7 Febbraio 2019 - 13.00

Strage al Pennar: i Marzaro non sono morti avvelenati

Potrebbero essere stati soffocati con un cuscino o addirittura con le mani da parte della loro figlia 43enne, Silvia (in foto), che poi si è tolta la vita, Italo e Ubaldina Marzaro, rispettivamente di 85 e 83 anni (in foto), trovati senza vita lunedì all’interno della loro casa da casa di vacanze ad Asiago, al Pennar. E’ questa l’ipotesi investigativa delle ultime ore, mentre le autopsie sono ancora in corso proprio nella giornata di oggi al San Bortolo di Vicenza. La solitaria coppia di Mirano non sarebbe quindi stata avvelenata da quell’unica figlia solitaria e caduta in depressione, ma Silvia avrebbe usato un potente mix di farmaci solamente per stordirli, per poi strangolarli lei stessa una volta incoscienti. Di certo c’è che la figlia è stata l’ultima a morire, dopo aver ripulito e sistemato la casa in maniera quasi maniacale.  E’ stata trovata esanime sul pavimento, con una ferita alla testa, probabilmente fatta durante la caduta. Il collo strozzato da due cinture di accappatoio in cotone.  Quelle di cui avrebbe stretto i lembi con le sue stesse mani, provocandosi asfissia, cadendo all’indietro e sbattendo la testa contro lo stipite. Lì dove è stata trovata riversa, con una vistosa macchia di sangue dietro il capo.

E’ di ieri invece la notizia che gli investigatori hanno trovato due biglietti, probabilmente scritti da Silvia. E forse la chiave del delitto è tutta lì: in quel «maledetti» scritto in stampatello, sulla prima pagina di un blocco trovato nella camera da letto della 43enne disoccupata. La stessa parola, «Maledetti», riportato anche in un secondo scritto ritrovato stavolta in un foglio fatto a brandelli e gettato nel cestino della cucina, in cui si legge anche: «La pagherete, Dio vi giudicherà».

Una famiglia schiva quella dei Marzaro, che dal veneziano si era trasferita nella pace dell’Altopiano: una mansarda presa in affitto da un annetto, pochi i vicini che li conoscevano, pochi quelli che incontravano soprattutto i due anziani, che si sorreggevano l’un l’altro, a passeggio per il paese, molti li ricordano come persone molto schive, ma tranquille. A volte accanto a loro compariva anche la figlia, Silvia, poco più che quarantenne. Quella figlia taciturna e solitaria che parrebbe aver messo fine alle loro vite: una donna fragile che già in passato aveva sofferto di depressione e ad agosto scorso, proprio ad Asiago, aveva già tentato di farla finita, ingerendo quelle medicine che usava per curare il male oscuro. La donna era fidanzata con un fotografo 63enne veneziano, che è stato il primo a dare l’allarme, impensierito poiché da domenica sera non aveva più avuto notizie della fidanzata, salita poche settimane fa in Altopiano per raggiungere i genitori. Silvia, infatti, viveva tra Asiago e Mirano. Nei prossimi giorni la procura delegherà nuovi accertamenti al Ris di Parma.

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