25 Ottobre 2022 - 11.46

La Pontida School of Economics e l’autonomia del Veneto

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Ricordate che quando si era ancora alla fase delle trattative per il nuovo Governo scrissi che  Giorgia Meloni avrebbe fatto bene ad ispirarsi al detto “Dagli amici mi guardi Dio, che dai nemici mi guardo io”?

Non si trattava di preveggenza, bensì di concretezza, perché era chiaro fin da subito che Salvini e Berlusconi avrebbero fatto di tutto per rubare la scena a quella che forse ai loro occhi risulta come un’usurpatrice delle loro aspirazioni, ad essere premier il primo, padre nobile e guida della coalizione il secondo.

Sono certo sia ben chiaro anche alla neo premier che i problemi veri non le verranno da un’opposizione formata da un Pd allo sbando, in meno alle correnti e ai cacicchi, incapace finanche di capire quale possa essere la sua mission futura, o da un “Partito di Conte” impegnato a cavalcare tutte le tigri.

E quale potrebbe essere il futuro lo si è visto bene ieri, con un Salvini all’opera per assumere il ruolo di “Premier ombra”.

Un Salvini scatenato, che nel suo primo giorno da ministro delle Infrastrutture, seduto alla sua scrivania dalle nove del mattino,  ha ricevuto l’Ammiraglio Nicola Carlone, Comandante Generale delle Guardia Costiera per fare il punto sulla questione “sbarchi” dei migranti, per poi nel pomeriggio riunire la “Pontida School of Economics”, forte del neo Ministro all’Economia Giancarlo Giorgetti (colui che a mio avviso ha il ruolo meno invidiabile in questo Governo, stretto com’è fra i desiderata del Capitano e la realtà dei numeri) del senatore Claudio Durigon, responsabile del dipartimento Lavoro del partito; di Federico Freni, possibile sottosegretario all’Economia; dei senatori Claudio Borghi e Alberto Bagnai, responsabile economico del partito; del deputato Massimo Bitonci e dell’ex senatore Armando Siri.

Da questo concentrato di scienza economica, che forse il mondo ci invidia, sono alla fine uscite le priorità dell’agenda economica del Carroccio, quali “l’estensione della Flat Tax al 15%, quota 41, la riforma del reddito di cittadinanza e la pace fiscale (che non mi stancherò mai di dire che equivale a dire “condono”).

Le solite cose dette e ridette in campagna elettorale, ma che assumono un valore diverso se ribadite pubblicamente, e lanciate sui social, guarda caso il giorno prima del discorso con cui Giorgia Meloni chiederà la fiducia al Parlamento.

In questo sta a mio avviso la “fuga in avanti” del Capitano, pensata e voluta per dare l’impressione che la direzione di marcia del Governo sarà indicata dalla Lega.

Operazioni continuata con meticolosità alla sera nel salotto di Porta a Porta, in cui Salvini  oltre che aver ribadito la scaletta delle priorità, ha trovato anche lo spazio e la volontà per rilanciare il Ponte sullo Stretto di Messina.

Alla fine il  copione è risultato chiaro, ed è quello di presentare il leader della Lega come il “One Man Show” della politica italiana.

Immagino con quali urla di soddisfazione e di gioia sia stata accolta dai leghisti veneti l’individuazione del Ponte sullo Stretto come intervento prioritario per la Lega, quando lo Stato non ha messo un soldo sulla realizzazione della terza corsia della A4, nonostante i continui incidenti con un inaccettabile carico di morti.

Francamente mi sono stupito che fra le priorità uscite dal summit della Pontida School of Economics non ci sia stato alcun accenno all’autonomia differenziata.

E sì che il capitano dovrebbe sapere che forse quello dell’autonomia è l’unico tema che gli potrebbe fare recuperare consensi in Veneto e nel Nord Est, e probabilmente anche in Lombardia.

Credo che qualcuno gli abbia rappresentato la rabbia, la furia veneta.

Spero gli abbiano anche riferito che non è stato gradita la mancata indicazione di un Ministro Veneto della Lega, e che monta la protesta contro quella che qualcuno definisce “lombardopoli”, cioè la preponderanza di Ministri lombardi; oltre a Matteo Salvini, il bergamasco Roberto Calderoli, il varesotto Giancarlo Giorgetti, la comasca Alessandra Locatelli, il milanese Giuseppe Valditara.

Immagino gli abbiano riferito che i leghisti veneti non si sono sentiti  valorizzati dalla nomina di Lorenzo Fontana a Presidente della Camera, non solo perché si tratta di un ruolo eminentemente istituzionale, ma soprattutto perché Fontana viene percepito come un “salviniano di ferro poco legato al territorio”.

Ma i veneti sembrano non mollare, e immagino che il neo Ministro alle Autonomie Calderoli sappia che su di lui si concentrano molte aspettative.

Che si sia arrivato al “vedo” lo ha ben compreso Luca Zaia, tanto che nelle scorse ore ha dichiarato: “Il centrodestra non ha più alibi su questa storia. E voglio ricordare che Lega, FI e FdI hanno sostenuto quel quesito (il referendum celebrato 5 anni fa in Veneto) e il progetto presentato contestualmente. Lo dico a scanso di equivoci”. 

Chiudendo con un chiaro avvertimento: “Se il governo non garantirà un percorso verso l’autonomia del Veneto, il centrodestra farà fatica a presentarsi nuovamente in questi territori”.

Credo sia arrivato il momento per Luca Zaia di non limitarsi agli avvertimenti, che in questi cinque anni sono stati tanti e fino ad ora tutti inutili, e di far capire al Capitano ed al suo cerchio magico che in caso di ulteriori “calci del barattolo” sull’autonomia, la Liga veneta non potrà che trarre le dovute conseguenze, non esclusa la scissione.  

Così, tanto per non continuare a dare l’impressione di “abbaiare alla luna”.

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