20 Febbraio 2019 - 13.57

EDITORIALE – Lassismo e buonismo, i mali della nostra società

Per essere aggiornato sulle notizie di cronaca di Vicenza e dintorni iscriviti al gruppo Facebook: SEI DI VICENZA SE... CRONACA E SICUREZZA
Quante volte di fronte a delitti efferati, a femminicidi, a furti o rapine finite col morto, avete visto i volti affranti dei politici, accompagnati dal consueto impegno a cambiare le leggi penali, rendendole più restrittive e cogenti!  Nel tempo abbiamo capito che si tratta di “lacrime di coccodrillo” su “facce di  bronzo”, e celebrati i funerali tutto resta lettera morta.  La triste verità è che le “lenzuolate” di depenalizzazioni (41 reati solo nel 2016) che sono state approvate negli ultimi anni, hanno avuto l’effetto da un lato di rendere la “giustizia” un’idea astratta, e dall’altro quello di far diventare l’Italia il Paese più attrattivo per ogni sorta di criminale.  Cosa possono volere di più i delinquenti di un Paese che ha deciso di non prevedere il carcere per chi commette reati con pena fino a 4 anni,  sostituendolo solo con l’affidamento ai servizi sociali?  Il che vuol  dire niente carcere per furti, scippi, truffe agli anziani, intrusione in casa, e molti altri reati che affliggono gli italiani onesti.
Non è un caso se ciò che temono maggiormente i delinquenti dell’est Europa, che imperversano nel Belpaese, è di dover scontare l’eventuale pena nella loro Nazione. Da loro la galera è galera, senza se e senza ma!  Forse sarebbe il caso di pensarci; probabilmente ci costerebbe meno contribuire finanziariamente alla detenzione nei Paesi di origine, piuttosto che far loro scontare la pena nei nostri penitenziari. E forse si avrebbe anche un effetto deterrenza sui criminali.
Ad ogni nefandezza riportata dai media, credo che ognuno di noi si chieda cosa si possa fare per mettere fine a questa deriva.  In realtà molto poco nell’immediato.  E la riprova è che, nonostante la buona volontà e l’annunciato “pugno di ferro” del nuovo Ministro dell’Interno Matteo Salvini, a parte la riduzione degli sbarchi dalla Libia, non è  che sul fronte criminalità le cose nei nostri paesi e città siano poi cambiate di molto.   E badate bene che non è colpa di Salvini, al quale va almeno riconosciuta la buona volontà di provare a cambiare le cose.   La colpa è nostra in senso lato.  Sono anni e anni che come cittadini chiudiamo tutti e due gli occhi su ogni forma di violazione delle regole, sia che avvenga in famiglia, nelle aule scolastiche, nelle università, sui mezzi pubblici, lungo le strade, nei rapporti con lo Stato, visto ormai come un “nemico da fregare” piuttosto che il soggetto cui abbiamo delegato la nostra sicurezza, personale e sociale.
A fronte di un tale scadimento dello “spirito civico”, perché meravigliarsi se i nostri ragazzi imbrattano gli arredi pubblici, si riuniscono in gang e “bullizzano” i coetanei, o sbeffeggiano e picchiano gli insegnanti?  I modelli che hanno davanti ogni giorno sono quelli secondo cui non c’è regola che non si possa violare, per di più nella quasi assoluta impunità.
Siamo ormai di fronte ad un degrado in parte derivante anche da decenni di cosiddetta “cultura pseudo progressista” che ha instillato l’idea per cui la delinquenza comune, che ruba e spaccia, troverebbe una sua giustificazione nelle disuguaglianze e nelle povertà prodotte dal “capitalismo”.  Di qui la tolleranza anche con le occupazioni abusive di case ed esempio.  Al punto che in certe parti d’Italia un’anziana “Siora Maria” costretta a farsi curare in ospedale,  rischia al ritorno di trovare la sua casa occupata da altre persone, spesso spalleggiate dai mitici “Comitati per il diritto alla casa”. Per non dire delle violenze sempre più frequenti negli asili e nelle case di riposo a danno dei più deboli; si tratta di “reati vigliacchi” proprio perché le vittime sono soggetti incapaci di difendersi, e andrebbero quindi puniti con pene esemplari.  In questo filone va inquadrata anche la tolleranza nei confronti dei reati commessi dagli immigrati irregolari che, ormai è evidente, nessun Ministro dell’Interno, neanche “capitan Salvini”, è in grado di rimpatriare perché mancano accordi con i Paesi di provenienza, che oltre tutto a mio avviso non sono poi tanto “ben disposti” a riprendersele quelle “risorse”.
E poi non va trascurata un’involuzione della “cultura carceraria”, in base alla quale tutte le norme emanate nei decenni precedenti sembrano state ispirate dalla volontà di rendere sempre più difficile far scontare la pena in carcere a chi delinque.   Il fatto che, ed esempio, un rapinatore catturato venga “denunciato a piede libero”, meglio sarebbe dire libero di continuare la sua “attività”, ha come conseguenza che chi delinque matura un sentimento di impunità e onnipotenza, e che al contrario le forze dell’ordine sentano sempre più la frustrazione di catturare, spesso a rischio della vita, malviventi messi in libertà dopo qualche ora.
