31 Ottobre 2022 - 9.34

PILLOLA DI ECONOMIA –  Co’  manca el meio i osèi se bèca!

di Umberto Baldo

“Co’ manca el meio i oxèi se bèca”!     Questo antico adagio veneto (Quando manca il miglio gli uccelli si beccano)  descrive    plasticamente il forsennato assalto alla diligenza cui assisteremo a breve in occasione della definizione delle Legge di Bilancio per il 2023,  e di cui in questi giorni stiamo vedendo i prodromi. 

Intendiamoci, nulla di nuovo; è sempre successo con tutti i Governi della Repubblica, qualunque fosse il loro colore.   

Forse neanche John Ford quando girava “Ombre rosse” immaginava quello che succede nei corridoi dei Ministeri, nelle segrete stanze delle Segreterie politiche, quando c’è da stilare la lista della spesa.

E sottolineo della “spesa” perché la lista dei “tagli”, delle coperture, non fa proprio parte della cultura dei nostri Demostene.

Almeno nei decenni subito dopo l’unità d’Italia la principale distinzione fra destra e sinistra storiche era proprio l’attenzione al bilancio dello Stato, con la destra (si ricordi Quintino Sella) più attenta all’equilibrio dei saldi pubblici.

A diventare dominante è stata invece la cultura della “sinistra”, orientata alla spesa, allo sforamento dei bilanci, come se i debiti fossero un qualcosa  discritto sulla carta, e non un onere che prima o poi qualcuno dovrà saldare.

E così vediamo la Pontida School of Economics, ma gli altri non sono da meno, avanzare proposte di interventi, o riforme se preferite, che sono palesemente incompatibili con la situazione  attuale bilancio dello Stato.

Ma tant’è!  L’importante è fare il tweet, conquistare le prima pagine dei giornali e dei media, forse anche disseminare di mine il percorso già difficile della premier Giorgia Meloni, che al momento sembra l’unica ad avere i piedi per terra.

Ma già che stiamo parlando di bilancio pubblico, leggendo una notizia non ho potuto non chiedermi perché le regole di una corretta contabilità siano diverse fra il pubblico ed il privato.

Mi spiego meglio.

Ve le ricordate la Plastic tax e la Sugar Tax introdotte dal governo Conte 2 a fine 2019?

La prima fissava un’imposta del valore fisso di 0,45 centesimi di euro per ogni chilo di prodotti di plastica monouso venduto; la seconda, letteralmente “tassa sullo zucchero” (ma in realtà questa imposta è applicabile alle bevande caratterizzate dal gusto dolce, siano esse con e senza zucchero), si sarebbe dovuta calcolare intorno ai 10 euro ad ettolitro di bevanda prodotta.

Ebbene, nonostante il “can can” mediatico con cui vennero approvate, non sono mai entrate in vigore; più precisamente di fronte alla levata di scudi delle aziende dei due settori coinvolti, ed alla evidente complicatissima applicazione, nessuno ha mai pagato alcunché, perché l’applicazione di queste leggi  è sempre stata rinviata, e lo è tuttora.

Pare che al loro posto il nuovo Governo abbia in animo di introdurre  una “Web Green Tax”, che nelle intenzioni dovrebbe colpire i profitti delle multinazionali del commercio elettronico quando utilizzano per le consegne veicoli inquinanti.  Sarebbe la mitica tassa anti-Amazon (sic!).  Al riguardo molti fanno notare che queste consegne non sono effettuate direttamente delle piattaforme come Amazon, bensì da una miriade di piccole imprese italiane che del colosso dell’e-commerce hanno solo il logo sul camioncino.  Ma questo è un altro problema di cui magari parleremo in futuro.

Le due tasse in vigore ma mai applicate, la Plastic e la Sugar,  sempre contestate dal centro destra,  a quanto si sa dovrebbero quindi essere abrogate.

Ma questo non lo si può fare subito, per un problema di finanza pubblica.

Alle due tasse (Plastic e Sugar) è  collegato infatti un gettito da 650 milioni di euro all’anno: una cifra non ciclopica, ma comunque importante per i saldi tendenziali dei prossimi anni. 

Quindi per superare, o aggirare se preferite, il problema, i tecnici del Mef avrebbero ipotizzato un percorso in due mosse: un nuovo rinvio di un anno con la legge di bilancio, per allungare fino al 31 dicembre 2023 la sospensione, e poi un ricalcolo del gettito potenziale in primavera nel Def per preparare il terreno alla loro abolizione definitiva.

Non alzate le mani, e non prendete paura!

In parole semplici sembra di capire che, essendo iscritte a bilancio dello Stato entrate per 650 milioni, cancellarle obbligherebbe a cercare altre coperture, o tagliare spese per lo stesso importo, per cui si prorogherebbero al 31 dicembre 2023 le norme che prevedono Plastic e Sugar tax, facendo finta che quelle entrate ci siano (anche se è evidente che non potranno esserci visto che la legge è sospesa), e  dopo si procederebbe a ricalcolare ( il che non può che voler dire ridurre al minimo) il gettito potenziale in vista della definitiva abrogazione.

Vi sembra il gioco delle tre carte?

Non voglio esprimermi, e mi limito quindi ad un paio di domande:

Se un imprenditore privato iscrivesse a bilancio un’entrata avendo precisa coscienza che la stessa non può esserci per ragioni oggettive, e chiudesse il bilancio lo stesso, la Guardia di Finanza troverebbe qualcosa da dire?

E se la stessa azienda dovesse poi andare in difficoltà, non è che qualcuno in base a quel bilancio approvato con quella posta potrebbe contestare un’ipotesi di bancarotta fraudolenta? 

Il che porta direttamente alla domanda finale: perché quello che è vietato al cittadino è consentito allo Stato?

Ovviamente non mi aspetto una risposta, ma sarei curioso di sapere se in altre Democrazie avanzate sarebbero applicabili simili artifici contabili, finalizzati unicamente a mantenere alti i livelli di spesa pubblica. 

Umberto Baldo

VICENZA CITTA UNIVERSITARIA
AGSM AIM
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