25 Gennaio 2024 - 8.45

Autonomia differenziata. Eccessiva la gioia di Zaia, ma “Pitosto de gnente, xe mejo pitosto”

Do per scontato che Capitan Salvini suonerà la grancassa, ponendo al centro della propaganda per le elezioni europee  di giugno (almeno al nord) l’Autonomia differenziata,   magari facendo intendere che si tratti di una battaglia già vinta.

Le cose stanno veramente così?

Possibile che Giorgia Meloni e i suoi Fratelli d’Italia, partito dichiaratamente ed orgogliosamente nazionalista, abbia deciso in piena campagna elettorale di regalare alla Lega questa “vittoria” su un tema sicuramente sentito della popolazione?

Io credo che la realtà sia un po’ più complicata, e soprattutto più articolata, per cui vale la pena di soffermarsi su alcuni punti fermi per capirci qualcosa di più. 

A partire dal fatto che l’Autonomia Differenziata è prevista dalla Costituzione, in quanto nel 2001 la maggioranza di Centro Sinistra fece una riforma del titolo V° della Carta Costituzionale, che introdusse appunto l’Autonomia regionale.

Si, avete capito bene, l’Autonomia fu una riforma voluta dei Democratici di Sinistra, che allora parlarono di grande disegno riformatore, che sarebbe stato completato dalla trasformazione di uno dei due Rami del Parlamento in Camera delle Regioni e delle Autonomie.

In realtà la sinistra pensò, con quella riforma, di frenare le spinte federaliste portate avanti dalla Lega di Umberto Bossi, e quindi combatterla sul suo stesso terreno, per poterla arginare.

Non stupisce quindi che la Lega in quale fase non fece i salti di gioia per quella modifica della Costituzione.

Ma giova ricordare che allora la Lega si chiamava Lega Nord, e la sua ragion d’essere era l’indipendenza delle regioni settentrionali, quella macro-area che i leghisti della prima ora chiamavano “Padania”. 

Certo col tempo questo indipendentismo si è progressivamente annacquato, a causa della convivenza con partiti ben più nazionalisti all’interno del centrodestra, Alleanza Nazionale su tutti, e così il nuovo obiettivo della Lega Nord diventò il trasferimento di più competenze alle Regioni.

Poi, quando dal 2013 divenne Segretario Federale Matteo Salvini, la Lega cambiò radicalmente approccio, assumendo una dimensione più nazionale, quindi concentrandosi sull’espansione al Centro-Sud, e quasi tralasciando le battaglie federaliste. 

Battaglie che però furono mantenute vive dalle varie articolazioni locali del partito, specialmente in Veneto ed in Lombardia, e adesso che i consensi sono calati, il Capitano ha bisogno come il pane di sbandierare l’Autonomia Differenziata per accontentare da un lato i suoi Governatori, Zaia in particolare, e dall’altro per cercare di recuperare consensi al Nord, minacciato dall’avanzata delle truppe meloniane.

Detta in altre parole, adesso i ruoli si sono invertiti, con la Lega che cerca di portare a compimento l’Autonomia a suo tempo quasi rigettata, ed il Centro Sinistra, che cambiò la Costituzione 23 anni fa, che adesso considera quella “sua” riforma un modo per “spaccare il Paese”.

Certo, vi ho detto altre volte che solo i cretini non cambiano mai idea, ma permettetemi di osservare che qui non siamo in presenza di “cambi di corsia”, bensì di vere e proprie “inversioni a U”.

Si spiega così il teatrino, o psicodramma, andato in scena martedì al Senato, che ha dato il via libera all’Autonomia differenziata con 110  sì, 64  no e 3 astenuti, ma con l’opposizione in piedi a intonare l’Inno di Mameli, in segno di protesta contro quello che hanno appunto ribattezzato «spacca-Italia». 

Da segnalare che  i Senatori della maggioranza, a cominciare da quelli di Fdi, si sono uniti al coro dell’Inno nazionale (sic!).

Come sempre succede nella Repubblica di Pulcinella, al di là delle fumisterie del dibattito politico, vanno chiarite alcune cose.

Innanzi tutto che la norma approvata al Senato deve ora passare alla Camera dei Deputati, e soprattutto che il cosiddetto Ddl Calderoli non attua l’Autonomia differenziata, in quanto si limita ad indicare il percorso e le regole che le Regioni dovranno seguire nel negoziare col Governo e col Parlamento l’attribuzione di maggiori poteri e prerogative, ma soprattutto che l’avvio di queste procedure è subordinato (ricordate bene in futuro questo subordinato!) alla definizione dei Livelli Essenziali delle Prestazioni (LEP).  

