Il Paese degli ignoranti
Umberto Baldo
Immagino che per la quasi totalità degli italiani l’annuale Rapporto del Censis (siamo al 58° anno) sia solo un titolo sui giornali, cui non dedicare neppure cinque minuti di lettura.
Scommetterei che lo stesso non verrà scorso neppure dai nostri Demostene; anche se, credetemi, una classe dirigente degna di questo nome potrebbe trarne qualche utile indicazione.
Forse so di esagerare, ma vi do un consiglio; se avete un po’ di tempo, sfogliatelo, perché c’è molto su cui riflettere ( https://www.censis.it/rapporto-annuale/sindrome-italiana).
E’ impossibile in poco spazio concentrare tutti i dati e le riflessioni esposte nel Rapporto, ma se dovessi riassumerlo in poche parole direi che l’Italia di oggi è un Paese che galleggia. O meglio, che continua a galleggiare, intrappolato in quella che il Censis definisce «la sindrome italiana», ovvero una «continuità nella medietà» dietro la quale si nascondono diverse insidie. Se il ceto medio si sfibra (i redditi sono inferiori del 7% rispetto a vent’anni fa) aumenta a livelli record l’astensionismo alle urne, e poi fermenta l’antioccidentalismo, si incrina la fede nelle democrazie liberali, ed in parallelo si infiamma la guerra delle identità sessuali, etnico-culturali e religiose.
Poi nell’ambito della “sindrome italiana” c’è l’aspetto che, forse per una mia deformazione mentale, mi interessa particolarmente, quello della scuola.
Voi sapete che sul declino, meglio sul degrado, della scuola, sono anni che scrivo, e talvolta avevo la sensazione di essere la classica “vox clamantis in deserto”.
Ma dalla pubblicazione del Rapporto 2024 mi sento un po’ meno solo, perché la descrizione del sistema scolastico italico che ne esce è impietosa, direi agghiacciante.
A partire dal titolo del paragrafo dedicato al tema: “Il Paese degli ignoranti”.
Credo che meglio del mio commento siano le testuali parole del Rapporto a tale riguardo: “Il Paese degli ignoranti. Siamo culturalmente preparati al salto d’epoca? La mancanza di conoscenze di base rende i cittadini più disorientati e vulnerabili. Per quanto riguarda il sistema scolastico, non raggiungono i traguardi di apprendimento in italiano: il 24,5% degli alunni al termine delle primarie, il 39,9% al termine delle medie, il 43,5% al termine delle superiori (negli istituti professionali il dato sale vertiginosamente all’80,0%). In matematica: il 31,8% alle primarie, il 44,0% alle medie e il 47,5% alle superiori (il picco si registra ancora negli istituti professionali, con l’81,0%). Il 49,7% degli italiani non sa indicare correttamente l’anno della Rivoluzione francese, il 30,3% non sa chi è Giuseppe Mazzini (per il 19,3% è stato un politico della prima Repubblica), per il 32,4% la Cappella Sistina è stata affrescata da Giotto o da Leonardo, per il 6,1% il sommo poeta Dante Alighieri non è l’autore delle cantiche della Divina Commedia. Mentre si discute di egemonia culturale, per molti italiani si pone invece il problema di una cittadinanza culturale ancora di là da venire (del resto, per il 5,8% il «culturista» è una «persona di cultura»). Nel limbo dell’ignoranza possono attecchire stereotipi e pregiudizi: il 20,9% degli italiani asserisce che gli ebrei dominano il mondo tramite la finanza, il 15,3% crede che l’omosessualità sia una malattia, il 13,1% ritiene che l’intelligenza delle persone dipenda dalla loro etnia, per il 9,2% la propensione a delinquere avrebbe una origine genetica (si nasce criminali, insomma), per l’8,3% islam e jihadismo sono la stessa cosa”.
Vediamo quindi qualche dato su questa diffusa carenza di conoscenze di base, segno di un Paese che è ufficialmente arretrato ad un livello di “subcultura“.
