13 Aprile 2017 - 13.50

VICENZA – Risi e bisi, un piatto che presto potrebbe finire in soffitta

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VICENZA – “È giunto il momento che anche il riso abbia l’etichettatura d’origine, per consentire al consumatore di scegliere il prodotto che ritiene più affidabile e sicuro. Per questo oggi, con una delegazione vicentina di produttori di riso di Grumolo delle Abbadesse, siamo a Roma per protestare e far sentire la nostra voce, pretendendo il riconoscimento del valore e dell’identità del riso italiano”.

Con queste parole il presidente provinciale di Coldiretti Vicenza, Martino Cerantola ed il direttore Roberto Palù intervengono in occasione del sit in promosso a Roma davanti al Mipaaf, con risicoltori vicentini, veronesi e rodigini, gli stessi che coltivano oltre tremila ettari del territorio regionali e gestiscono 120 aziende. Gli agricoltori devono vendere oggi ben tre chili di risone per pagarsi un caffè, a causa di speculazioni ed inganni che colpiscono le risaie nazionali e danneggiano i consumatori. È quanto emerge dal Dossier “#SosRisoItaliano” elaborato dalla Coldiretti, che ha denunciato l’aumento di almeno cinque volte dei prezzi dalla risaia alla tavola.

“Il risone italiano viene pagato tra i 32 ed i 36 centesimi al chilo per l’Arborio e dai 33 ai 38 centesimi al chilo per il Carnaroli – sottolineano Cerantola e Palù – mentre le varietà che arrivano dall’Asia vengono pagate ad un prezzo che è circa la metà di quanto costa produrle in Italia, nel rispetto delle norme sulla sicurezza alimentare ed ambientale e dei diritti dei lavoratori, secondo il Dossier della Coldiretti”.

Nonostante la produzione nazionale sia più che sufficiente a soddisfare il fabbisogno interno, si osserva un aumento del 346% degli arrivi dal Vietnam e del 34% dalla Thailandia, cui seguono India, Pakistan e Cambogia. “Il risultato è che un pacco di riso su quattro è straniero, ma il consumatore non lo può sapere e non è in grado di fare scelte di acquisto consapevoli – aggiungono Cerantola e Palù – per la mancanza dell’obbligo di indicare in etichetta la provenienza. Il nostro riso, vicentino e veneto in generale, è un’eccellenza che non può scomparire, anche perché consente di mantenere vivi i piatti della tradizione, risi e bisi, ma anche i diversi tipi di risotto che rappresentano un vero e proprio must per la nostra cucina”.

Sotto accusa è l’introduzione da parte dell’Ue del sistema tariffario agevolato a dazio zero per i Paesi che operano in regime EBA (Tutto tranne le armi), con il riso lavorato importato in Europa senza essere sottoposto a dazi che è passato dal 35% del 2008/2009 al 68% del 2015/2016, secondo l’analisi della Coldiretti. Un regalo alle multinazionali del commercio che sfruttano il lavoro anche minorile e impiegano intensivamente prodotti chimici vietati in Europa con danni sulla salute e sull’ambiente.

“Il riso made in Italy è una realtà da primato per qualità, tipicità e sostenibilità che va difesa con l’obbligo di indicare in etichetta la provenienza, il blocco delle importazioni da Paesi che non rispettano le stesse normative vigenti in Italia in termini di caporalato, di rispetto ambientale e di impiego di prodotti chimici pericolosi per la salute ma anche con l’avvio di accordi di filiera e di formule assicurative sui ricavi a difesa del reddito – conclude il presidente nazionale della Coldiretti, Roberto Moncalvo – e servono interventi comunitari tempestivi ed efficaci nei confronti delle importazioni incontrollate, che prevengano il rischio di perdite economiche per i risicoltori e non agiscano quando i danni si sono già verificati. In tal senso è necessario attivare la clausola di salvaguardia per il ripristino dei dazi”.

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