3 Aprile 2024 - 9.47

Parlamento europeo: come viene eletto? Parte seconda

Umberto Baldo

Continuando il nostro “viaggio” in vista delle elezioni europee di giugno, ieri abbiamo visto, sia pure brevemente, cos’è e cosa fa il Parlamento Europeo.

Ma quali sono le modalità di elezione dei Deputati?

A norma dell’Atto sulla legge elettorale europea del 1976, e delle sue successive modifiche, l’elezione dei Deputati al Parlamento europeo avviene a scrutinio di lista o uninominale, con riparto di voti di tipo proporzionale. 

Gli Stati membri possono consentire o meno il voto di preferenza. 

Quindi nonostante l’articolo 223 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea (Tfue) stabilisca la possibilità di adottare una procedura elettorale uniforme a tutti gli Stati membri, questo non è avvenuto, e attualmente ciascun Paese membro stabilisce le proprie modalità di elezione, seppur nell’ambito di norme comuni.

Ciò comporta che, a parte queste “norme comuni”, le modalità elettorali sono disciplinate da norme nazionali che su alcuni punti divergono notevolmente fra loro, tanto che il sistema elettorale europeo può considerarsi un sistema polimorfo.

Essendo quella elettorale materia ostica, quasi per iniziati, mi limiterò a dire che in Italia, la disciplina del sistema elettorale delle elezioni europee è contenuto nella Legge 24 gennaio 1979 n.18, modificata e integrata da provvedimenti successivi tra cui, da ultimo, dalla Legge 20 febbraio 2009 n. 10, che ha introdotto una soglia di sbarramento.

In estrema sintesi la nostra legge elettorale “europea” prevede l’elezione con il sistema proporzionale (i seggi vengono ripartiti fra i Partiti in base al numero di voti validi ottenuti da ciascuno di essi), con soglia di sbarramento al 4% (il che vuol dire che un Partito potrà partecipare alla ripartizione dei seggi solo se avrà superato al livello nazionale questa percentuale di voti), e con doppia preferenza di genere (il che significa che l’elettore potrà decidere se esprimere da 1 a 3 voti di preferenza.  Se decide di esprimere più di una preferenza però le scelte dovranno riguardare candidati di genere diverso, pena l’annullamento della seconda e della terza preferenza.  Lo scopo evidente è quello di favorire l’elezione sia di candidati maschi che di candidate femmine).

A questo punto disponete di tutti gli elementi per stabilire chi viene effettivamente eletto.

Per prima cosa è indispensabile determinare il numero di seggi attribuiti a ciascuna lista(Partito) a livello nazionale (cosiddetta assegnazione nel Collegio unico nazionale),ed una volta determinato il numero degli eletti si procede a suddividere proporzionalmente questi seggi a livello di Circoscrizione. 

In questo modo si determina il numero di seggi spettanti a ciascuna lista in ciascuna Circoscrizione. 

Per stabilire chi sarà eletto tra i candidati di ogni singola lista, si guardano invece i voti di preferenza ottenuti da ciascuno di loro.

Guardate, al di là dei meccanismi che possono sembrare un po’ astrusi, il sistema nella “pratica” è molto più semplice di quanto possa apparire nella “grammatica”.

Nel senso che, ad elezioni avvenute, si parte dal numero dei voti ottenuti da ogni Partito (Lista), e lo si confronta con il cosiddetto “quoziente”, che non è altro che il numero totale degli abitanti della Repubblica diviso per il numero dei seggi da attribuire (abbiamo visto che per l’Italia sono 76) in proporzione alla popolazione di ogni Circoscrizione;  i seggi vengono quindi attribuiti sulla base dei quozienti interi e dei più alti resti (per far un esempio mettiamo che in Italia ci siano 40milioni di abitanti, che divisi per 76 seggi danno un “quoziente” di poco più di 516mila voti.  Se un Partito dovesse avere 2milioni di voti avrebbe diritto a 3 seggi, con un resto di circa 452mila voti-   Se un Partito non supera 1,6 milioni di voti non ottiene nessun seggio). 

