27 Marzo 2024 - 9.36

Perché l’Antitrust Usa azzanna la “Mela”?

Umberto Baldo

Io sono da sempre un convinto estimatore di Apple.

E chi condivide questa mia passione credo sappia il perché.

Non sono assolutamente convinto che gli altri Costruttori, e parlo di colossi come Samsung, Xiaomi e Oppo, solo per citarne alcuni, costruiscano e commercializzino prodotti qualitativamente inferiori.

Lo so bene che non è così, ma in realtà quello che si compra acquistando un prodotto della “Mela” è un intero mondo, un mondo in cui tutti i device sono perfettamente integrati fra di loro.

E a Cupertino, sede della Apple, questo lo sanno, perché sono decenni che lavorano perché sia così, e questo “mondo” se lo fanno pagare caro, nel senso che sono il primo ad ammettere che il costo di un Iphone o di un Mac  è piuttosto alto.

Quando parlo di “mondo Apple” parlo di hardware e software. 

Il che vuol dire che quando mi sveglio al mattino il mio Apple Watch mi riferisce quante ore ho dormito, e la media del battito cardiaco notturno (sempre che mi interessi eh).

Se lo interpello a voce mi racconta le ultime notizie, mi ricorda gli appuntamenti del giorno, e posso scorrere sul quadrante i messaggi che mi sono arrivati sull’Iphone durante la notte.

Va da sé che se ad esempio voglio mettere in modalità silenziosa il mio MacBook, lo possa fare direttamente dall’orologio.

Passando agli altri device, posso traferire sull’ICloud tutti i file che voglio, e li posso consultare ovunque mi trovi.

Voglio pagare la colazione; pronto il Wallet di Apple.

Faccio due passi; indosso gli AirPods e ascolto il mio cantante preferito su Apple Music mentre passeggio, o magari le ultime notizie collegandomi ad una stazione radio. 

Non so se mi sono spiegato, ma alla fine il sogno di Steve Jobs si è realizzato, anche se lui non ha potuto vederlo compiuto, ed il suo iPhone  è diventato veramente l’innovazione delle innovazioni, il suo gioiello. 

Ecco perché affermo che quando acquisti un prodotto Apple compri un “mondo”; perché compri un intero ecosistema fatto di iPhone, iWatch, iPad, iMac, Wallet, AirPod, Apple Store.

Un mondo in cui tutto è connesso, e tutto funziona, in cui c’è un filo che lega hardware, software, servizi e dati personali.

E chi come me da lungo tempo utilizza la gamma dei device della Mela, si è reso conto che, anno dopo anno, Apple ha lavorato per unificare i sistemi operativi (IOS e OS) in modo che alla fine il sistema sia uno solo, valido per tutti.

Come vi dicevo, può piacere o non piacere, e sono certo che chi fra voi odia Apple sta digrignando i denti, magari pensando che non capisco un “c….” o sono un po’ via di testa; ma chi apprezza un sistema veramente integrato, a mio avviso non può prescindere da Apple, la quale da parte sua presta un’attenzione al cliente che non ho mai trovato in altri produttori, e soprattutto è prodiga di continui aggiornamenti del software. 

Certo c’è il contraltare che il mondo Apple è giocoforza un mondo chiuso, e proprio questo sta alla base dell’attacco del  Governo americano,  secondo cui “quel mondo perfetto, ma chiuso, intrappola il consumatore senza farlo più uscire, con il chiaro fine di spremerlo economicamente”.

Di cosa sto parlando?

Del fatto che giovedì 21 marzo il Governo Usa ha fatto causa ad Apple, accusandola di monopolio illegale.

E per capire la qualità dell’attacco, basti dire che il Procuratore Generale Merrick Garland ha spiegato in conferenza stampa che Apple controlla oltre il 70% del mercato Usa degli Smartphone, accusando l’azienda di “aver mantenuto il monopolio non perché ha prodotto una tecnologia superiore, ma perché ha limitato ed utilizzato tattiche di esclusione nei confronti della concorrenza”.

