7 Luglio 2019 - 8.33

EDITORIALE – Autonomia veneta: la fiaba del Sior Intento


Quand’ero bambino capitava spesso che qualche adulto mi raccontasse la “fiaba del sior Intento”. Credo che chi ha qualche primavera sulle spalle se la ricordi ancora, perché era molto popolare nel nostro Veneto. Per chi invece non l’abbia mai sentita, si tratta di una filastrocca che recita: «Questa xe la storia del sior Intento/ che la dura molto tempo/ che mai no la se distriga/ vuto che te la conta/ o vuto che te la diga?». Entrambe le risposte, “contamela” o “dimela”, portavano ovviamente allo stesso risultato, cioè alla ripetizione della cantilena, fino allo sfinimento, di solito del narratore, perché i bambini non si stancavano mai.  La fiaba del Sior Intento dà il senso dell’infinito, e ben si sposa a mio avviso alla trattativa “romana” sull’autonomia richiesta dalle Regioni del Nord. Una storia che si trascina stancamente ormai da oltre un anno, e che sembra avere il “passo del gambero”, nel senso che più che andare avanti, pare arretrare ogni volta che sembra ad un punto di svolta.
Prima di tutto, sarebbe necessario capire cosa veramente voglia Salvini. Parlo del Capitano, perché sono certo che, nelle sezioni venete e lombarde, i militanti della Lega hanno le idee chiare al riguardo, e penso che si stiano ponendo la stessa domanda.   A costo di sembrare iconoclasta, mi chiedo: e se a non volere una vera autonomia delle Regioni del nord fosse proprio Salvini?  Mi pongo il problema perché la posizione del leader leghista è indubbiamente molto delicata, in quanto il suo disegno di un partito “nazionale” si scontrerebbe con le spinte delle regioni del Nord per ottenere l’ampliamento delle proprie competenze. Ed il timore di perdere consensi al Sud spiegherebbe la ritrosia del Capitano a staccare la spina al Governo su questo tema identitario.
Se la risposta invece fosse: Salvini l’autonomia la vuole, eccome se la vuole, allora non si spiegano i cedimenti (la Ministra Lezzi le definisce aperture) che le Lega sembra avere concesso ai Cinquestelle nel corso dell’ultimo Consiglio dei  Ministri.
Che, per dirla alla veneta, rischiano di fare il classico “tacon pexo del sbrego”.
Ma vediamo un po’ di capire di cosa stiamo discutendo.
Ricordate sempre che, al di là dei proclami, delle belle parole, delle dichiarazioni di intenti, il vero snodo dell’autonomia differenziata sono e saranno gli “schei”, e l’espressione soddisfatta del Ministro per il Sud Barbara Lezzi non rappresenta certo un bel segnale per Zaia e Fontana.
Ma cosa si è deciso nel Consiglio , cui hanno partecipato ben 50 fra Ministri,  Sottosegretari, e leader vari, per rasserenare la “pasionaria” del Sud?
Semplice; sembra sia stato smontato l’impianto su cui si reggeva la proposta sottoposta a referendum, e votata da milioni di veneti.
Ed il lavoro di “sbianchettatura” si è concentrato sui cosiddetti “costi standard”.
La materia non è semplicissima, ma è giusto che si cerchi di spiegarlo bene, sia pure a grandi linee, anche alla Siora Maria ed al Sior Bepi.
Per capirci, l’impianto originario della riforma prevedeva che si partisse con la “spesa storica” per arrivare in tre anni ai fabbisogni e ai costi standard. Cos’è la spesa storica?   In parole povere quanto costa attualmente un servizio erogato da una Regione, che presenta attualmente notevoli differenze fra le Regioni meno virtuose e quelle più virtuose, come Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna.
Cosa chiedono le Regioni che hanno promosso l’autonomia differenziata?
Che si arrivi al costo standard, che in poche parole vuol dire che il prezzo della mitica siringa deve essere uguale in tutto il territorio nazionale, da Bolzano a Siracusa.  Ci sarebbe in verità un ulteriore passaggio, in quanto per attribuire ad ogni servizio un costo standard è necessario fissare i Livelli Minimi di Prestazione (Lep).
Capite bene che i costi standard, dato l’andazzo in certe aree del Paese, costituirebbero una vera rivoluzione, eliminando sprechi e malversazioni.
Ma per venire incontro alle Regioni meno virtuose, si era ipotizzata una fase intermedia, con l’introduzione del concetto di “spesa media pro capite”, a metà fra il costo storico ed il costo standard.