Capite bene, cari i miei “Siori”, che qui siamo di fronte a problemi che non possono essere risolti dal singolo Ministro.  La materia compete al Parlamento, che dovrebbe cominciare a emanare leggi mirate ad aggravare certe pene, a ridurre la possibilità di ricorrere a misure alternative, a spendere un po’ di miliardi per costruire qualche carcere in più.
Perché, checchè ne pensino le “anime belle” e certi politici, non è vero che le “paure dei cittadini” sono ingigantite ed immotivate.  Le cronache quotidiane bastano a giustificarle quelle “paure”.  E quelle “paure” può fugarle solo uno Stato che torni ad assumere il suo ruolo istituzionale, che sta alla base del “patto sociale”.  Perché è chiaro che se uno Stato non è più in grado di garantire la sicurezza del cittadino, il “contratto sociale” viene meno, ed il singolo è legittimato a riprendersi il diritto di difendersi direttamente.
A costo di fare il provocatore, io penso che nella nostra Italia abbiamo avuto la ventura dell’incontro fra il mondo cattolico, imbevuto della cultura del perdono, ed il Partito Comunista più forte dell’occidente, i cui eredi come vedevano nelle Brigate Rosse “compagni che sbagliavano”, così vedono nei delinquenti di oggi le vittime delle disuguaglianze create dal capitalismo.
L’incontro di queste due “culture” nei decenni ha determinato una vera e propria resa incondizionata dello Stato di fronte ad ogni tipo di malaffare, facendo diventare la violazione di tutte le regole quasi un “fattore identitario” di noi italiani.
E checché se ne dica, questa resa sta alla base della richiesta dei cittadini di potersi “legittimamente difendere”, che Salvini, da politico navigato, ha capito da tempo, e che si appresta ad esaudire con la legge attualmente in discussione in Parlamento.
Non faccio pubblicità, perché cito una radio che svolge un servizio pubblico in convenzione con lo Stato, ma se ne avete l’occasione ascoltate Radio Radicale quando trasmette in diretta i dibattiti alla Camera dei Deputati o al Senato della Repubblica.  Avrete delle belle sorprese! Perché un conto sono le cronache riferite dai giornalisti, inevitabilmente filtrate, ed un altro sentire con le proprie orecchie gli interventi e le dichiarazioni dei nostri parlamentari.
E molto istruttivo è stato in questi giorni anche il dibattito appunto sulla nuova normativa in tema di “legittima difesa”, in cui si sono ripetute le solite “minestre riscaldate” da parte di chi non vuole capire che la gente è stufa di avere paura di uscire di casa con il rischio di trovarla al rientro devastata, o peggio di trovarsi delinquenti fra le mura domestiche, magari quando si è a letto o sul divano.  Chiedetelo a Graziano Stacchio se la sua era voglia di “fare il giustiziere”!  Chiedetelo agli altri come lui che per il solo fatto di essersi difesi hanno dovuto subire anni di processi, prima di vedersi riconosciuta la legittimità della propria reazione, con il rischio di dover anche subire la beffa di dover rimborsare i parenti delle “vittime”.
La riforma in discussione in Parlamento si limita a stabilire che non è più necessario che “la difesa sia proporzionata all’offesa”, stabilendo che la difesa è “sempre legittima” quando sussiste il pericolo o la minaccia di un’aggressione fra le pareti domestiche.  In fondo ogni “mestiere” ha i suoi rischi; e credo sia giusto che chi si dedica professionalmente al furto con scasso o alla rapina, magari in piena notte, debba mettere in conto che potrebbe trovare qualcuno in grado di rispondere adeguatamente, e nella peggiore delle ipotesi di dover uscire da quella casa “con le gambe in avanti”.
Dicono le “anime belle” che con la riforma dell’art. 52 del codice penale si rischia il Far West!  Non lo credo, ma può anche essere; ma almeno nel Far West qualche volta i buoni prevalevano sui cattivi, mentre ormai in Italia la gente per bene è sempre più ostaggio della criminalità.  E comunque non si può più continuare a processare per anni un padre di famiglia “reo” di aver  difeso moglie e figli, oltre che se stesso, da malintenzionati penetrati all’interno della sua casa.
Difendere la propria “tana” è un diritto naturale di tutti gli esseri viventi, che nessuno può limitare o mettere in discussione, tanto meno uno Stato chiaramente incapace di fermare e punire chi delinque.
C’è infine l’aspetto “educativo” e “culturale”. Perché solo rimettendo in pista certi valori e principi si può sperare di uscire da questa situazione.
Bisogna cominciare dalle scuole ad educare i “cittadini di domani” alla cultura della legalità e del “senso civico”, rivalutando in primis i valori della responsabilità e del rispetto dell’autorità.
Per i “cittadini di oggi” non c’è altra strada che ripristinare il “rigore della legge”, che in primo luogo significa “certezza della pena”.
Bisogna in definitiva “ricordare” ai cittadini che oltre ai diritti ci sono anche i doveri, e che lassismo e buonismo sono i due virus che stanno distruggendo la nostra società.
Per essere aggiornato sulle notizie di cronaca di Vicenza e dintorni iscriviti al gruppo Facebook: SEI DI VICENZA SE... CRONACA E SICUREZZA
VICENZA CITTA UNIVERSITARIA
AGSM AIM
duepunti
UNICHIMICA

Potrebbe interessarti anche:

VICENZA CITTA UNIVERSITARIA
AGSM AIM
duepunti
CAPITALE CULTURA
UNICHIMICA