24 Gennaio 2022 - 15.58

Presidenza della Repubblica. Il “circo” alla prova dell’urna!

di Umberto Baldo

Forse è stata più facile la scelta operata dalla folla dei giudei radunata di fronte al palazzo del governatore romano, quando Pilato pose il dilemma “Volete Gesù o Barabba?”.
Più facile perchè allora i candidati, purtroppo in quel frangente alla morte in croce, erano solo due.
Mi si perdoni questo accostamento forse un po’ sopra le righe, ma avrete certamente capito che l’argomento è l’elezione del Presidente della Repubblica.
Non c’è nulla di più galantuomo del tempo, nel suo scorrere inesorabile, e siamo arrivati così ad oggi, 24 gennaio 2022, giorno in cui finisce il balletto delle chiacchiere, dei giochini, dei nomi fatti così tanto per saggiare le reazioni, degli incontri all’alba fra i laeder, dei veti incrociati, della indegna caccia ai parlamentari per indurli a votare contro le indicazioni del proprio partito.
Tutto questo oggi finisce, e dal pomeriggio inizia la partita vera, quella che si gioca a Montecitorio, dove 630 deputati, 315 senatori più 6 senatori a vita, e 58 delegati regionali, decideranno con voto segreto chi sarà il successore di Sergio Mattarella.
Diciamola tutta, non so voi, ma io vedo questa giornata quasi come una liberazione.
Ero stanco di sentir parlare tutto il santo giorno dell’ affaire Quirinale, che negli ultimi giorni ha strappato i titoli di testa persino all’epidemia da Covid.
Questa vicenda conferma quello che ormai è evidente da tempo; e cioè che in questo nostro Paese tutto diventa un dramma, un dramma che però scade spesso nella farsa, nel ridicolo.
In altri tempi, forse qualcuno portato al misticismo, si sarebbe spinto a paragonare questo 24 gennaio al giorno dell’Armageddon, la biblica battaglia finale che dovrebbe precedere la fine del mondo.
E comunque i Demostene che ci governano, negli ultimi mesi non si sono risparmiati nel caricare questo evento di toni apocalittici, quasi che il normale avvicendamento di un Presidente con il suo successore, fatto avvenuto ben 12 volte nella storia della nostra Repubblica, diventasse determinante per il futuro dell’Italia.
Tranquilli, non sarà così.
Il nuovo Presidente alla fine sarà eletto, non è dato sapere dopo quanti scrutini, prenderà possesso del Quirinale e assumerà le sue funzioni, e la vita riprenderà come prima, e speriamo meglio di prima se il Covid allenterà la sua morsa.
Ma ciò non toglie che, come accennato, i prodromi di questa elezione siano stati caricati all’estremo, mostrando agli italiani ed al mondo la pochezza ed il provincialismo della nostra classe politica.
Intendiamoci, nessun rinnovo del Presidente della Repubblica è mai stato una passeggiata di salute.
Tensioni, patteggiamenti e colpi di scena ad opera dei cosiddetti franchi tiratori ce ne sono sempre stati, tanto che solo due Presidenti furono eletti al primo scrutinio, Francesco Cossiga e Carlo Azeglio Ciampi. E per eleggere Giovanni Leone nel 1971 di scrutini ce ne vollero ben 23, fino a ora record assoluto.
Certo l’Italia è cambiata nel tempo, tangentopoli è stato il grande bivio della storia politica italiana. I suoi effetti sono ancora visibili: distruzione del sistema politico, decapitazione delle élites eredi del miracolo economico del dopoguerra, cortocircuito tra magistratura e politica, creazione di un sistema maggioritario, bipolare imperfetto, quindi instabile e incapace di realizzare le necessarie riforme istituzionali.
E l’irrompere di nuovi leader rispetto alla prima repubblica, da Berlusconi a Bossi, da Grillo a Renzi, e per finire Giorgia Meloni e Matteo Salvini, ha introdotto nel nostro Paese anche l’antipolitica.