Come corollario dell’accusa, sempre secondo l’antitrust Usa,  l’Azienda di Cupertino avrebbe reso praticamente impossibile lo scambio di messaggi con tutto ciò che gravita al di fuori dall’ecosistema della Mela; avrebbe posto limiti ai servizi di cloud streaming su dispositivi mobili; renderebbe difficilissimo connettere uno smartwatch da polso estraneo al proprio sistema; imporrebbe delle restrizioni agli sviluppatori, ai videogiochi e all’offerta di applicazioni in grado di competere con i prodotti Apple.

Se vi sembrano accuse da poco!

Viene da chiedersi, ma perché di tutto questo il Governo Usa se ne accorge solo oggi?

Perché fino ad ora nessuno ha mai detto che servivano regole, consentendo non solo ad Apple di diventare una società da quasi 2,75 trilioni di dollari, ma  anche alle altre Big Tech di creare macchine fabbrica soldi perfette, di plasmare un “ambiente” perfettamente congeniale alle proprie attività commerciali?

La verità, a voler essere onesti, è che dopo decenni in cui più che parlare a vuoto dell’opportunità di introdurre delle regole non si è fatto altro, il momento della legislazione non è mai arrivato, tanto che oggi di fatto Apple, Amazon, Meta, Alphabet, Tesla, Microsoft e Nvidia detengono una sorta di sovranità digitale.

Certo in tutte le cose “non è mai troppo tardi”, ma perché non ci si è mossi prima, perché si è consentito alle Big Tech di capitalizzare in borsa somme superiori al Pil di moltissimi Stati sovrani?

Perché adesso?

A mio avviso il motivo ha, come spesso succede in questi casi, a che fare molto con la politica,

Nel senso che negli Usa c’è un certo risveglio dell’Antitrust dopo un’eclissi di decenni, c’è la maturazione di un sentimento antimonopolista e anti big tech nei cittadini,  cui si aggiunge  senza dubbio un po’ di populismo del governo Biden, alle prese con la sfida contro Trump. 

La causa contro Apple infatti arriva buona ultima dopo quelle intentate dal Governo Usa contro Google, Amazon e Facebook: e viene il sospetto che dietro ci sia il desiderio di Joe Biden di passare alla storia come il Presidente che ha accusato i quattro maggiori gruppi tecnologici americani di comportamenti monopolistici.

Non credo vada neppure trascurata un po’ di competizione con l’Unione Europea, che dando vita ad un contesto di  crescente controllo normativo  del settore, ha approvato il Digital Service Act, l’IA Act ed il Digital Markets Act, che impongono nuove regole alle aziende tecnologiche, nel tentativo di favorire una maggiore concorrenza nei mercati digitali. 

Non dimentichiamo che, ai sensi di queste nuove normative, l’Ue ha costretto proprio Apple a consentire agli utenti dei suoi prodotti di scaricare app da App Store di terze parti.

Se ancora non bastasse, ricordo che anche la Cina è in guerra con Apple, tanto da aver vietato ai dipendenti delle aziende statali e dei dipartimenti governativi, di utilizzare iPhone e altri dispositivi stranieri sul luogo di lavoro.

Relativamente alle accuse dell’Antitrust di “casa”, Apple ha dichiarato che si difenderà nelle sedi opportune, e sappiamo tutti che queste cause durano anni, e quando finiscono spesso sono cambiate le “condizioni” per cui sono state promosse.

Da osservatore mi verrebbe da dire “a caldo” che, per certi versi, nell’Antitrust americana mi sembra di annusare un po’ di “masochismo”, perché andare a rompere le uova nel paniere alla principale azienda a stelle e strisce del settore della tecnologia, non può che favorire alla lunga la concorrenza di aziende di altri Paesi.

Ed in questa fase di pesante competizione a livello geopolitico, in cui altre Potenze cercano di ridimensionare a scalzare il ruolo degli Usa, francamente non mi sembra una mossa particolarmente intelligente.

Umberto Baldo

VICENZA CITTA UNIVERSITARIA
AGSM AIM
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