23 Maggio 2020 - 12.56

I sedili ribaltabili della “meglio gioventù”

Chi ha parecchie primavere sulle spalle ha vissuto l’evoluzione delle automobili negli ultimi decenni, e non solo per ciò che attiene le forme esterne, le dotazioni di sicurezza, l’elettronica ormai dilagante, gli allestimenti interni.La mia prima auto, come per molti italiani della mia generazione, è stata una Fiat 500 L, bianca, con i sedili in finta pelle nera, con la capote apribile in tela, che permetteva di vedere il cielo, e sentire il vento nei capelli. E soprattutto dotata di sedili reclinabili, che allora non tutti i modelli montavano, e che per un diciottenne di allora erano la promessa di delizie amorose.297 centimetri di lunghezza, che a vederla oggi fa pensare: ma come caspita facevamo a salirci in quattro, e all’occorrenza in cinque, in una scatoletta del genere?Ma c’era un ingrediente in più, la gioventù, e a pensarci bene vengono gli occhi lucidi.Ma tornando ai sedili reclinabili, o ribaltabili che dir si voglia, essi furono inventati esattamente 70 anni fa, nel 1950, dalla casa americana Nash, che dopo pochi anni si sarebbe fusa con la Hudson, dando vita all’American Motors.In quell’anno venne lanciato dalla Nash il modello Ambassador Airflyte, uno dei tanti “macchinoni americani” di quegli anni, di dimensioni generose e dalle forme tondeggianti.Ma fu proprio quel particolare inedito, i sedili completamente ribaltabili, a farla entrare immediatamente nei sogni degli adolescenti a stelle e strisce, quelli che sono entrati nel mito della serie televisiva Happy Days.  Per capirci la generazione di “Fonzie”, quella dei teenager che hanno vissuto il “sogno americano” nei luminosi e prosperi anni ’50, quelli compresi fra la fine della guerra di Corea e le prime partenze per la guerra del Vietnam.La pubblicità della Nash per l’ Ambassador Airflyte puntava in special modo sui sedili ribaltabili, visti come un vantaggio per la famiglia americana, che poteva all’occorrenza poter contare su un  vero e proprio lettone a due piazze, un valore aggiunto per chi voleva mettersi “on the road” senza portarsi dietro l’ingombro di una roulotte.   In realtà non era una pubblicità ingannevole; una volta abbattuti i sedili lo spazio per dormire in due c’era, e molto, ed il cambio non dava fastidio perchè era al volante.Ma più che quella dei padri, fu la fantasia dei figli a determinare il successo di quel modello; quei figli che, diversamente da noi, potevano guidare fin dai 16 anni. E quei ragazzi videro nei sedili della Airflyte infinite possibilità di utilizzo, e non è difficile immaginare quali.Ma se ne accorse anche l’America bacchettona, e quegli “ardori” giovanili attirarono subito gli strali dei “moralizzatori” che non mancano in nessuna epoca.Partì quindi una vera e propria crociata contro quei sedili, additati come strumenti diabolici, e sentina di ogni peccato.Sui giornali dell’epoca  si disse senza mezzi termini che l’Airflyte sarebbe stata usata da ragazzi e ragazzi per “to make out”, che si traduce con il nostro “pomiciare”.Ma nell’America del baseball la stampa utilizzò anche termini tipici di questo sport per spiegare cosa avrebbero fatto i ragazzi con le ragazze su quei sedili, e si parlò di “first base”, “second base”, “third base”, per arrivare al fatidico “home run”, che lascio a voi immaginare cosa volesse dire fuor di metafora. Ma come spesso succede in casi del genere, furono proprio le pruderies dei benpensanti a consacrare il definitivo successo della Airflyte.E quel “particolare”, quei sedili, divennero ben presto un accessorio adottato da tutte le case automobilistiche americane.L’Europa segui a ruota la nuova tendenza, anche se le dimensioni contenute delle auto del vecchio continente non offrivano le “comodità” tipiche dei modelli statunitensi.Per capirlo basta semplicemente farsi un giro in qualche raduno di auto d’epoca.  Balza agli occhi che una 500 od una 600 Fiat non erano agevolmente trasformabili in talami a quattro ruote.In ogni caso prevalse l’entusiasmo ormonale, e le auto con i sedili ribaltabili divennero in tempi rapidissimi l’oggetto del desiderio, e anche un incentivo verso la rottamazione dei modelli più vecchi, e meno “dotati”.Certo erano altri tempi, in cui era semplicemente inconcepibile quello che ora è diventata prassi abituale; e cioè che i genitori assecondino le esigenze dei loro adolescenti, magari andando al cinema per lasciare la casa a disposizione.Allora le “attenzioni” delle mamme e dei papà, soprattutto nei confronti delle ragazze, erano piuttosto  pressanti.    Interdette le mura di casa, inimmaginabile rivolgersi ad alberghi o pensioni, l’auto diventava l’unica opportunità, la soluzione ideale.E poiché, a meno di non farne delle recluse, alle ragazze era difficile vietare anche il “giro in macchina” con gli amici, i sedili ribaltabili divennero l’alcova più comune in quegli anni per sfogare gli ardori giovanili.  