29 Giugno 2023 - 8.38

Pacco, doppio pacco e contropaccotto

Cosa volete, per quanto uno cerchi di rimanere serio di fronte a problematiche che condizionano pesantemente il futuro del Paese, a volte una sola espressione in un discorso di un leader strappa un sorriso (se non una risata), perché richiama alla memoria situazioni mirabilmente portate sullo schermo da maestri del cinema.

E così, ascoltando le comunicazioni al Parlamento della premier Giorgia Meloni in vista del Consiglio Europeo di oggi e domani, non credo di essere stato il solo cui è ritornato in mente un film del compianto Nanni Loy “Pacco, doppio pacco e  contropaccotto”.

A risvegliare il ricordo è stato questo passaggio, pronunciato dalla Presidente del Consiglio con voce roboante e postura tribunizia: “L’interesse dell’Italia oggi è affrontare il negoziato sulla nuova governance europea con un approccio a pacchetto, nel quale le regole del patto di stabilità, il completamento dell’Unione bancaria e i meccanismi di salvaguardia finanziaria si discutano nel loro complesso, nel rispetto del nostro interesse nazionale. Prima ancora di una questione di merito c’è una questione di metodo su come si faccia a difendere l’interesse nazionale italiano”. 

Per chi abbia qualche difficoltà a comprendere a cosa si riferisse la Premier, specifico che siamo all’ennesimo “teatrino sovranista” sulla ratifica del Mes. 

Ed in quell’espressione “approccio a pacchetto” (forse a qualcuno potrà sembrare un po’ forzata l’assonanza fra pacchetto a paccotto, ma così mi è venuta) si nasconde il tentativo di giustificare l’intenzione dell’Esecutivo di rinviare almeno fino a settembre, e forse oltre,  un dossier su cui l’Italia si avvita dal 2020, e sul quale è evidente che Giorgia Meloni non ha  la forza di decidere. 

Tralascio volutamente di illustrare cosa sia il Meccanismo Europeo  di Stabilità; ne ho scritto svariate volte, e mi auguro che voi lettori conosciate  a grandi linee i contenuti di questo trattato che tutti (ma proprio tutti) gli altri Paesi della Ue hanno ratificato, e che solo l’Italia ha difficoltà a far passare in Parlamento, così mostrando tutta la pochezza e l’inaffidabilità della nostra classe politica. 

Va comunque ricordato, a scanso equivoci, che il nostro Paese il Mes lo ha approvato nell’attuale formulazione nel 2012 (già, esiste da allora!), e nel 2020 anche nella versione modificata, quella che ancora aspetta di essere ratificata definitivamente dalle Camere.

Non so se la trovata dell‘ “approccio a pacchetto” la Meloni l’abbia scovata in qualche pagina poco nota del Principe di Machiavelli, perché questa espressione farebbe pensare ad una precisa  “alta strategia” dei nostri Demostene, che detta in poche parole consisterebbe nell’usare il via libera alla ratifica del Mes per negoziare condizioni più vantaggiose in altre partite, illudendosi così, in una logica di “do ut des”, di poter tenere in ostaggio l’intera Unione Europea per avere in cambio un Patto di Stabilità meno  rigoroso, l’Unione Bancaria, e perché no, magari…. anche una bambolina per la premier  ed un trenino per il suo vice Salvini.

Scherzi a parte, non a caso ho usato il verbo “illudersi”; e che si tratti di una illusione lo sa bene il Ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, che nei mesi scorsi in tutte le riunioni in cui ha cercato di giustificare ai suoi colleghi la posizione italiana arrampicandosi sugli specchi, si è sentito dire, per quanto in linguaggio diplomatico,  che non sarà l’Europa ad offrire alla Lega e a Fratelli d’Italia la via di fuga da dieci anni di devastante retorica anti-europea. 

E non si tratta di odio o malanimo verso Roma, come talvolta vorrebbero farci credere certi nostri politici. 

Semplicemente i partner europei non offriranno al governo gli argomenti per camuffare di fronte al proprio elettorato ciò che tutti i leader del centrodestra in Italia sanno essere inevitabile ed anche innocuo: una marcia indietro sostanziale, con la ratifica della riforma del Mes nei termini negoziati a fine 2020 dal secondo governo di Giuseppe Conte. 

Oltre a tutto ridiscutere, sulla base di una sorta di ricatto, un Trattato già approvato da tutti gli altri Paesi, costituirebbe un precedente piuttosto pericoloso per il futuro dell’Unione Europea. 

