18 Luglio 2017 - 10.05

VICENZA – Terminato l’inventario delle Carte Meneghello in Bertoliana

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Quest’anno ricorrono i 10 anni dalla scomparsa dello scrittore, mancato il 26 giugno 2007, e la Bertoliana, custode – insieme al Centro Manoscritti dell’Università di Pavia – di una parte dei cospicui carteggi di Meneghello, aprirà simbolicamente l’archivio delle sue carte dopo l’intervento di ordinamento e inventariazione durato sei mesi. Le Carte Luigi Meneghello furono donate dallo scrittore alla Bertoliana nel 1999, con il vincolo che rimanessero sigillate fino a sua diversa disposizione; solo l’11 novembre scorso, in una cerimonia pubblica a Palazzo Cordellina, si è potuti procedere alla loro apertura. Oggi queste carte tornano a vivere e a raccontarsi, offrendo, attraverso la corrispondenza con gli editori e gli scambi epistolari con familiari e amici, uno strategico punto d’osservazione sulla vita pubblica e privata di Luigi Meneghello. I 51 fascicoli complessivi del carteggio – che Meneghello aveva già organizzato in fascicoli prima della donazione – contano 4.074 lettere; tra queste, numerose sono le copie e le bozze di lettere scritte dallo stesso Meneghello. La “Corrispondenza relativa alle pubblicazioni” (23 fascicoli) offre testimonianze preziose sull’accoglienza che i libri del maladense ebbero nel mondo della cultura e non solo. A proposito de “I piccoli maestri”, Meneghello scrive a Giangiacomo Feltrinelli, che lo pubblicherà nel 1964: “Come libro è infinitamente più leggibile del Malo, questa volta l’ho scritto anche per farmi leggere. C’è dentro tutto quello che sento sulla resistenza (anche il dolore e lo smarrimento), ma se il libro riuscirà come lo voglio io, dovrà essere soprattutto un racconto attraente, cordiale, senza gli umori secchi e aggressivi del Malo”. Arriva addirittura a polemizzare con la politica editoriali di Feltrinelli affermando che “il libro ha impostazione nazionale, non regionale. Se vuol dare al libro le sue chances, lei deve adottare una impostazione nazionale immediatamente e d’emblée, non in seguito e per gradi […]. Guardi che se lei non mi dà retta sciuperà un’altra occasione rara, e sarà l’ultima per quanto mi riguarda”. Torna costantememente a galla negli scambi epistolari con editori e amici anche la questione dell’uso del dialetto. Per Meneghello il dialetto (impossibile da tradurre senza disperderne buona parte della carica energetica) non rappresenta semplicemente un insieme di espressioni vernacolari, ma piuttosto un modo di percepire il mondo e certe sue sfumature, al punto tale da affermare in “Pomo Pero” che «morendo una lingua non muoiono certe alternative per dire le cose, ma muoiono certe cose». E un entusiasta Goffredo Parise gli scrive a proposito di “Pomo Pero” e “Fiori italiani”: “Vi ho trovato delle parole in dialetto (ma sia chiaro che tu non sei affatto uno scrittore dialettale) che hanno agito potentemente. Profumi, odori, sapori, luci sono usciti magicamente da quelle parole come per una infanzia rinata”. Sono oltre 700 i corrispondenti delle lettere, scritte tra il 1949 al 1999; tra tutti spiccano i nomi degli amici di una vita, Gigi Ghirotti, Licisco Magagnato, Elio Chinol, Franco Marenco, Giulio Lepshy, Ursula Martindale.    L’inventario delle Carte Meneghello è consultabile nel sito della biblioteca Bertoliana.

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