A conferma del  nostro detto che “batare le nose, e tendare le tose xe tempo perso”.E ricordo ancora che quando, alla fine della serata, si decideva di appartarsi in qualche cava o anfratto sui colli Euganei, io vengo da quella zona, quando ci si avvicinava era “consigliato” avvisare, dando qualche colpo di abbaglianti.  Così, per capire la situazione, ed orientarsi sul dove parcheggiare.  In risposta alla tua segnalazione luminosa chi era già posizionato rispondeva allo stesso modo, così che, in certi momenti, dal buio più assoluto sembrava di essere arrivati in un presepio.   E non era infrequente che, soprattutto nei luoghi più “gettonati”, ci fosse il “tutto esaurito”, per cui non ti restava che fare inversione, ed iniziare la ricerca di un altro luogo in cui stare tranquilli.Ma non si pensi che le pratiche erotiche in quelle scatolette, in cui adesso sembra persino impossibile che si potesse entrarci, fosse semplicissimo.Serviva in primis convinzione, un po’ di slancio, qualche dote acrobatica, ed anche spirito di sacrificio.Certo le auto non erano quelle di adesso, in cui sembra di sedersi nella cabina di pilotaggio di un aereo, con un mega tunnel centrale fra i sedili anteriori ormai invalicabile. Nella mia 500 ad esempio, ma era comune a tutte le auto di quegli anni, il problema stava soprattutto nella leva del cambio, che francamente era un bell’impiccio, rendendo poco agevoli certe “manovre”.  Per la verità non era una passeggiata neanche per la partner femminile, che dati gli spazi angusti, era costretta a contorsioni che mettevano a rischio le vertebre lombari.Per carità, a quell’età si supera tutto, spesso anche con trovate che denotavano una certa genialità.   Qualcuno ad esempio segava la leva del cambio e filettava i due monconi, in modo che asta metallica e pomello venivano svitati ed asportati prima dell’approccio, rendendo il tutto molto più agevole.  Alle fine della performance si provvedeva a riavvitare i due pezzi, ed il cambio riprendeva la sua funzione.Non tutti avevano l’auto con i sedili reclinabili, ma questo non rappresentava un ostacolo insormontabile.  Ricordo ancora un amico che aveva una Citroen Dyane, macchina un po’ spartana, in cui i sedili erano ben imbullonati al pianale. Nelle fredde serate invernali, prima del momento in cui le coppie si separavano per cercare un po’ di intimità, il mio amico accendeva l’auto con il riscaldamento al massimo, e lo lasciava acceso per una buona mezz’ora (allora di problemi di inquinamento non si parlava).   Francamente per un certo periodo non avevo realizzato quale fosse lo scopo di quella che a me sembrava una stranezza, ma poi ad una mia precisa domanda mi svelò che serviva per “riscaldare l’alcova”.   Ancora adesso mi chiedo come facessero, a quali posizioni funamboliche fossero costretti vista la conformazione della Dyane, ma con il senno di poi mi rendo conto che con la giusta carica non esistono ostacoli insormontabili.Certo che la mia piccola 500 con i sedili reclinabili offriva un maggior comfort di una Dyane o di una R4.   E con la stagione fredda, con il calore dei corpi che appannava i vetri dall’interno, si creava un’atmosfera onirica, e diventava quasi un luogo isolato dal mondo.Spesso si creava una sorta di affezione verso una location, nel senso che si preferiva andare ad appartarsi sempre nello stesso posto.So di un amico che amava andare con la fidanzata, che poi ha condotto all’altare, in un’area vicina ad un cantiere in cui stavano edificando un supermercato.  Nel tempo, quasi fosse stato il direttore dei lavori, mi diceva di aver seguito la costruzione dell’edificio dalle fondamenta al tetto.  Solo che i suoi “sopralluoghi” erano esclusivamente notturni, e con una “distrazione ben dotata” seduta sul sedile accanto, su cui concentrare le sue attenzioni.Concludendo, negli anni della mia giovinezza la macchina era, per forza di cose, forse il luogo più gettonato per fare l’amore.   Pur essendo cambiata la società, e come abbiamo visto anche le automobili, mi piace pensare che il sesso in macchina resti ancora una trasgressione praticata anche dai ragazzi d’oggi. Perchè vuol dire abbandonarsi al brivido di fermarsi e lasciarsi andare alla passione, vuol dire la libertà di non dover aspettare, l’eccitazione di aver trovato il posto giusto.Alla mia generazione resta il ricordo di quei sedili ribaltabili, di quella capote di tela, di quei vetri appannati, degli anni della gioventù, il tutto condito con un po’ di commozione.

VICENZA CITTA UNIVERSITARIA
AGSM AIM
duepunti
UNICHIMICA

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