Una volta così determinato il numero totale dei seggi spettante a ciascun partito (sulla base di quozienti pieni e dei resti più alti), si procede all’assegnazione degli stessi sulla base dei voti attenuti da ogni Partito a livello di Circoscrizione.

Determinato il numero dei seggi spettanti alla lista in ciascuna Circoscrizione, sono proclamati eletti i candidati che hanno ottenuto il maggior numero di preferenze. 

Ovviamente da questo meccanismo di assegnazione dei seggi sono escluse le Liste che non hanno superato a livello nazionale la fatidica soglia del 4%.

Mi rendo conto di aver introdotto nel frattempo un concetto nuovo; quello di Circoscrizione. 

In realtà si tratta di un concetto semplice, che esprime semplicemente una ripartizione territoriale.

Più chiaramente, il territorio della nostra Repubblica al fine delle “elezioni europee” è diviso nelle seguenti 5 Circoscrizioni:

Italia Nord Occidentale (Valle d’Aosta, Piemonte, Liguria, Lombardia);

Italia Nord Orientale (Trentino-Alto Adige, Veneto, Friuli-Venezia Giulia, Emilia-Romagna);

Italia Centrale (Toscana, Umbria, Marche, Lazio)

Italia Meridionale (Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria);

Italia Insulare (Sicilia, Sardegna). 

Per completezza c’è da aggiungere che il numero di eurodeputati eletti in ciascuna circoscrizione non è fisso. 

Questo infatti dipende prima di tutto dal numero di Parlamentari europei assegnati all’Italia, che può variare, ed in secondo luogo il numero di eletti è ripartito tra le Circoscrizioni proporzionalmente, sulla base dell’ultimo censimento.

Mi auguro che a questo punto sia più chiaro il concetto che, in estrema sintesi, quello in vigore in Italia per le europee è un sistema elettorale proporzionale, con soglia di sbarramento del 4%, e possibilità di voto di preferenza; i seggi sono assegnati nel Collegio unico nazionale a liste concorrenti presentate nell’ambito delle 5 Circoscrizioni territoriali nelle quali è diviso il territorio nazionale.

Resta da dire che il diritto di voto può essere esercitato dai cittadini italiani che abbiano compiuto il 18° anno di età entro il giorno fissato per le elezioni nel territorio nazionale, e risultino iscritti nelle liste elettorali (elettorato attivo), mentre possono essere eletti alla carica di rappresentante dell’Italia al Parlamento europeo i cittadini italiani che siano titolari del diritto di elettorato attivo e abbiano compiuto il 25° anno (elettorato passivo).

Domani chiuderemo  parlando degli aspetti “politici” italiani di questo voto, ma credo sia giusto dire che la tendenza ad interpretare le elezioni europee in chiave nazionale, sia da parte dei Partiti che dell’elettorato, rappresenta certamente un freno al processo di integrazione politica europea.

Da questo punto di vista la mancanza di una legge elettorale comune a tutti i Paesi membri, e dunque di liste e soglie di sbarramento uguali a livello europeo, costituisce senza dubbio  un limite oggettivo.

Fino ad ora tutti i tentativi di dare vita ad un diritto elettorale comune agli Stati della Ue, ovviamente in tema di elezione del Parlamento europeo, sono naufragati. 

Nonostante questo, nonostante cioè il perdurare di “egoismi nazionali”, io credo che  l’adozione di un quadro comune in materia elettorale potrebbe essere strumentale al processo di maggiore integrazione politica nell’ordinamento sovranazionale,  oltre che significativa in termini di legittimazione democratica del processo decisionale dell’Unione Europea. 

A domani.

Umberto Baldo

VICENZA CITTA UNIVERSITARIA
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