10 Dicembre 2024 - 11.12

Tviweb alla Prima della Scala, tra signori e parvenu

Di Alessandro Cammarano

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L’inaugurazione della stagione d’opera del Teatro alla Scala è a tutti gli effetti una fantastica liturgia laica, un rito imprescindibile non solo per i melomani, ma anche e soprattutto per gli appassionati di cronaca mondana del quale non si può non dare conto.

Il resoconto che segue – il disclaimer è d’obbligo – sarà quello che una volta si sarebbe definito un “pezzo di costume”, ma, come da tradizione, ben lontano dal politicamente corretto; quindi, siete avvisati e dunque non vi era stato detto.

Dunque, la scelta dell’opera inaugurale è caduta sulla “Forza del destino”, titolo che gli addetti ai lavori non pronunciano senza prima aver proceduto ad una serie infinita di scongiuri, visto che è considerata parecchio portasfiga.

Al netto della superstizione non si può non ricordare che la prima, nel 1867 a San Pietroburgo, fu rinviata per un malore della protagonista, che al librettista Piave venne un ictus e che al Metropolitan di New York il baritono Leonard Warren restò secco mentre la cantava. Tutte coincidenze, credetemi, anche perché essere superstiziosi porta sfortuna, come diceva Flaubert.

L’Innominabile – meglio non chiamarla troppo col suo nome – è uno dei grandi capolavori del Verdi maturo e questa produzione scaligera le rende onore con una direzione e un cast superlativi oltre che con una regia convincente.

Esaurito il preambolo “colto” veniamo alla mondanità, che poi è la cosa divertente.

La sera del 7 dicembre alla Scala lo spettatore “vip” – spesso invitato da uno degli sponsor, arriva presto, sperando di essere ripresi da una delle numerose troupe presenti e, snobbato da RAI-Sky-Mediaset, tutte impegnate ad immortalare le persone veramente famose, si accontentano di sfilare davanti ad una cinepresa Super8 del TG Carugate.

Le “sciùre”, senza distinzione d’età, fresche di parrucchiere, esibiscono toilettes degne della cena di gala della fantozziana contessa Serbelloni Mazzanti Viendalmare: ed ecco dunque strascichi che si impicciano nei piedi della folla che riempie la “tonnara” – così si chiama il foyer del teatro la sera di Sant’Ambrogio – diademi, collier con smeraldi da settantadue carati, anelli di diamanti che paiono massimi rupestri.

Nell’ordine sono state avvistate la nonna di Crudelia deMon, la cugina grulla di Elsa – l’eroina di Frozen – e con lei la prozia di Crimilde con tanto di Gongolo a seguito.

Di contro si sono viste anche delle meravigliose carampane giurassiche, chiaramente appartenenti alla Milano “che conta” e non a quella, cafonissima, “che vorrebbe contare” abbigliate con eleganza sobria e con gioielli di famiglia da generazioni.

Tanti i “personaggi”, con Gianmarco Tamberi a monopolizzare le telecamere e comunque gentile con chiunque lo abbia fermato.

E poi Pierfrancesco Favino una volta tanto nei panni di se stesso, Chef Barbieri parecchio sulle sue e forse alla ricerca di polvere nelle scanalature delle colonne del Piermarini e Achille Lauro con uno smoking impeccabile.

La palma dell’eleganza va, ancora una volta, a Roberto Bolle, che non sbaglia un colpo ed è un gran signore.

Alla fine, tutti a cena, dileguandosi nella pioggia che sferza Piazza Scala, felici anche di esserci stati, con un pensiero a quelli che, vedendo la serata in TV si sono dovuti sorbire gli strafalcioni della tragicomica coppia Vesoa-Carlucci.

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