Cosa si è deciso?
Di cassare la “spesa media”, perché, a detta dei detrattori della riforma, avrebbe determinato da subito una perdita di “schei” per le Regioni meno virtuose.
Quindi vengono confermati i “costi storici”, in cambio di un “lavoro graduale sui fabbisogni standard”. 
Una frase nel miglior “politichese”, come se non si sapesse che di costi standard se ne parla senza costrutto già da un decennio, ed è palese che  questo “lavoro graduale” non avrà mai una fine.
Quando sarà reso noto l’accordo definitivo, che si dice potrebbe essere licenziato dal Governo il prossimo 8 luglio, ricordate sempre, al di là di come potranno vendervela, che senza costi standard non c’è autonomia differenziata. Con i costi storici resterà tutto come adesso.
Sorvolando sul problema del numero delle 23 materie delegate richieste dal Veneto, che alla Lezzi sembrano troppe, c’è poi la questione del cosiddetto “extragettito” che prevede che quando il Pil di una Regione cresce, una parte dello stesso resti sul territorio, mentre la quota più consistente finisce nel Fondo di Perequazione destinato alle Regioni più fragili, che sono sempre quelle meridionali.
Da quanto si è appreso, il sogno di Zaia di trattenere in terra di San Marco una quota consistente delle tasse versate dai veneti, resterà appunto un sogno.
C’è poi la questione dell’iter per approvare la riforma.
Qui la fantasia dei pentastellati ha raggiunto vette inarrivabili.  Infatti si ipotizza che il Consiglio dei Ministri proponga una bozza di intesa con le Regioni interessate alle Camere, accompagnandola con una risoluzione che le impegna a dare il loro parere.  Prima del definitivo via libera del Parlamento sarebbe previsto un ulteriore passaggio presso le Regioni, al fine di ottenere la loro accettazione dell’accordo.
Lo capisce anche un bambino che l’intenzione recondita è quella che le Camere stravolgano il progetto autonomista, trasformandolo in una burla, un po’ come avvenne con il famoso federalismo di Bossi, approvato dalla sinistra solo dopo averlo svuotato.
Tanto per essere chiari, l’accordo trovato a suo tempo dalle Regioni con il governo Gentiloni, prevedeva che le Camere non avrebbero potuto modificare il testo licenziato dal Governo.     
Adesso si è concordato che il Parlamento è abilitato a manipolarlo, ma questo passaggio potrebbe segnare la fine dei sogni dell’autonomia del Nord.
E’ proprio vero il detto: dagli amici mi guardi Iddio…!  Perché il rischio di un trappolone parlamentare c’è tutto, e Salvini non può far finta di non saperlo.
E qui torniamo al punto di partenza del nostro ragionamento.
E’ vero che l’autonomia differenziata ha più nemici che amici. Non la vogliono le Regioni del Sud, timorose di perdere “schei”, la Roma “ministeriale”  che non vuole cedere fette di potere, Confindustria che preferisce i fondi statali, i Sindacati che addirittura la bollano come razzista.
Tutto questo lo si sapeva fin dall’inizio, e quindi la domanda delle domande resta: cosa farà il Capitano?
Rispetterà le richieste di quelli che una volta nell’iconografia leghista erano i “popoli padani”, o si piegherà ai desiderata grillini, che chiaramente vogliono che “la montagna partorisca il topolino”?
Stando alle sue dichiarazioni, sembra che Luca Zaia il pericolo lo abbia ben percepito, e forse ha anche compreso che l’autonomia, almeno quella proposta con il  referendum, non la vedrà mai, almeno in questa legislatura.
Il Governatore abbia almeno la dignità di non firmare intese che suonino come una beffa per i Veneti che gli hanno dato fiducia.
Lo slogan della Lega Nord “Paga e tasi, Veneto Pantalon”, appartiene oramai ad un’altra era.
Almeno fino a quando altri veneti non riprenderanno la battaglia per una vera autonomia, visto che alla “nuova” Lega sembra interessare maggiormente il disegno “nazionale”.
Un’ultima domanda, alla quale non so darmi risposta: perché c’è un Ministro per il Sud, e non anche un Ministro per il Nord?  Spero che qualcuno prima o poi me lo spieghi!

VICENZA CITTA UNIVERSITARIA
AGSM AIM
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