15 Giugno 2018 - 10.14

VICENZA – È GIÀ RUCCO STYLE

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Con il direttore del sito ne avevamo già parlato durante la campagna elettorale. Se dalle urne fosse uscito il nome di Otello Dalla Rosa come sindaco, avremmo fatto comunque questo pezzo, una analisi dello stile utilizzato dall’uomo per passare da candidato a primo cittadino.
Ha vinto Francesco Rucco e allora l’analisi va fatta su di lui.
Ci sarebbero milioni di particolari da mettere sotto la lente, e altri mille li dimenticheremmo lo stesso, e allora abbiate pazienza e accontentatevi di quello che un osservatore esterno è stato in grado di cogliere.
La prima immagine che vi propongo è quella molto condivisa sui social e ripresa dalla televisione: all’alba di lunedì mattina Francesco Rucco decide di indossare, forse per difendersi dall’umidità delle prime ore del giorno, una felpa con i colori del Vicenza. La porta annodata al collo quando davanti al Duomo stappa la bottiglia di spumante tenuta in fresco tutta la notte mentre una macchina insolitamente lenta si occupava di contare i voti. Un caso o un simbolo? Sicuramente un simbolo. Francesco Rucco allo stadio ci è sempre andato, i colori biancorossi gli sono congeniali e il messaggio che vuol far passare è che si occuperà del Vicenza dalla sua posizione di sindaco, anche adesso che la questione della proprietà è stata risolta con un colpo di teatro che assomiglia tanto al “Deus ex machina” della tragedia greca.
Il set di sposta di poco, la fonte è sempre facebook, ed ecco il nostro in piazza dei Signori. I suoi sostenitori lo avvolgono in un cerchio, la moglie gli è al fianco, tutti cantano l’Inno Nazionale. Mi ha sempre stupito il fatto che l’inno sia diventato uno strumento di propaganda marchiato a destra. Credo che l’Italia sia l’unico paese ad amare l’inno solo quando gioca una squadra di calcio che indossa magliette azzurre e quando a ritrovarsi sono persone di credo politico di destra. E’ un atteggiamento sbagliato, limitato. Tutti gli italiani dovrebbero riappropriarsi di alcuni simboli come il tricolore e l’inno. Francesco Rucco ha fatto bene a cantarlo e a diffondere le immagini: non per riaffermare il suo essere stato ed essere ancora di destra, ma per far capire che anche chi si occupa di una città entra in una amministrazione pubblica che è italiana, è generale,  parte di uno stato e ne deve essere orgoglioso. Non so se lo abbia pensato, ma certo i cittadini di Vicenza possono vederla in questo modo.
Contratto, campanello e interviste.
Lunedì sera Francesco Rucco si è presentato nel salotto televisivo di Domenico Basso, ha afferrato il campanello che gli tendeva il sindaco uscente Achille Variati, ha firmato un contratto con i vicentini e ha parlato. Ha parlato molto Francesco Rucco, non si è sottratto a nessuna intervista, ha sorriso ad ogni telecamera. Facile, direte voi, ha vinto! E invece non è facile per nulla. C’è stato chi, in passato, dopo aver vinto, ha centellinato i suoi interventi. Lui no, è generoso. Stridente, al contrario, l’assenza di Otello Dalla Rosa in quello stesso salotto televisivo dove comunque era atteso: si è fatto sostituire da Giacomo Possamai, altro generoso. Possamai ha perso le primarie, ha corso pancia a terra per quello che era stato il suo avversario, non si è candidato sperando, credo, in un posto da vicesindaco e adesso se ne sta a casa. Da promessa a delusione nell’arco di sei mesi: è dura andare in televisione al posto del candidato sindaco.
Fascia, famiglia e bambina.
Vestire la fascia tricolore è un peso. Quanti sarebbero stati in grado di dirlo? Francesco Rucco lo ha detto subito dopo che a sistemargli addosso il tricolore era stata la bimba che con lui aveva girato lo spot elettorale. Subito prima aveva radunato i suoi nel cortile di Palazzo Trissino, ma l’abbraccio era stato per la moglie. Da quanto tempo Vicenza non aveva un sindaco di questo tipo? Un sindaco con una famiglia, un lavoro da professionista, una vita che assomiglia, almeno un po’ a quella delle persone normali. Un sindaco che non si vergogna di mostrare anche un pezzo del suo privato. Nelle questioni di stile entra anche questo, il lato umano e sentimentale: mostrarlo, di tanto in tanto, non fa davvero male.
Onori ai caduti.
Un omaggio ai martiri del 1848, quelli che hanno fatto appuntare la prima medaglia d’oro sullo stendardo della città,  se oltretutto ti hanno eletto proprio il 10 giugno, ci sta. E’ quasi ovvio, dovuto, niente di strano. Ma se subito dopo un omaggio va anche agli eroi della resistenza, quelli che hanno fatto guadagnare alla bandiera di Vicenza la seconda medaglia d’oro, allora si tratta di stile. Se Francesco Rucco sarà in grado di far fare un salto in avanti alla questione del ricordo della resistenza e del valore della resistenza, pur in una amministrazione di centro-destra, allora avrà forse compiuto il percorso più lungo e mai raggiunto in questo secondo dopo-guerra.
Auguri.
Subito al lavoro. Lo dicono tutti, salvo poi accampare la scusa che bisogna fare la giunta, che i tempi tecnici sono insuperabili e avanti di questo passo. Lo ha detto e lo ha fatto: si è circondato delle due persone che sapeva necessarie, un uomo e una donna, ed è partito con i lavori.
Sono tutti segnali e per ora sono tutti segnali positivi. Erano ovviamente mosse studiate per tempo, preparate e ora messe in pratica. Il prossimo banco di prova sarà la capacità di reagire agli imprevisti, di far fronte ai problemi quotidiani. Per quello serve molto più che lo stile, ma anche sbagliare con classe ha il suo perché.
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