3 Luglio 2020 - 12.13

COVID – La lezione del caso-Pojana

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di Stefano Diceopoli

Dopo aver appreso la notizia che a Pojana Maggiore è stato individuato un nuovo focolaio di Covid 19, con 5 persone risultate positive al tampone, ed altre 50 poste in quarantena al proprio domicilio, a Tviweb sono pervenuti centinaia di vostri messaggi, che con una sola espressione definirei “di indignazione”.


Prima di riportarvene alcuni, è bene sapere che all’origine del contagio c’è un viaggio di lavoro di un imprenditore in Bosnia-Erzegovina.  Al ritorno, ignaro di essersi infettato, l’imprenditore, senza prendere alcuna precauzione,  è rimasto in  contatto con colleghi e collaboratori, ha partecipato ad appuntamenti professionali, fra cui un incontro conviviale con un centinaio di invitati.

Arriviamo alle vostre reazioni.

“Grande persona deficiente, se hai la febbre stai a casa, se si va avanti di questo passo si richiude tutto ancora per colpa di qualche irresponsabile” – “Come hanno fatto a fare una cena con 120 persone? Ma se non bisogna fare assembramento!!!!! Ma dire che sono trulli è poco”  – “Il virus va a nozze con gli ignoranti, con chi si crede il più furbo, e poi le conseguenze ce le sorbiamo tutti.  Complimenti”  – “ Da galera”  – “ Dire poco galera. Cosa pensavano di fare, sono persone incompetenti, da stupidi”  –  “Che demente, non pensa che chiudono tutto di nuovo? Per colpa di gente imbecille” – “Che bastardo…..” – “Egoista, scemo, irresponsabile, superficiale, senza rispetto per gli altri…..”  –  “E la quarantena l’aveva fatta?  Bosnia è extra Schengen”.

Potrei continuare a lungo, ma mi sembra che quelli che vi ho riportato siano più che sufficienti per farvi capire il sentiment di moltissimi lettori di Tviweb, che stigmatizzano non solo il comportamento “superficiale” dell’imprenditore, ma anche dei molti che hanno partecipato alla cena sicuramente infischiandosene delle prescrizioni sul distanziamento sociale, visti gli esiti.

Il contagio di Pojana Maggiore a mio avviso è solo la goccia che fa traboccare il vaso, perché mostra che, nonostante tutte le prediche e gli appelli, buona parte dei veneti, che pure durante il lockdown si erano dimostrati molto rispettosi delle regole, hanno deciso che il peggio è alle spalle, che il virus è ormai in ritirata, che bisogna riprendersi quello che si è perso durante il confinamento.
Forse preferendo alle parole degli scienziati, per lo meno quelli più prudenti viste le divisioni anche in quel campo, quelle di “maitre à penser” come ad esempio il generale Pappalardo ed i cosiddetti gilet arancioni, secondo cui: “Il virus non esiste, per questo non mettiamo le mascherine!  Il virus è il più grande bluff della storia organizzato dalla finanza mondiale”.
Per carità, viviamo in un Paese democratico, ed ognuno è libero di pensare quello che vuole, anche che la terra sia piatta, ma le persone che, come voi che ci avete scritto, sono propense a credere non ai sogni o alle bufale, bensì a quello che vedono, certi comportamenti sono sicuramente da irresponsabili.

