2 Aprile 2016 - 9.20

ECONOMIA- Perché Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca non sono l’Etruria

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Banca Popolare di Vicenza è al centro dell’attenzione del mondo del credito e dell’opinione pubblica, che vede questo istituto, insieme a Veneto Banca, Carige, Monte Paschi, tra i principali elementi di criticità di un settore bancario diventato protagonista degli scenari economici, dopo il fallimento delle quattro banche ormai note alle cronache.
Ma Popolare di Vicenza e Veneto Banca non sono nemmeno lontanamente equiparabili a Etruria, Cariferrara, Marche e Chieti. E i report troppo spesso superficiali di certa stampa specializzata e non, confondono in modo piuttosto banale e tendenzioso lo stato delle cose. Ormai di banche si parla ovunque, anche nei programmi dedicati alle massaie piuttosto che in talk show dove tuttologi, che francamente invidio per profondità di ricerca ed acume professionale, sparano sentenze incise nella pietra del sapere economico.
Ma non è tutto sapere quello che luccica.
La preoccupazione che si possa configurare uno scenario analogo a quello che ha coinvolto Banca Etruria, Banca Marche, Cassa di Risparmio di Ferrara e Cassa di Risparmio di Chieti, non è una possibilità reale, soprattutto se vi sarà l’aumento di capitale da un miliardo e 750 milioni che deve porre in essere quella vicentina, ricordando che l’istituto di Montebelluna ha come obiettivo di aumentare il patrimonio di un miliardo di euro.
In particolare si è scatenata una grande attenzione mediatica su Popolare Vicenza dopo che nell’ultima assemblea dei soci è stata bocciata la proposta di avviare un’azione di verifica delle responsabilità per i precedenti amministratori e sindaci e sono emersi compensi milionari erogati ai vertici della banca passati, nonostante abbiamo conseguito i risultati negativi che oggi richiedono interventi straordinari, e a quelli attuali, cui è stato riservato un bonus di ingresso a prescindere dal raggiungimento del risultato di rilancio che si propongono.
E’ evidente che questi elementi scatenano indignazione in una clientela che ha perso capitali in qualità di azionista. E questo è un dato reale.
Analoga ansia investe i dipendenti della banca da poco trasformata in Società per Azioni, in ottemperanza alla legge di trasformazione delle banche popolari voluta dal Governo, con una mossa che ha generato tante polemiche e ancora non convince molti.
L’amministratore delegato di Popolare Vicenza Francesco Iorio si trova quindi nella difficile situazione di dover trovare le risorse per poter pensare a un futuro di sviluppo della banca, in un clima che non è certo favorevole e ogni giorno peraltro vede elementi penalizzanti, come appunto quelli emersi in assemblea, ripresi in modo assiduo dagli organi di informazione, spesso anche con una pervicace attenzione solo agli aspetti più eclatanti o negativi.
In tale contesto è infatti sfuggito o poco è stato rappresentato dai media che tra i risultati di bilancio rappresentati nell’assemblea di sabato 26 marzo c’era anche quello incoraggiante inerente la gestione caratteristica dell’Istituto, che ha segnato un dato positivo.
Questo aspetto sembra dare ragione a Iorio quando sostiene che la banca ha tutte le potenzialità per poter tornare a svolgere un ruolo di rilievo nel settore del credito e di riferimento per le economie dei territori in cui opera a sostegno di famiglie e imprese.
Questa ipotesi può realizzarsi solo e soltanto se sarà conseguito l’aumento di capitale e un eventuale inoptato (la parte di incremento di patrimonio non sottoscritto da azionisti presenti o futuri) sarà interamente coperto dalla garanzia che Unicredit diede mesi or sono.
Iorio in assemblea ha dichiarato che l’aumento di capitale non risolve i problemi, ma pone nelle condizioni di poterli risolvere.
Ciò significa che una volta raggiunto l’obiettivo il lavoro per il rilancio dell’Istituto sarà lungo, complesso, ma possibile, soprattutto se al più presto vi saranno segnali concreti e coerenti verso il rilancio, diversi in questo senso da quelli giunti dall’assemblea, dove la questione dell’azione di responsabilità respinti e dei compensi dei vertici hanno evocato pratiche conservatrici non incoraggianti.
E’ un crinale sottile quello sul quale si muove il management della Popolare di Vicenza, al quale certo non arrivano messaggi di sostegno dalla sfiducia alimentata da un clima mediatico poco incline a entrare nel merito concreto delle questioni e anzi facilmente propenso a sollevare polemiche e aspetti negativi. Anche questo aspetto pone una domanda che ben pochi si fanno, classe politica compresa. Perché? Perché questa pressione mediatica continua e metodica? Quanto appetito è il territorio in cui Bpvi si muove e quanto questa pressione mediatica è frutto di questi appetiti di fondo?
La situazione però è questa e, per parafrasare una situazione calcistica, la condizione pare quella di una squadra che da tempo non raggiunge i risultati e di fronte al disamore del proprio pubblico sceglie la strada del bel gioco per far ritornare la gente allo stadio.
Ecco oggi è la Popolare di Vicenza che deve dare i segnali che possano spingere osservatori e opinione pubblica ad avere fiducia, ed il sistema dovrebbe considerare l’effetto domino che un eventuale crisi di Veneto Banca e Popolare di Vicenza porterebbero non solo nel mondo del credito ma su tutta l’economia nazionale.

Demetrio Spini

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