19 Settembre 2024 - 10.43

L’Italia è sempre quella dell’8 settembre

Erasmus

Non dimenticherò mai il racconto di mio padre sul “suo” 8 settembre 1943.

Essendo un ”classe 1924”  era sotto le armi, come buona parte della gioventù di allora, con il ruolo di marconista, e quel fatidico giorno era di passaggio per la caserma di Prato della Valle a Padova (mi sembra si trattasse del 58° fanteria).

Nella sua narrazione, triste ed accorata, mi ripeteva che dopo l’annuncio via radio dell’Armistizio fra Italia ed Alleati la caserma improvvisamente divenne una sorta di manicomio in cui tutti correvano senza sapere dove andare, in cui tutti erano alla ricerca di qualcuno che impartisse degli ordini, in cui tutti si ponevano la fatidica domanda “e adesso cosa succede, adesso io cosa faccio?”

Vista la malaparata, visto che tutti gli ufficiali, sia di alto che di basso grado, si erano resi irreperibili, abbandonando la truppa al proprio destino, mio padre decise assieme ad un amico commilitone di darsela a gambe, cercando in fretta e furia abiti civili, e inoltrandosi per la campagna verso casa, ovviamente camminando di notte. 

Tralascio il seguito perché non funzionale al mio ragionamento di oggi.

Queste vicende, comuni a milioni di quei ragazzi in divisa, abbandonati da quella Patria e da quel Re che avevano giurato di servire, mi sono tornate, non so dirvi per quale meccanismo mentale, leggendo le cronache di oggi.

Oggi il Parlamento Europeo voterà una risoluzione congiunta presentata da Popolari, Socialisti, Liberali, Verdi e Conservatori europei. 

Un fronte larghissimo, che abbraccia quasi l’intero arco delle forze politiche rappresentate nel parlamento di Strasburgo, escluse solo l’estrema sinistra e l’estrema destra filo-putiniana dei Patrioti capitanati da Viktor Orbán.

Il punto cruciale di questa risoluzione è il punto 8, nel quale si   “invita gli Stati membri a revocare immediatamente le restrizioni all’uso dei sistemi d’arma occidentali consegnati all’Ucraina contro legittimi obiettivi militari sul territorio russo, che ostacolano la capacità dell’Ucraina di esercitare pienamente il suo diritto all’autodifesa secondo il diritto pubblico internazionale e lasciano l’Ucraina esposta ad attacchi alla sua popolazione e alle sue infrastrutture”.

Si tratta di una presa di posizione netta contro le armi russe, ma anche iraniane e nordcoreane, che colpiscono ogni giorno asili, ospedali e centri commerciali ucraini nelle ore di punta, per uccidere quanti più civili possibile (e sempre più spesso anche due volte di seguito nel giro di un’ora, per assassinare pure i soccorritori).

Lo capisce anche un bambino che negare agli Ucraini di poter colpire le basi di Putin, spesso ubicate a pochi chilometri dal confine in territorio russo, equivale a pretendere che uno affronti un avversario che imbraccia un mitra utilizzando solo una fionda. 

La domanda che viene spontanea è “come voteranno gli europarlamentari italiani?”

Qui viene il bello.

Perché quasi sicuramente, almeno stando alle indiscrezioni, tutto l’arco politico italiano, Partito Democratico, Fratelli d’Italia, Forza Italia, Lega, Movimento 5 Stelle Alleanza Verdi e Sinistra, voterà contro l’uso delle armi occidentali per colpire le basi russe da cui partono gli attacchi.

Ma la “furbizia” cui ricorreranno, in particolare i deputati del Pd, sarà quella di votare contro il punto 8, per poi approvare la risoluzione nel suo complesso. 

Certo qualche “coraggioso” deputato isolato avrà il coraggio di votare anche il punto 8, come pure ci saranno i pacifisti senza se e senza ma, tipo Marco Tarquinio, che invece rifiuteranno l’intera risoluzione.

Il risultato sarà da un lato che la maggioranza schleiniana dei Dem voterà in modo diverso dal gruppo dei Socialisti e Democratici europei (che sono a favore del punto 8), e dall’altro che Maggioranza e Opposizione italiche si segnaleranno per un quasi unanime No alle armi contro le basi russe. 

Francamente non mi sembra proprio un bel vedere questa “unità nazionale” contro un popolo offeso si, ma ancora disposto a lottare per la propria libertà (e in fondo anche per la nostra).

Ne uscirà l’immagine di un paese alla rovescia in cui è  un No (giustificato ricorrendo alla Carta Costituzionale) a unire praticamente tutti i Partiti, al di là di ipocrite e furbesche distinzioni nel comportamento di voto, come appunto quella di votare contro o astenersi sul singolo punto per poi votare a favore del testo che lo contiene. 

Raffinatezze in puro stampo “machiavellico”, pensate e messe in campo al solo scopo di confermare i peggiori stereotipi sul nostro Paese, specie in tempo di guerra com’è questo, nonostante ci si ostini a negarlo.

E qui torniamo a quell’8 settembre da cui sono partito, e dalla memoria di mio padre che me lo raccontava con immensa tristezza.

Perché, guardando all’oggi, la mia impressione è che noi italiani da quell’8 settembre non ci siamo più ripresi.

Lasciate perdere la retorica successiva, che tende ad individuare nell’8 settembre la data della “rinascita” dell’Italia.

Non è  così, almeno a mio avviso, perché la filosofia che uscì dall’8 settembre fu quella del “si salvi chi può”, del “ognuno per sé e Dio per tutti”,  del “ciascuno badi  a se stesso, ai propri cari, e ai propri interessi”.

Mio padre mi disse sempre che divenne repubblicano (nel senso di sostenitore della Repubblica)  proprio dopo il “suo” 8 settembre.

E non credo sia stato un caso, perché secondo me da quell’ 8 settembre  parte il disprezzo degli italiani per le classi dirigenti, per la loro voglia di scappare dalla storia rifugiandosi al Sud,  o quantomeno di defilarsi e passare inosservati, pronte a riprendere il proprio ruolo una volta passata la tempesta, come se nulla fosse accaduto.

Alla fine il lascito dell’8 settembre è la filosofia del chiamarsi fuori,  del dire  “io non c’entro”, di evitare le posizioni nette e decise, con le relative responsabilità. In fondo se stai in mezzo non puoi sbagliare, non ti notano e non hai fastidi. 
Se le cose oggi all’Europarlamento andranno come sembra ormai scontato, sarebbe un autogoal politico, un cedimento morale, perché equivarrebbe a dire “ma in fondo cosa ce ne frega delle donne, dei vecchi, dei bambini ucraini massacrati delle bombe del nuovo Zar di tutte le Russie?”.

E sarebbe proprio bello sapere come i nostri pacifisti “da fiaccolata” voterebbero se a rischiare di perdere la vita fossero i nostri bambini!

Erasmus

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