1 Luglio 2018 - 10.20

VICENZA, COME RUCCO CANCELLERÀ BULGARINI

Come si fa a cambiare la politica culturale di Vicenza? Diciamocela tutta: non se ne poteva più di Bulgarini D’Elci e della sua visione autoreferenziale di città applicata a logiche culturali ristrette a piccole lobby di interesse. Le ricette programmatiche della coalizione di centro-destra che ha vinto le elezioni sono note ed erano ben espresse in uno dei nove punti del pieghevole che per settimane tutti si sono ritrovati fra le mani. I programmi però sono una cosa, gestire la cultura in città tutt’altro affare.
Francesco Rucco ha deciso di tenere per se’, almeno in questa prima fare, la delega della cultura, di fatto proponendosi come successore del Bulgarini D’Elci: successore dell’uomo forse più odiato, contrastato e inviso ai suoi prima che agli altri. Uomo potentissimo all’ombra di Achille Variati quanto debole nel momento in cui ha deciso di mettersi in gioco sul piano elettorale, racimolando una miseria alle primarie del centro-sinistra. Come altri prima di lui, il buon Jacopo ad un certo punto era entrato in rotta di collisione con l’artefice vero del successo di Variati nel 2013, Marco Goldin. Aveva detto: “Mai più grandi mostre e addio a Goldin”, salvo poi doversi rimangiare tutto, richiamare Linea d’Ombra e accettare la mostra su Van Gogh, per cercare di pompare sangue nuovo nella campagna elettorale. Non è bastato, come è noto.
Quello che invece è universalmente noto è che le grandi mostre drenano risorse dal bilancio del Comune. Agli intimi pare che Jacopo avesse confidato di aver dovuto utilizzare quasi tutto quello che aveva a disposizione per tirare avanti la carretta delle mostre blockbuster in Basilica Palladiana. E’ evidente che in questo modo non si possono dare contributi a tutte le realtà che, sul territorio, cercano con grande fatica di diffondere cultura, musica, teatro. Si scontentano molti e si perdono voti.
Per Francesco Rucco, allora, potrebbe sembrare semplice una inversione di marcia. E non a caso nel suo programma si trovano riferimenti ai teatri di provincia da rivitalizzare, all’intenzione di portare mostre e cultura nei quartieri, di valorizzare i beni locali. Tutto giusto e tutto bello. Ma il problema rimane: se torni ad usare i soldi disponibili distribuendoli a pioggia, non rimane nulla per mettere in piedi iniziative di grande richiamo e il volano economico ne risente: i bar restano vuoti, le stanze d’albergo libere, i pullman turistici prendono altre strade.
Va quindi chiarito che la Basilica Palladiana non può e non deve restare vuota, e non può nemmeno essere riempita di quadri di Maffei e Carpioni, grandi pittori dei quali a nessuno frega assolutamente nulla. Se una grande lezione abbiamo imparato da Marco Goldin è che le mostre hanno mercato se ci metti dentro almeno un paio di Manet, Monet in abbondanza, pittori impressionisti assortiti, avanguardia quanto basta e una spruzzata di arte moderna. Una “Ninfea” e un “Girasoli” e il gioco è fatto. La sfida vera per Francesco Rucco è trovare qualcuno che organizzi una mostra del genere ad un costo accettabile, che offra un ritorno reale anche per il Comune e che serva a finanziare tutte le altre piccole realtà che sono state trascurate. Si può fare? Certo che si può. E Rucco qualche amico lo ha: avete mai sentito parlare di un certo Vittorio Sgarbi?
E poi, ragazzi, bisogna svecchiare. Il teatro Olimpico è il più antico teatro coperto del mondo e quando lo racconto ai miei amici americani, semplicemente non ci credono. E’ un luogo magico, di fascino incredibile che abbiamo maltrattato per anni. Nella falsa credenza che la sacralità del luogo possa essere celebrata solo con spettacoli barbosi o francamente scandalosi come la “Divina Commedia” recitata in Ucraino, lo abbiamo relegato nella polvere di una cultura che puzza di naftalina. Età media degli spettatori, 75 anni. Portiamo dentro l’Olimpico qualcosa di vivo, di reale, contemporaneo. Portiamo sperimentazione, se volete, ma che sia intrattenimento e divertimento, che possa far in modo che il pubblico faccia la fila per vedere uno spettacolo nello spettacolo del teatro coperto più antico del mondo. Palladio ce ne sarà grato. E questo ci porta a considerare anche il ruolo del Teatro Comunale. Non è possibile che i vicentini debbano stare a pensare se sia più conveniente fare l’abbonamento a Vicenza piuttosto che a Thiene o Schio, o Noventa perché in provincia ci sono cartelloni migliori del nostro. Ma stiamo scherzando? Bisogna subito mettere tutti insieme, far squadra, far girare gli spettacoli – uguali – e non sottrarsi gli spettatori l’uno con l’altro.
E se i ragazzi vogliono un concerto, dove vanno? A Padova, in genere, a Milano, a Marostica piuttosto che a Piazzola sul Brenta. Piazzola sul Brenta? Ma ci rendiamo conto che è ridicolo? Un paesello che porta concerti che a Vicenza non abbiamo mai nemmeno preso in considerazione. Ecco dove bisogna entrare, mettendo in campo spazi che abbiamo: il Menti, tanto per cominciare. E poi un padiglione della Fiera che non ha nulla da invidiare a certi palazzetti dello sport o strutture padovane. Bisogna però trovare il giro giusto, inserirsi e anche qui cominciare a monetizzare una quota dei biglietti per poi andare a finanziare la cultura più povera.
Una biblioteca. La Bertoliana è una realtà molto bella e fornita. Provate il catalogo on-line per credere. Se la cultura della biblioteca si diffondesse, il libraio già messo in crisi da Amazon potrebbe serenamente chiudere bottega. Il vero problema è salire quelle scale scrostate, entrare nell’atrio spoglio, frequentare le aulette stipate. Serve un cambio di passo, una sede dignitosa, una caffetteria a buon prezzo, spazi luminosi e pieni di aria e di ragazzi. Servono prese per i computer, wi-fi potenti, orari prolungati di sera. Serve un progetto che trasformi la biblioteca in un luogo di incontro, un luogo dove fissare un appuntamento, passare del tempo e studiare. Se mai avanzassero due lire, Francesco, io partirei da qui.

 

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