12 Gennaio 2023 - 9.15

PILLOLA DI ECONOMIA – La Crazia adotta l’euro, fra proteste e lamentele

Umberto Baldo

Ve lo ricordate il numero 1936,27?

Certo sono passati 21 anni, ma credo che questo tasso di cambio difficilmente chi aveva “vissuto in lire” se lo potrà dimenticare.

Il 1 gennaio 2002 fu il momento in cui per la prima ci trovammo materialmente fra le mani l’euro, la nuova moneta europea,  e cominciò quel periodo in cui entrò nella nostra vita quotidiana anche il “convertitore”.

Di questi apparecchietti ne furono diffusi milioni e milioni, di ogni tipo e dimensioni.

Praticamente ognuno di noi ce lo aveva in tasca, e nella mente di chi lo aveva ideato doveva servire a facilitarci nel raffrontare il prezzo di un prodotto “prima e dopo” l’introduzione della nuova moneta.

Come andò a finire ce lo ricordiamo tutti, e nell’assoluta assenza di controlli dello Stato si impose il rapporto 1euro=2.000 vecchie lire, e fu una saga di aumenti del costo della vita, con la speculazione che ci marciò alla grande.

Ebbene in questi giorni quella stessa esperienza la stanno vivendo i nostri vicini croati, e leggendo le cronache a noi  sembra un dejà vu.

Già perché la Croazia del 1 gennaio 2023, solo pochi giorni fa, ha abbandonato la sua vecchia moneta nazionale, la kuna (HRK), per adottare la moneta unica europea, fissando il cambio in 7,5kune  per un euro.

Si tratta di un risultato non di poco conto per questo piccolo Paese con cui confiniamo, indipendente da poco più di 30 anni dopo il disfacimento della ex Jugoslavia.

Comprensibile quindi la soddisfazione dei governanti croati, che dopo dieci anni dall’ ingresso nella Ue, usando un termine calcistico possono festeggiare una sorta di “triplete”, in quanto  la Crazia è entrata nel ristretto gruppo dei 15 Paesi dell’ Unione Europea che fanno parte al tempo stesso della Ue, della Nato, dall’area Schengen e della zona euro.

Certo ogni medaglia ha il suo rovescio, ed agli entusiasmi dei politici corrispondono dallo scorso 1 gennaio le preoccupazioni e le lamentazioni della popolazione alle prese con la fase del cambio kuna-euro.

E così le cronache giornalistiche riferiscono di proteste dei cittadini, per non parlare di vera e propria rabbia, per  l’improvvisa forte impennata dei prezzi.

E sono già cominciate tutte le polemiche che noi abbiamo vissuto 20 anni fa, per quello parlavo di un dejà vu, con le accuse ai commercianti al dettaglio di aver “arrotondato” i prezzi al rialzo, e questi ultimi che pur ammettendo gli arrotondamenti negano di aver manipolato i prezzi alla ricerca di facili guadagni.

Il Governo da parte sua ha ovviamente dichiarato che “non tollererà” aumenti ingiusti, e addirittura il Ministro dell’Economia e dello Sviluppo Sostenibile Davor Filipovic ha detto “Prenderemo certamente in considerazione l’opzione che il Ministero dell’Economia crei una lista della vergogna e renda pubblici i nomi di coloro che lavorano ai danni dei nostri cittadini, alimentando così l’inflazione.  Stiamo inviando un messaggio a tutti, ai commercianti e agli altri soggetti della catena di approvvigionamento, che devono mettere sotto controllo il loro appetito”.

Una fonte del Governo ha rivelato al quotidiano Jutarnji List che sarebbe allo studio il ricorso alla legge su misure eccezionali di controllo dei prezzi per imporre un tetto che riporti i listini indietro al 1 dicembre o al 1 novembre.

Benedetti politici! Sono tutti uguali in ogni Stato, ad ogni latitudine!

Parole roboanti,  grandi impegni, ma alla prova dei fatti la realtà è quella che i croati stanno toccando con mano ogni giorno.

Anche perché eventuali aumenti dei prezzi di carattere speculativo sarebbero sicuramente più facilmente individuabili se vivessimo in una fase di bassa inflazione; ma diventano quasi una specie di “probatio diabolica” con un’inflazione che in Croazia viaggia intorno al 13,5%.

E quindi al di là delle parole, delle minacce di blocco dei prezzi, delle buone intenzioni, l’unica cosa vera sono gli aumenti riscontrati dai cittadini, confermati in qualche modo dalle ispezioni delle Autorità preposte, che avrebbero accertato aumenti dall’1% al 10% nella ristorazione, e dal 10% all’80% nel settore dei servizi. 

Il tutto nel giro di 24 ore.

E come sempre avviene in questi casi c’è un bene che diventa in un certo senso “la prova provata”, la “pistola fumante” della speculazione, ed i croati la stanno indicando nei prodotti da forno e nel caffè. 

E cosa si può dire ad un cittadino che va al bar al mattino a prendere un caffè che fino al 31 dicembre costava 8 kune,  e dal primo gennaio non costa 1,09 euro come sarebbe da conversione ufficiale, bensì 1,20 euro o addirittura 1,50?

Come andrà a finire io una mezza idea già ce l’ho, e cioè che, al di là di tutti i discorsi dei governanti croati, i prezzi in euro si assesteranno inevitabilmente a livelli superiori al “prima”.

In altre parole, per quanto io sia da sempre un convinto sostenitore dell’utilità di avere una moneta unica, almeno nella fase di introduzione, come avvenuto in Italia, l’euro riuscirà nella “magia” di peggiorare le condizioni di vita di chi vive a reddito fisso, e delle fasce meno abbienti della popolazione.

Il che conferma quella che per me è una grande verità; che il controllo dei prezzi in una economia di mercato è quanto di più difficile da realizzare per qualsiasi Governo, come dimostra l’attualità italiana con le polemiche sulle supposte speculazioni sui prezzi di benzina e gasolio.

Umberto Baldo 

VICENZA CITTA UNIVERSITARIA
AGSM AIM
duepunti
UNICHIMICA

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