11 Settembre 2023 - 9.33

Vietato gridare “Viva San Marco!”

Umberto Baldo

Quando ho letto la notizia sulle pagine del più vecchio quotidiano del Nord Est, poi ripresa da qualche social, di primo acchito non so se mi sia venuto più da ridere che da piangere. 

Di cosa parlo?

Di un documentario su un evento storico, quelle “Pasque veronesi”  che per nove giorni, dal 17 al 25 aprile 1797, scossero Verona e l’ormai agonizzante Repubblica di Venezia. 

Fu la sollevazione in armi di Verona contro gli eserciti invasori di Napoleone Bonaparte, a difesa della religione cattolica e della sovranità della Repubblica marciana. 

Quindi fatti sicuramente gloriosi, ma  ormai definitivamente consegnati alla storia, che il regista Tommaso Giusto e i coautori, Nicola Cavedini per la sceneggiatura,   e Maurizio Ruggiero per il soggetto,  hanno analizzato a fondo, raccontandoli in un film di un’ora e venti minuti.

Si tratta di avvenimenti solitamente poco studiati nei libri di storia, ma che rappresentano a mio avviso la dimostrazione di quanto fossero attaccati i veneti alla loro Repubblica di Venezia. 

Il documentario è stato inserito nell’ ambito degli eventi  programmati nello “Spazio Regione Veneto”, che si trova all’interno dell’Hotel Excelsior, al Lido di Venezia, ed è stato allestito in occasione della Mostra del Cinema.

Il fine dell’opera cinematografica è ovviamente la divulgazione storica presso il grande pubblico di quella che fu la più importante insorgenza nel Nord Italia contro Napoleone, e per la presentazione al Lido era prevista la presenza di figuranti nelle divise del 18° secolo, quelle degli Schiavoni veneziani e delle Guardie Nobili veronesi.

Da quanto ho potuto leggere, Maurizio Ruggero, in qualità di Segretario del “Comitato per la celebrazione delle Pasque veronesi” ha dichiarato: Ho avvisato il questore di Verona e la Digos di Venezia (della presenza dei figuranti ndr), e mi sono arrivate delle prescrizioni.  

In particolare: 1) per il trasporto delle persone e del materiale le auto dovevano sostare per il tempo strettamente necessario allo scarico all’esterno del varco vicino all’hotel Excelsior; 2) l’ingresso e l’uscita dall’albergo dovevano avvenire in abiti civili; 3) le divise e le armi, per quanto finte, andavano riposte in apposite sacche  in maniera tale che il contenuto non fosse visibile; 4) il cambio indumenti andava fatto esclusivamente all’interno dell’Excelsior; 5) i partecipanti non dovevano assolutamente sostare per foto di gruppo all’esterno dell’albergo, né dare luogo ad alcun tipo di parata storica.

In poche parole, tutto doveva svolgersi rigorosamente all’interno dello Spazio Regione Veneto.

Ma come spesso succede le cose non sono andate come da programma;  e così la comitiva è arrivata al Lido un paio d’ore prima del previsto, poi è nato qualche problema relativamente alle targhe delle auto dove c’era il materiale, e di conseguenza i “militi” hanno indossato le loro divise storiche dove hanno potuto, salvo poi essere bloccati dalla polizia prima di entrare in albergo.

Qualche contestazione è nata anche relativamente alle armi, finte fin che si vuole ma pur sempre spadoni (i fucili sono in realtà pezzi di legno), e ciliegina sulla torta è scattato anche il divieto di inneggiare a “San Marco”.

Da quanto è dato sapere sembra che tutti questi divieti siano dipesi dal fatto che tra gli aderenti al Comitato per le Pasque Veronesi ci fossero anche molti indipendentisti veneti, cosa che ritengo alquanto probabile. 

Come è andata finire?

Che i “soldati-figuranti” sono stati fatti entrare direttamente dalla darsena senza doversi spogliare e rivestire; che il documentario è stato regolarmente presentato, e che, sembra, nessuno sia stato denunciato.

Messa così sembrerebbe una storiella da strapaese, di quelle tipiche  dei film di Don Camillo e Peppone.

Se non che, da veneto che non ha mai avuto assolutamente nulla a che fare con venetismo e venetisti, qualche domanda inevitabilmente mi è venuto spontaneo pormela.

In primis; perché è stato necessario coinvolgere la Digos, la Divisione Investigazioni Generali e Operazioni Speciali, il cui compito è quello di “conservare l’ordine democratico, anche tramite attività di contrasto al terrorismo nazionale ed internazionale”, per una manifestazione cinematografica nell’ambito dello Spazio Regione Veneto? 

Forse perché erano presenti quattro figuranti  nostalgici del “Leòn” vestiti in divise settecentesche, in vena di rievocare i passati fasti della Serenissima? 

Perché vietare a questa piccola “Armata Brancaleone” di gridare “Viva San Marco”?

Forse la Repubblica Italiana si preoccupa di manifestazioni che ormai hanno solo il sapore di folklore popolare?

Se fosse così ci sarebbe di che inquietarsi!

Sia chiaro che non ho nulla contro gli uomini della Digos, che fanno egregiamente il loro dovere e a cui dobbiamo solo gratitudine e rispetto, ma faccio timidamente notare che nel 1797 un editto napoleonico vietava di gridare “Viva San Marco”, pena la morte.

Per fortuna non siamo più in quegli anni, come pure di quel 9 maggio 1997, quando alcuni indipendentisti veneti assaltarono il campanile di San Marco con il mitico “tanko” (un trattore agricolo camuffato) rimane ben poco, eccetto le commemorazioni nostalgiche.

Non sono più gli anni ruggenti di Umberto Bossi e dei suoi trecentomila fucili nella bergamasca (sic!), e di “secessione” forse si parla ancora in qualche osteria dopo aver tracannato fior di “ombre”.

E già allora, in quel 1997, ricordo che Indro Montanelli, uno fra i pochi che capì il reale peso di quegli otto “serenissimi” all’assalto di Venezia, liquidò la faccenda con queste parole:”Volevano rovesciare lo Stato mangiando pane e salame in cima al campanile di San Marco. Bastava che lo Stato aspettasse che finissero le vettovaglie e finiva anche la sovversione”.

Ed in effetti, dopo il blitz degli uomini del Gis sul campanile, gli apparati pubblici scoprirono di essere stati tenuti in scacco non da novelli Che Guevara, non da pericolosi terroristi, bensì da gente normale, un elettrotecnico, due artigiani e due ragazzi.

Ma lo Stato per dare l’esempio scelse di trattarli in modo severo (resistenza a pubblico ufficiale, interruzione di pubblico servizio, occupazione del suolo pubblico, danneggiamento del campanile, detenzione e porto abusivo di arma e sequestro di persona, tutto con  finalità di terrorismo), e tutto sommato, dato il clima di allora, fu probabilmente la scelta giusta.

Detto questo, io credo, e mi auguro, che gli inni a San Marco e gli onori alla “bandiera del Leòn” di questi tempi non debbano spaventare più nessuno.

Così come non spaventa certamente il grido di battaglia del nostro battaglione di Lagunari: “Viva San Marco”.

Umberto Baldo

VICENZA CITTA UNIVERSITARIA
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