3 Maggio 2016 - 18.28

EDITORIALE – Tutta la verità su Banca Popolare di Vicenza: speculazione o rilancio?

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di Demetrio Spini

Le vicende che coinvolgono le due banche venete sotto osservazione della Vigilanza europea, Popolare Vicenza e Veneto banca, e coinvolte dagli aumenti di capitale, stanno assumendo un rilievo di riferimento nell’ambito di un sistema bancario italiano che si trova di fronte a questioni dirimenti per il proprio futuro.
In particolare la Popolare di Vicenza, dopo la sottoscrizione da parte del Fondo Atlante del 90 per cento dell’aumento di capitale e il rifiuto della Consob di quotarla in Borsa, per l’esiguo flottante che sarebbe stato posto sul mercato, è diventata paradigma di una situazione inedita e tutta da esplorare.
Atlante è stato infatti costituito con risorse private di banche, fondi e soggetti istituzionali, con lo scopo di sostenere le aziende di credito in difficoltà, consentendo la riuscita degli aumenti di capitale necessari e acquisendo i crediti deteriorati per favorirne una minore svalutazione.
L’operazione ha trovato il sostegno e la sollecitazione del Governo, quindi ha portato tutti a immaginare che fosse chiaramente orientata a garantire il salvataggio delle banche interessate, per favorirne il rilancio.
Una volta annunciata la riuscita dell’aumento di capitale però le dichiarazioni di Alessandro Penati, presidente della Quaestio sgr, la società di gestione di Fondi individuata per occuparsi di Atlante, ha subito aperto a sviluppi che potrebbero andare in un’altra direzione rispetto a quella di garantire un futuro alla Popolare di Vicenza.
“Sarebbe meglio non fosse quotata – ha detto Penati – così posso venderla posso venderla, posso spaccarla, posso fare una manovra Ipo magari a un prezzo più alto, posso fare una scissione degli Npl magari con un’altra banca. La cosa importante è che gli investitori del fondo devono uscire da questa storia con un utile il prima possibile”.
Questo è uno dei tipici casi in cui le parole pesano oltre il loro significato, soprattutto per quello che non dicono.
Vendere, spaccare, spezzettare sono infatti tutti termini evidentemente scelti appositamente al posto di altri, che probabilmente ci si attendeva, quali rilancio, valorizzazione, sviluppo.
E’ evidente che anche questi processi devono essere perseguiti perché la vendita o la spaccatura siano virtuosi, ma è sulla finalità ultima che sorge il problema, perché per Penati raggiungere l’obiettivo significa produrre in tempi brevi, un utile per gli investitori e non riportare la Popolare Vicenza a svolgere il proprio ruolo di riferimento nel settore e nei territori in cui è presente, come sostegno a famiglie e imprese.
In questo progetto vi sono quindi tutti gli aspetti tipici di una logica speculativa e la negazione di una visione industriale costruttiva e di lungo periodo.
Va ricordato che grazie ad Atlante è stato evitato il default dell’istituto e quindi a oggi non ci sono rischi di bail in, ma il tema da chiarire è se il Fondo sia stato costituito con rilievo istituzionale, nell’ottica di essere riferimento di garanzia per il settore del credito, o sia solo un espediente finalizzato a produrre la massimizzazione del profitto per gli investitori.
Per questo motivo la Popolare di Vicenza è paradigma di uno scenario ben più ampio, che a breve potrebbe coinvolgere altri istituti di credito, tra cui la stessa Veneto Banca, e diventare soggetto nuovo nel settore.
E’ necessario quindi che sia chiarito, in primo luogo a livello di Governo e di settore del credito cosa deve fare Atlante e quali sono i limiti, se esistono, alla sua azione.
In sostanza va compreso al più presto se la Quaestio sgr può operare senza alcun vincolo, come qualsiasi altro fondo italiano o internazionale, o la logica istitutiva del Fondo in questione impone limiti che oggi non si riscontrano, ma potrebbero essere decisi.
Prevalesse l’impostazione mercatista e speculativa, allora lo scenario sarebbe del tutto diverso e anche la logica di salvataggio dal bail in assumerebbe connotati differenti, in cui sarebbe stato ottenuto con intento meno funzionale a garantire clienti e lavoratori, ma strumentale a portare maggiori utili a nuovi investitori, approfittando di aziende in difficoltà.
In questo caso, quanto avvenuto nello scorso anno alla Popolare Vicenza, potrebbe essere visto e letto con logiche differenti e lasciare spazio al dubbio se vi sia stata mai la reale volontà di rilanciare la banca.
E’ possibile che valgano entrambi gli aspetti, nei quali c’era chi operava per il risanamento dell’istituto e chi invece per non consentirlo e poter cogliere l’opportunità di avvantaggiarsi della situazione.
In ogni caso ora sul settore del credito esiste questa pesante incognita riguardo le banche in difficoltà e quelle che potrebbero esserlo, peraltro in uno scenario in cui a giorni alterni il presidente del Consiglio Matteo Renzi e il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan dichiarano che ci sono troppe banche, troppi banchieri e troppi bancari.
Senza entrare nel merito di queste affermazioni non si comprende perché il Governo debba sostenerle come auspicio e non con la logica di porre condizioni perché determinati processi, se si verificassero, possano essere opportunamente governati, senza gravi ricadute sociali sulla clientela e sui lavoratori.
Oppure esiste un immaginario filo rosso che lega queste dichiarazioni a quello che sta avvenendo nel credito, a partire dalla Popolare di Vicenza, e sul quel filo camminano i cittadini, che sono anche clienti e lavoratori delle banche e delle aziende che alle banche chiedono i finanziamenti per lavorare.

VICENZA CITTA UNIVERSITARIA
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