Avrete capito che tra questi principi  quello fondamentale è proprio la preventiva fissazione dei Lep, vale a dire i Livelli Essenziali delle Prestazioni, cioè gli standard minimi di servizio che dovranno essere assicurati ai cittadini in tutte le Regioni.

E qui iniziano in realtà i problemi, anche se su questo si tende a glissare o a minimizzare.

Nel senso che questi Lep andranno finanziati “prima” che avvenga il primo trasferimento di una di queste funzioni delegate alle Regioni che lo chiederanno.

E qui sorge la domanda “diabolica”.

Visto che in Italia il livello e qualità dei servizi è molto diverso da Regione a Regione, e soprattutto fra Regioni del Nord e Regioni del Sud (basta solo pensare alla sanità, ed al turismo sanitario dei cittadini del Sud verso il Nord), assicurare Lep omogenei ed effettivi in tutta Italia comporterà maggiori costi? 

E se sì chi pagherà?

Personalmente sono pronto a scommettere per il sì, cioè per un aumento dei costi, tanto che  nel disegno di legge Calderoli, a scanso equivoci,  si spiega che i Lep andranno finanziati  (non vedo da chi se non dallo Stato) con “provvedimenti legislativi coerenti con gli obiettivi di finanza pubblica” (tanto per dire, lo Svimez stima che all’uopo servirebbero 80/100 miliardi, che non so dove si andrebbero a pescare).

Se tanto mi da tanto, è evidente che la Maggioranza pensa che non si possa fare l’Autonomia differenziata in deficit (e giustamente, perché mi sembra che aumentare ulteriormente il debito pubblico sarebbe una follia), per cui delle due l’una: o si tagliano spese (vaste programme), o si aumentano le entrate (nuove tasse).

Se poi in campagna elettorale vi vorranno far credere che l’Autonomia sia a portata di mano, sappiate che non è assolutamente così, perché per la sola definizione dei Lep il Governo si è dato due anni di tempo, e quindi  di intese Stato-Regioni non se ne parlerà almeno fino a giugno 2026 (ammesso che il Ddl di legge Calderoli passi alla Camera entro questo giugno).

Quindi la strada è ancora lunga e accidentata, soprattutto per ciò che attiene le risorse necessarie, visto lo stato drammatico della finanza pubblica (il classico “Bambole non c’è una lira!), e a mio avviso non è quindi scontato che la riforma vada a regime prima della fine della legislatura.

Ma questo non impedisce agli attori in campo (parlo di attori perché ormai la politica assomiglia sempre più ad una commedia dell’arte) di sfogare le loro libidini oratorie.

E così apprendiamo che il meloniano Andrea De Priamo, ha assicurato in Aula  che anche le Regioni che non richiederanno  l’autonomia dovranno ricevere dallo Stato risorse pari a quelle trasferite alle Regioni che hanno ottenuto la devoluzione delle competenze, tesi confermata dal Capogruppo Lucio Malan: «Grazie a noi sono state inserite precise garanzie sull’unità nazionale e sull’uguaglianza dei diritti dei cittadini di tutte le Regioni”.

Ma per contraltare, dalle parti del Pd denunciano «l’indecente baratto» tra la Premier e Salvini. 

“La nazionalista Meloni passa alla storia per aver spaccato l’Italia”, è stato il commento sarcastico della leader dem Elly Schlein, che è pronta a raccogliere le firme per il referendum abrogativo. 

“Fratelli di mezza Italia”, è l’accusa che viene ripetuta a sinistra in attesa del nuovo confronto/scontro Meloni/Schlein. 

“Meloni spacca il Paese e svende il Sud a Salvini”, è la requisitoria arrivata dal numero uno M5S Giuseppe Conte subito dopo il voto.

Diciamola tutta: più che un confronto fra Forze politiche mature, interessate al bene del Paese, sembra tifo calcistico da curve negli stadi.  

Alla fine spero vi sia chiaro che l’intera partita dell’Autonomia ce l’ha in mano Giorgia Meloni, che sicuramente la farà pesare, e soprattutto valere in cambio del via libera dell’alleato al suo progetto di “Premierato”. 

Capisco comunque la soddisfazione di Luca Zaia (a mio avviso l’unico che all’Autonomia ci crede veramente) che ha dichiarato: “Oggi pietra miliare. Meta più vicina”.

Pur nell’euforia, io sarei stato un pò più morigerato, e mi sarei limitato ad un “Pitosto de gnente, xe mejo pitosto”.

Umberto Baldo

VICENZA CITTA UNIVERSITARIA
AGSM AIM
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