26 Settembre 2024 - 9.39

La parabola crescente di Ursula Von der Layen

Umberto Baldo

Quando il 1 dicembre 2019  il lussemburghese Jean Claude Juncker lasciò la Presidenza della Commissione Europea alla tedesca Ursula von del Leyen, in molti ci ponemmo la domanda  “chi è costei?”

Già perché Ursula von der Leyen esattamente cinque anni fa era solo una semi sconosciuta donna politica tedesca, che era stata ministro del Lavoro e poi della Difesa, in una Germania nella quale, ai tempi, l’esercito era talmente scalcagnato che per le esercitazioni i militari usavano fucili di legno (immagino facendo buuumm o bang  con la bocca).

Si sapeva che era una fedelissima di Angela Merkel, che allora dava ancora le carte in Europa,  (non a caso è stata l’unica ad aver prestato servizio ininterrottamente al Governo da quando la Merkel era diventata Cancelliera), e tanto bastò perché la Merkel convincesse Emmanuel Macron a derogare alla regola non scritta dello spitzenkandidat (secondo la quale il nuovo Presidente doveva essere Manfred Weber in quanto leader europeo del Ppe, il più rappresentato all’Europarlamento), e a sostenere la nomina di questa “illustre sconosciuta”, all’apparenza mite e delicata, che però, anno dopo anno, si è dimostrata essere fatta delle stessa pasta della sua mentore, di acciaio.

La Von der Leyen (nata Ursula Albrecht) ha respirato politica e aria d’Europa fin da bambina. 

Nata nel 1958 a Ixelles, nella Regione di Bruxelles, nella Capitale belga ha trascorso gran parte della propria infanzia fino all’età di 13 ann, in quanto il padre Ernst Albrecht , ex Ministro-Presidente della Bassa Sassonia,  ha lavorato come uno dei primi funzionari pubblici europei presso la Commissione.

Nel 1986 ha sposato il medico Heiko von der Leyen, discendente di una nobile famiglia tedesca, conosciuto ai tempi dell’università (è laureata anche lei in Medicina).

E’ una donna prolifica, in quanto ha sfornato sette figli (tra cui due gemelle), nati fra il 1988 e il 1999.

Per di più, e ciò non guasta per il suo ruolo, parla fluentemente tedesco, francese e inglese.

Tornando al suo ruolo di Presidente della Commissione, quando nel 2020 arrivò il Covid, per la prima volta lei mostrò il suo carattere, e cosa era in grado di fare. 

In sostanza, dopo qualche settimana, mise tutti i Governi della Ue in linea, e di fatto si prese la gestione della pandemia (secondo la maggioranza degli osservatori piuttosto bene).

Finita l’epidemia, nel 2022 Vladimir Putin iniziò la sua “operazione speciale” in Ucraina. 

Qui il ruolo della Von der Leyen è stato sicuramente meno evidente, quasi defilato, anche per il ruolo giocato dalla Nato nella vicenda, ma in realtà anche qui è riuscita a mettere quasi tutti (a parte Orbàn, ma non si possono fare i miracoli) in fila in un solido fronte di sostegno a Kiev.

Come accennavo, la Signora ha dimostrato come si dice di “avere le p….”,  e lo si è visto nella fase di costituzione della squadra di Commissari, dopo la sua riconferma nel 2024, quando ha imposto a Macron di toglierle dai piedi Thierry Breton, commissario uscente, dotato di una statura internazionale notevole, ma con il vizio di entrare spesso in conflitto con lei. 

E così il Presidente francese, assecondandola, ha liquidato Breton, sostituendolo con il giovane Stéphane Séjournè, che nessuno ha mai giudicato uomo di un qualche spessore politico, ed è fra l’altro anche uno che non ha mai mostrato particolare passione per Bruxelles.

Dopo questo passaggio, Ursula Von der Leyen ha di fatto avuto in mano tutto, ed in perfetto allineamento con Manfred Weber, ha plasmato la nuova Commissione come ha voluto.

E onestamente ha mostrato di sapersi ben districare nel complesso di veti e contro-veti.

Lei, donna di centro destra, ha ad esempio accettato i voti dei Verdi per la sua conferma, tenendo lontani, in apparenza, quelli dei Conservatori, perché altrimenti avrebbe perso i socialisti, ed anche una parte dei popolari.

Dico in apparenza perché la nomina di Raffaele Fitto, per non trovarsi l’Italia sulle barricate, è stata una mossa non facile ma azzeccata, segno a mio avviso di una finezza politica non da poco, tanto da far pensare che il voto contrario che ebbe dall’Ecr (Meloni) alla sua conferma, fosse in realtà la copertura concordata in cambio di una Vice presidenza pesante.

Certo i 26 candidati Commissari devono ancora sottoporsi ad una audizione di conferma al Parlamento Europeo,  e può essere che alcuni di loro potrebbero soccombere durante l’esame, a causa di controversie passate, di mancanza di competenze, o semplicemente per ritorsione politica.

Ma c’è un dato inconfutabile; la Von der Leyen ha spostato con decisione l’Esecutivo europeo a destra. 

Quindici commissari al Partito popolare europeo (Ppe); cinque ai liberali di Renew Europe (RE); quattro della famiglia socialista (Maros Sefcovic sarebbe stato il quinto, ma si presenta come “indipendente”), uno ai Conservatori e riformisti europei (ECR) ed uno ai Patrioti d’Europa (anche qui Oliver Varhelyi si presenta come “indipendente”, ma è da anni uomo fedele e fidato del leader e fondatore dei PdE, Victor Orban). 

Per la prima volta, con Raffaele Fitto, una Vice presidenza esecutiva della Commissione europea va a un politico più a destra della famiglia Popolare europea. 

Unico neo, la Commissione 2024-2029 non ha raggiunto matematicamente la parità di genere, come avrebbe voluto la Von der Leyen, dato che saranno 11 le donne al tavolo; ma in compenso, oltre alla Presidente, la rappresentanza femminile ottiene 4 delle sei Vicepresidenze esecutive. 

In ogni caso Ursula Von der Leyen, di nuovo alla guida della Commissione europea per il prossimo quinquennio, in questa fase sta assumendo un ruolo sempre più rilevante negli equilibri geo politici mondiali.

Certo è cambiato l’Europarlamento, e forse anche la stessa Unione Europea.

Ma il motivo principale della “crescita di peso politico” di questa Presidente cristiana luterana praticante, membro della Chiesa protestante di Germania, merkeliana della prima ora, sta soprattutto nel fatto che Francia e Germania sono in fase di esaurimento della loro spinta economica e politica (Macron fatica a dare un Governo alla Francia, e Scholz non sa se arriverà a Natale).

Certo non è la prima volta che o l’una o l’altra delle due prime economie europee vive un momento di crisi, ma mai prima d’ora si erano indebolite così profondamente, e mai nello stesso momento. 

Tutto ciò ha creato un vuoto politico a Bruxelles, e poiché si sa che la politica non tollera vuoti, è naturale che quel vuoto al momento lo stia riempiendo Ursula von der Layen.

Umberto Baldo

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