Poco importa agli altri Stati che adesso nel Belpaese sia cambiato il Governo.  Poco importa se la Meloni dall’opposizione, e anche Salvini, fossero contrari alla riforma del Mes. 

In politica, e soprattutto in quella internazionale, esiste un principio che insegnano al primo anno di Giurisprudenza, e che recita “Pacta sunt servanda”.

E dirigenti politici seri, degni di un Paese fondatore della Ue come l’Italia, non dovrebbero rischiare di fare la figura dei “magliari” al cospetto del mondo intero per difendere l’ultima ridotta populista!

Perché è inutile, e oserei dire penoso, girarci attorno.

Le polemiche sul Mes sono state una trincea sovranista su cui ha lucrato elettoralmente negli anni passati la destra italica, sia nella versione interpretata da Giorgia Meloni, che in quella messa in scena da Matteo Salvini.

Almeno si abbia il coraggio di ammettere che questo fantomatico “approccio a pacchetto”, tirato fuori dalla Meloni come un coniglio dal cilindro, serve all’attuale maggioranza solo a prendere tempo, a calciare la lattina in avanti, perché è difficile spiegare al proprio elettorato nutrito e coccolato con certi tabù sovranisti come stanno le cose in realtà.

Perché possiamo discutere finché vogliamo, ma la questione Mes trova giustificazioni solo all’interno della lotta politica italiana: in particolare quella fra Lega e Fratelli d’Italia per l’elettorato euroscettico, ora che mancano undici mesi alle Europee. 

Per essere più chiaro, è evidente come dietro alla riluttanza di ciascuno dei due Partiti a muovere per primo sul Mes ci sia il timore di lasciare al concorrente il voto sovranista alle prossime elezioni Europee.

Ed in quest’ottica non importa che Giorgia Meloni stia di fatto ridicolizzando il suo Ministro dell’Economia, costretto da mesi a farsi sbeffeggiare dagli altri Ministri Europei, e tutto per difendere le posizioni di maitre a penser come i leghisti Borghi e Bagnai.

Quindi la questione era ed è tutta politica, e di conseguenza non date retta allo “stigma” di cui parla la Meloni, che ci macchierebbe a vita, rendendoci schiavi di un Mes che limiterebbe la nostra indipendenza.  Non c’entra nulla, come non c’entrano nulla le affermazioni di Salvini secondo cui ratificando il Mes ci metteremmo “nelle mani di fondi stranieri e soggetti stranieri”.

Se ciò fosse vero, volete che i leader degli altri Stati europei, compresi gli amichetti della premier, tipo Orban o i polacchi, avrebbero ratificato il trattato senza discussioni?

Le verità, che tutti sanno, è che ratificare il Mes è una cosa, utilizzarlo un’altra.  E nessuno potrà mai obbligare l’Italia a farlo.

Allo stato dell’arte nessuna persona con un po’ di sale in zucca si meraviglierebbe di un cambio di passo del duo Meloni-Salvini, perché governare non è un set cinematografico, e adattarsi al nuovo ruolo fa parte del cambio di pelle richiesto ad una forza politica quando passa dall’opposizione alla responsabilità di Governo, dove confondere la vecchia retorica con la realtà diventa un gioco pericoloso per il Paese.

Quindi smettiamola una buona volta con le trovate immaginifiche tipo “l’approccio a pacchetto”, spacciate come difesa dell’interesse nazionale quando non sono in realtà che incapacità di chiudere la partita.     

Meloni e Salvini   si mettano in cuore in pace, la smettano con la vecchia pantomima sovranista, si liberino del totem elettorale delle cattive banche tedesche, le stesse che a loro dire avrebbero provocato la crisi finanziaria italiana, e portato nel 2011 alla caduta del governo Berlusconi.

Perché per non essere costretti dai mercati a ricorrere al Mes, solo per fare qualche esempio,  basta gestire oculatamente la finanza pubblica, basta non buttare soldi a destra e a manca in bonus elettorali e spese inutili,  basta risparmiare dove si può risparmiare per ridurre il debito ed il deficit, basta introdurre un po’ di concorrenza per far crescere di più l’economia.

In altre parole basta governare bene!

Pacchi, doppi pacchi e contropaccotti lasciamoli alle memorie cinematografiche!

Umberto Baldo

PS: dell’altro “pacchetto europeo a sostegno della Tunisia” cui ha accennato la premier, quindi in tema di immigrazione (tanto per dire 60mila arrivi rispetto ai 26 mila dell’anno scorso di questi tempi), magari vi parlerò un’altra volta.

VICENZA CITTA UNIVERSITARIA
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