Il risultato è quello che abbiamo sotto gli occhi: un Parlamento balcanizzato che in questa legislatura ha dato vita a ben tre governi con maggioranze diverse, e soprattutto composto da un grande numero di “scappati di casa” che improvvisamente si sono trovati catapultati dalla disoccupazione ai fasti, agli stipendi ed ai privilegi garantiti ai Parlamentari, molti dei quali sanno che “Miss Italia per loro finisce con questa legislatura”, e di conseguenza pur di prolungare status e prebende sono disposti a votare anche “Pippi Calzelunghe”.
Cosa poteva uscire da questa situazione?
Una sola cosa: un “circo”, che rende impossibile capire come finirà, che mostra chiaramente che i leader di partito non controllano tutti i propri parlamentari, e quindi rende difficile anche fare nomi ed alleanze, che rischiano di sciogliersi come neve al sole al momento dello spoglio delle schede.
L’esempio più evidente di questa incertezza è quello di Giuseppe Conte, almeno sulla carta capo del Movimento 5 Stelle, prodigo di slogan, che però non è chiaro se valgano solo per lui o anche per i seguaci di Di Maio, di Di Battista, o degli altri piccoli ras delle fazioni in cui sembrano divisi i grillini.
Ma non è che anche gli altri, da Letta a Salvini a Berlusconi per citarne solo alcuni, diano l’impressione di avere le falangi oplitiche alle spalle.
Cosa resterà dopo che tutto sarà concluso, in un modo o nell’altro?
L’anomalia di un 85enne che forse pensava alla Presidenza della Repubblica come ad un “premio alla carriera”, e che si è ritirato dichiarando di avere i voti per essere eletto. Ma allora perchè non tenere duro?
E quella di una politica allo sbando, disperata, che pretenderebbe che Mario Draghi, per essere eletto alla Presidenza della Repubblica, non solo partecipasse alla scelta del suo successore, ma garantisse anche, da Presidente o da Premier, che la legislatura non verrebbe interrotta, unica condizione che conti veramente per i peones.
Inutile dire che un tale mercanteggiamento farebbe rivoltare nella tomba i nostri costituenti, che settant’anni fa discussero a lungo per attribuire al Presidente della Repubblica il ruolo di “garante super partes”, e sicuramente non di “sensale al mercato della vacche”.
In questo Parlamento la ragione sembra ormai essere un optional, e le regole della Carta Costituzionale uno dei bigliettini inseriti nei baci Perugina.
Ieri, forse per evitare di essere coinvolti nel bailamme delle ultime ore, Sergio Mattarella è tornato a Palermo, a trovare parenti immagino, e Mario Draghi è andato nella sua casa di Città della Pieve. Spero per loro che abbiano staccato i telefoni!
Credo che, quando gli storici del futuro racconteranno le vicende di questi giorni, descriveranno questa elezione come una vicenda grottesca, giocata come fosse una partita di calciobalilla da dilettanti allo sbaraglio, da apprendisti stregoni che forse si vedono come dei novelli Churchill, ma che scambiano la politica con il cinismo, la faziosità, il settarismo.
Un’ultima notazione. Sia a destra che a sinistra si percepisce un clima di astio crescente contro Mario Draghi, mascherato da “rivincita” della politica, in nome della “centralità” del Parlamento.
E’ chiaro che, dopo una sua eventuale bocciatura al Colle, Draghi non se andrà per ripicca, ma non so quanto potrà resistere a palazzo Chigi, in balia di una campagna elettorale che inizierà un minuto dopo l’elezione del nuovo inquilino del Quirinale.
Ma a quel punto i nostri Demostene si accorgeranno che a votare cominceranno i mercati, ed il loro livello di gradimento lo potranno verificare ogni giorno consultando lo “spread” Btp-Bund.
Umberto Baldo

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