I livelli di apprendimento scolastico;
Lingua italiana: Il 24,5% non raggiunge gli standard alla fine delle scuole primarie, il 39,9% al terzo anno delle medie, e il 43,5% all’ultimo anno delle superiori (dato che sale all’80% negli istituti professionali).
Matematica: Situazione simile, con il 31,8% di insufficienze alle primarie, il 44% alle medie, e il 47,5% alle superiori (81% negli istituti professionali).
Conoscenze storiche, culturali e geografiche (rilevate in tutte le fasce di età):
Storia nazionale: Il 55,2% non sa che Mussolini fu destituito nel 1943, il 30,3% non conosce Giuseppe Mazzini (alcuni lo confondono con un politico della prima Repubblica), e il 28,8% ignora la data di entrata in vigore della Costituzione.
Storia mondiale: Quasi la metà degli italiani non conosce l’anno della Rivoluzione francese (49,7%), e molti non sanno l’anno dello sbarco sulla Luna (42,1%), della caduta del Muro di Berlino (25,1%) o identificare Richard Nixon come ex Presidente USA.
Letteratura italiana: Il 41,1% attribuisce erroneamente L’Infinito a D’Annunzio, mentre il 18,4% confonde Giovanni Pascoli con l’autore dei Promessi Sposi.
Arte italiana: Il 35,9% pensa che Giuseppe Verdi abbia scritto l’Inno di Mameli, e il 32,4% attribuisce la Cappella Sistina a Giotto o Leonardo anziché a Michelangelo.
Geografia: Il 23,8% degli italiani non sa che Oslo è la capitale della Norvegia, e il 29,5% non identifica Potenza come capoluogo della Basilicata.
Competenze matematiche e istituzionali:
Calcoli basilari: Per il 12,9% degli italiani, la moltiplicazione di 7×8 non dà necessariamente 56.
Conoscenza istituzionale: Più della metà (53,4%) attribuisce il potere esecutivo a organi diversi dal Governo, come Parlamento o Magistratura.
Questi dati evidenziano una cittadinanza culturale ancora incompleta per molti italiani.
L’ignoranza diffusa rappresenta una minaccia per la democrazia, poiché riduce la capacità dei cittadini di valutare proposte politiche e riconoscere manipolazioni o falsità (non a caso i social come Tik Tok diventano le principali fonti di informazione ed “acculturazione”)
Ciò perchél’ignoranza alimenta stereotipi e convinzioni antiscientifiche.
Guardate, io ho ormai l’impressione che l’ignoranza sia diventato quasi uno “status” da esibire in Tv, che inorgoglisce tanti leoni da testiera, che alimenta gli odiatori nel dibattito pubblico, ed i demagoghi in quello politico.
Se pensate che io voglia addebitare questa realtà a Giorgia Meloni ed alla destra vi sbagliate di grosso.
Anzi è vero il contrario, perché il declino della scuola è iniziato dal 1968, e da certe ideologie della sinistra (dalla lotta al presunto autoritarismo dei Professori, al 6 politico).
Da allora c’è stata una vera e propria corsa alla destrutturazione della scuola, e se adesso la nostra didattica è orientata a fare della scuola un momento ludico per i ragazzi, se l’obiettivo primario è quello di non lasciare indietro nessuno, il che comporta fatalmente abbassare il benckmark didattico ai ragazzi meno dotati o meno interessati ad imparare, se l’autorità del corpo docente è stata via via erosa da genitori che pretendono promozioni immeritate, se ai docenti è stata tolta ogni arma di difesa di fronte al bullismo imperante, vi stupite se il Censis definisce l’Italia la Fabbrica degli ignoranti?
Vi stupite se i sistemi scolastici degli altri Paesi sviluppati sono migliori del nostro (tanto che i ricchi i propri figli li mandano a studiare all’estero)?
La verità è che fuori dalla nostra “Repubblica di Pulcinella” pensano ancora che la scuola non debba essere “democratica, partecipativa e ludica”.
Lì pensano ancora che la scuola debba prevedere ruoli distinti; fra chi sa e deve insegnare, e chi non sa e deve apprendere!
Senza se e senza ma!
Umberto Baldo