28 Marzo 2023 - 8.54

Fra una settimana a pagamento, o fra un anno con il SSN?

Qual è il valore che caratterizza l’Europa rispetto al resto del mondo?

Immagino abbiate sulla punta della lingua tante risposte, ma in realtà la più evidente è quella cui forse pensiamo meno: il welfare.

Che di fatto è stato il tratto distintivo della stessa civiltà europea solidale e attenta ai più deboli fin da quando Luigi XIV con Les Invalides dava assistenza ai feriti di guerra, o da quando Bismarck creò il primo sistema di assicurazione obbligatorio per i lavoratori dell’industria, perfezionato poi da Lord Beveridge (con un passaggioante litteram tra il contributivo e il retributivo), e arrivato fino ai giorni nostri.

In estrema sintesi il welfare è l’insieme delle politiche con cui lo Stato mira a  migliorare la qualità della vita e il benessere dei cittadini,  garantendo istruzione, cure sanitarie, assistenza, previdenza pensionistica.

Fra queste prestazioni sicuramente la sanità pubblica occupa un posto di primo piano nella vita di ciascuno di noi.

Eppure tutti noi stiamo toccando con mano che ottenere prestazioni sanitarie in tempi rapidi è sempre più difficile , e ci stiamo abituando al fatto che, per fare un esempio, per poter essere sottoposti ad una Tac con il Servizio Sanitario Nazionale possono volerci mesi e mesi, mentre la stessa prestazione, pagando, la si ottiene in pochi giorni. 

E così la stessa telefonista di un Centro Unico Prenotazioni ci dice che, sempre per esempio, per una visita oculistica ci vuole magari un anno, mentre la stessa visita, con lo stesso medico, spesso nello stesso ambulatorio dell’ospedale, con i soldi in bocca la puoi avere la settimana successiva. 

Ma cosa sta succedendo?

Sono anni che sostengo che l’Europa, alle prese con un fenomeno di invecchiamento diffuso (e quindi di un aumento esponenziale della spesa assistenziale e previdenziale) comincia a fare i conti con l’insostenibilità finanziaria del suo sistema di welfare dalla culla alla bara, e quello della sanità pubblica costituisce a mio avviso ben più di un primo campanello di allarme.

Non è un fenomeno solo italiano, e tanto per dire lo scorso febbraio una marea di cittadini sono confluiti in Plaza de Cibeles a Madrid al grido di “la sanidad pública no se vende, se defiende”.

Intendiamoci, quando si parla di welfare, o meglio delle sue inefficienze, si parla di soldi, di risorse se preferite.

E così lo Stato italiano spende in sanità pubblica circa 1.974 euro a cittadino (pari al 6,4% del Pil), percentuale analoga alla Spagna, ma ben lontana dai modelli di Germania e Francia, dove si investe rispettivamente fra i 3 ed i 4mila euro a cittadino, arrivando al 10% del Pil.

Per colmare questo gap il nostro Paese dovrebbe aggiungere circa 20 miliardi l’anno per raggiungere Inghilterra e Portogallo, ma ben 40 per allinearsi a Germania e Francia.

Tanto per dire, nell’ultima finanziaria alla sanità sono stati assegnati poco più di due miliardi, e sono anni e anni che gira così.

Ma badate bene che non ne faccio una colpa al singolo Governo, fra tutti quelli che si sono succeduti, e forse non è neanche un problema di insensibilità nei confronti del tema “salute pubblica”.  

Come accennato si tratta di un mero problema di “schei”, ed è evidente che la coperta è ormai corta.

Eppure nel Belpaese non abbiamo visto manifestazioni di protesta come quella di Madrid.

Perché?

Presto detto, la sanità attuale è frutto delle nostre scelte elettorali!  

Siamo noi cittadini che abbiamo legittimamente e liberamente votato Forze Politiche che ci proponevano politiche redistributive e bonus per tutto. 

Capito questo “sentiment”, è evidente che  nessun Partito politico è stato più disposto  a battersi come un leone per destinare più soldi al Fondo di Sanità pubblica in occasione del tradizionale assalto alla legge finanziaria di fine anno.

E così abbiamo di fatto voluto gli 80 euro di Renzi, Quota 100 e altri anticipi pensionistici “anti-Fornero”, il Reddito di Cittadinanza, il Superbonus 110%, il taglio al cuneo fiscale, misure che da sole valgono 42 miliardi l’anno, e di fatto hanno sancito che da oltre un decennio i trasferimenti economici alle famiglie hanno superato la spesa sanitaria.

Tutto legittimo, tutto regolare, sia chiaro!

Noi abbiamo preferito avere qualche soldo in tasca in più, dando per scontato che il Servizio Sanitario Nazionale avrebbe continuato a funzionare al meglio.

Ma poiché il bilancio pubblico altro non è se non una torta da fare a fette, in questo modo la fetta destinata alla salute è di fatto diminuita, e con le scarse risorse a disposizione Il SSN non è più in grado di offrire un servizio universale. 

Ecco perché parallelamente al ridimensionamento della sanità pubblica è cresciuta quella privata, che non è mica fatta di delinquenti sia chiaro, ma che per definizione offre le sue prestazioni a pagamento, oltre a tutto in tempi più accettabili del SSN.

Ed il fenomeno è letteralmente esploso, dato che i cittadini italiani già ora pagano di tasca propria il 75% delle visite specialistiche, il 62% di tac, ecografie e altri accertamenti diagnostici, l’81% dei trattamenti di riabilitazione.

Non succede niente, ma alla fine sarà sempre più evidente che questo “dualismo sanitario” determinerà la differenza fra chi ha i soldi per curarsi, e chi invece, non avendoli, dovrà rinunciare.

Magari non arriveremo al sistema americano, dove se non esibisci un’assicurazione sanitaria fai fatica ad accedere persino  al Pronto Soccorso; no, in Europa, e sicuramente anche in Italia, questo non sarebbe accettato.

Ma se osservate bene l’avanzata della sanità privata è spregiudicata: nel senso che si concentra su attività facili da erogare, tipo esami diagnostici o visite specialistiche, lasciando al pubblico quelle più impegnative e soprattutto costose, come ad esempio la chirurgia di alto livello.

E allora, che si fa?

Io credo che a questo punto invertire la tendenza sia quasi impossibile.

E come al solito servirebbe quello che da sempre in Italia i politici  non sono disposti a fare: un‘operazione verità.

Servirebbe in altre parole  un ridimensionamento delle aspettative dei cittadini,  con una Politica disposta ad  ammettere l’inevitabilità di un sistema ibrido, pubblico e privato, cercando di governarlo, con un’attenzione esplicita alle iniquità, a sostegno in particolare di chi i soldi per curarsi al meglio proprio non li ha.

Non succederà: e Lor Signori continueranno a raccontare la favoletta  del primato della sanità pubblica, favoletta che inevitabilmente continuerà a scontarsi  con la telefonista del Cup: “fra una settimana a pagamento o fra un anno con il SSN”?

Come accennavo il problema c’è anche in Spagna: ma almeno a Madrid si protesta!

Umberto Baldo

VICENZA CITTA UNIVERSITARIA
AGSM AIM
duepunti
UNICHIMICA

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