Perché la realtà ci dice, parole di Luca Zaia di qualche giorno fa, che nel nostro Veneto ci sono ancora 22 focolai di infezione (considerando Pojana adesso 23), il che vuol dire che il virus c’è ancora, circola, e infetta.
La realtà ci dice che, dopo quasi un mese senza casi, la sezione Covid del Reparto Malattie Infettive dell’ospedale di Padova torna a popolarsi.
Certo non siamo, fortunatamente, ai numeri drammatici di febbraio e marzo, ma il segnale non è certamente rassicurante.
E a questo punto dovrebbe scattare la “voce del buonsenso”, che forse potrà anche avere un suono banale, ma che di fronte a certe situazioni è l’unica che dovremmo ascoltare.
E non c’è sicuramente buonsenso nella bolgia che abbiamo visto nei week end nelle spiagge venete, in cui sono saltate tutte le prescrizioni, con i bagnanti a stretto contato senza mascherine.
E parimenti non c’è sicuramente buonsenso nei filmati relativi al Pride Village di Padova, che immortalano folle in festa a viso scoperto o con le mascherine portate sotto il mento, con frotte di giovani che si lanciano in balli sfrenati uno accanto all’altro senza pensare troppo all’emergenza degli ultimi mesi.
No, non c’è sicuramente un briciolo di buonsenso in questi comportamenti, e addirittura c’è di che perdere la fiducia nelle facoltà intellettive di molte persone.
Che sono passate dallo psicodramma collettivo all’attuale sbornia minimizzatrice, al grido di “adesso è venuto il momento di tornare a divertirci”.
Vi risparmio le solite prese di posizioni e dichiarazioni dei politici di turno e dei  sanitari, ma non perché non sia importante stigmatizzare questi atteggiamenti, ma perché con la fine del lockdown, e la ripresa della vita di relazione è evidente che le possibilità di interventi delle Autorità si sono ridotti al minimo.
Cosa puoi fare di fronte a migliaia di persone che violano una norma?  Mandare l’esercito?  Non puoi fare niente se non rimproverare e ricordare i rischi.
Perché è evidente che adesso il problema è nelle mani del singolo cittadino, e dai suoi comportamenti dipenderà il contenimento del virus, soprattutto in vista di una possibile “seconda ondata”.
E qui torna in campo la parolina magica “buonsenso”, inscindibilmente legata a “responsabilità”.
Diciamola tutta. In fondo cos’è che ci viene chiesto?
Nessun atto di eroismo, nessuna rinuncia alla vita relazionale, come è invece accaduto nei mesi scorsi.
Ci viene chiesto semplicemente di lavarci spesso le mani, di usare la mascherina nei luoghi chiusi o anche all’aperto nel caso in cui non sia possibile mantenere la distanza di un metro, e soprattutto di evitare gli assembramenti.
Perché è ormai assodato che il virus trova il suo brodo di coltura nelle cene affollate, nei funerali, nelle feste civili o religiose, nelle movide, ed in generale in tutte le occasioni in cui la vicinanza ci induce ad allentare le precauzioni.
Portare la mascherina non è un atto eroico.  E non date retta alle bufale che circolano su certi social secondo cui indossare questo presidio sarebbe pericoloso per il monossido di carbonio.  Al riguardo mi sembrano chiare le parole di Antonio Rebuzzi, professore di Cardiologia all’Università Cattolica di Roma e direttore della Terapia intensiva cardiologica del Policlinico Gemelli, che all’Adnkronos Salute ha spiegato: “Respirando liberiamo anidride carbonica, che è molto volatile e passa attraverso le mascherine, ben diversa dal monossido di carbonio. Una sostanza velenosa che però non viene prodotta dal respiro. In caso contrario, noi che in sala operatoria da sempre usiamo le mascherine per ore ed ore saremmo tutti condannati”, conclude scherzando.  Certo indossarle con la canicola non è il massimo del confort, ma l’alternativa per molti potrebbe essere l’ospedale, per cui mi sembra che a prevalere dovrebbe essere anche il rispetto per gli altri ed il senso civico.
E non a caso parlo anche di senso civico, perchè, come vediamo, la crisi sanitaria ha portato rapidamente alla crisi economica, e poiché è evidente che l’Italia ed il Veneto non potrebbero reggere un nuovo lockdown, la salvaguardia dei posti di lavoro e la ripresa passano anche attraverso i nostri comportamenti individuali.
E quando, nonostante tutto, vi dovesse affiorare il dubbio se il gioco valga la candela, spostatevi sui notiziari.  Leggete le cronache dagli Usa, dal Brasile, dalla Russia, dall’India, dall’ Africa,  senza trascurare anche qualche Paese a noi vicino, tipo l’Austria che in queste ore ha dovuto richiudere le scuole in alcune provincie per un focolaio scoppiato in una chiesa libera a Linz.
E non vergognatevi nel pretendere che anche gli altri rispettino le regole, magari al bar, in autobus, in un negozio, visto il fenomeno di progressivo lassismo che si sta diffondendo.
Tornando all’inizio, i messaggi che molti di voi ci hanno inviato, testimoniano che il buonsenso è per fortuna ancora ben presente nella nostra comunità.
Sicuramente il nostro Governatore Luca Zaia, anche alla luce dei fatti di Pojana Maggiore,  riprenderà la sua campagna martellante per l’uso delle mascherine, e per il rispetto del distanziamento.
Mi permetto però di bacchettarlo benevolmente, perchè lo abbiamo visto in una foto ricordo postata dal Presiedente della Puglia Michele Emiliano, in cui brinda  con lo stesso Emiliano e Bruno Vespa.  L’evento si è svolto nella masseria che Vespa ha in Puglia in cui produce, si dice, ottimo vino.  Il problema non è di carattere enologico, bensì epidemico, in quanto sullo sfondo si vedono numerosi invitati vicini fra loro e tutti privi di mascherina.  Che fra l’altro non portavano neppure Zaia, Emiliano e Vespa, forse per non rovinare lo scatto.
Ci pensi la prossima volta, caro Presidente, quando farà una foto di gruppo a viso scoperto, per non incorrere nell’accusa di “predicare bene e razzolare male”.
Concludendo, spero sia chiaro che non è il momento di rilassarsi, cullandosi nell’illusione che sia tutto finito.
Altrimenti correremo il rischio di fare come il Don Ferrante dei Promessi Sposi che, scrive Manzoni, “non prese nessuna precauzione contro la peste; gli s’attaccò; andò a letto, a morire, come un eroe di Metastasio, prendendosela con le stelle”.

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