano gli amichetti –, fissa l’appuntamento con l’agente immobiliare e fa ritrovare i genitori, due poveri cristi inconsapevoli, nel mezzo di una trattativa di acquisto di immobile dalla quale non possono più sottrarsi. Anche qui tutto si conclude con una risata generale invece che con l’invio del marmocchio in collegio di Padri Scolopi – famosi per la loro implacabile severità, al cui confronto un’accademia militare è un parco di divertimenti – per una completa rieducazione. Inqualificabile il cane assicuratore: pensiamo ad un poveretto afflitto dal continuo lievitare delle polizze auto che all’improvviso viene avvicinato da un Bracco di Weimar parlante e prodigo di suggerimenti. Nella più rosea delle ipotesi lo sventurato automobilista stipula l’assicurazione e poi si vanta dicendo “me l’ha consigliata il cane”; segue ricovero immediato e inizio del Trattamento Sanitario Obbligatorio, TSO per gli amici. La palma va comunque alla pubblicità di un’ampia gamma di prodotti da forno a base di riso e senza lattosio. Qui si toccano punte inimmaginabili, coronate da un diabolico motivetto – jingle per gli anglofili – capace di insinuarsi subdolamente nell’inconscio di chiunque, trasformandosi subito in un tormentone ingestibile che affiora anche nei momenti di intimità. Si narra di coppie distrutte a causa di un “sì con riso ma senza lattosio” canticchiato tra le lenzuola nella penombra complice di una camera da letto. Ma veniamo alle réclame in epoca di pandemia, con la premessa che essendo tutti costretti tra le quattro mura domestiche – speriamo ancora per poco – la televisione è compagna insostituibile per molti ed è molto spesso accesa per gran parte della giornata. Bene: i pubblicitari si sono scatenati con messaggi “rassicuranti” e volti a mostrare il meglio di ciascuno di noi. Ecco dunque tutto uno spuntare di arcobaleni, di albe e tramonti, di bimbi felici che sembrano non voler fare altro che stare chiusi in casa, di pani sfornati e di torte decorate; tutto ovviamente finalizzato a fare cassetta. Una nota ditta, famosa per il suo mulino che una volta era bianco, ha assoldato l’icona italiana per eccellenza, la sempre meravigliosa Sophia Loren che prima di parlarci di spaghetti e mezzepenne ci porta, con la sua voce ancora sexy ad ottant’anni suonati, in volo sulle bellezze d’Italia. Tutto bellissimo, se poi non arrivasse, un neppure tanto subliminale “accattatevìllo!” a coronare l’ondata di bontà. Vabbè dai, a Sophia quasi quasi quasi la perdoniamo, ma solo un po’. Segue a ruota un’altra gloria nazionale corsa al servizio del “tutto passerà”: Gianni Morandi che si presta ad una raccolta fondi per la Protezione Civile – gesto per altro nobilissimo – promossa da due quotidiani, uno bianco e uno rosa. L’ex ragazzo di Monghidoro schitarra una canzoncina improponibile e lo fa con voce oramai chioccia, tanto da sembrare una di quelle volenterose vecchiette che in chiesa intonano, o meglio stonano, i canti liturgici. Si sa, Morandi è ufficialmente sempre giovane, ma in questo caso la tristezza prevale sulla solidarietà e anche sull’umana comprensione. Raccogliamo in un unico scatolone – che speriamo di poter seppellire presto nelle profondità di una caverna inaccessibile – tutte le pubblicità, dagli alimentari ai prodotti per la casa e giù fino agli integratori “che rinforzano il sistema immunitario”; quanta retorica da bocciofila nei vari “ripartiremo”, “perché noi siamo i meglio”, “in tutto c’è del buono”, “sorridete che è quasi passata”. Fuffa, niente sarà più come prima, mettiamocelo in testa; prima lo facciamo e meglio è. Abbiamo tenuto per ultimo – “in cauda venenum” direbbe Cicerone – il più tragico, e per molti versi incomprensibile, degli spot: quello dei pannoloni da uomo, mai visto prima d’ora. In epoca antecedente all’epidemia si vedevano signore e signorine un po’ di tutte le età che confidandosi tra di loro parlavano di incontinenza come se si scambiassero consigli su un rossetto, il tutto con le usuali risatine complici e frasi del tipo “ma lo sai che prima non prendevo neppure l’ascensore e invece adesso vado pure al cinema?”. Bene! Dall’inizio della quarantena pare che anche gli uomini si piscino addosso tanto quanto le donne; o forse se la facevano nei pantaloni anche prima ma non lo dicevano. Più volte al giorno, soprattutto ad ore pasti, un distinto signore brizzolato ci fa sapere con ammiccamento piacione che lui usa una conchiglia invisibile – modello Roberto Bolle nel Lago dei Cigni – che assorbe qualunque gocciolio indesiderato. Un altro giovanotto racconta che è disponibile anche un modello slip, nero-elegante e discretissimo, capace di arginare flussi più sostanziosi. In questo caso il virus ha il merito di aver fatto emergere, in nome del politicamente corretto, la realtà dei fatti: l’incontinenza è bipartisan. Alla prossima, senza pannolone ma con la mascherina.

Alessandro Cammarano

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