14 Settembre 2017 - 17.35

VENETO – Studi di settore: addio senza rimpianti

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Finalmente ci siamo: dopo la pausa estiva continua il lavoro dei tecnici ministeriali che porterà al definitivo addio agli studi di settore. Così come previsto dalla manovra correttiva approvata nella primavera scorsa, entro la fine di settembre il numero degli indicatori di affidabilità economica presentati alle categorie salirà a 37: 14 varati a luglio e i rimanenti 23 entro questo mese. Prima della fine dell’anno, comunque, il debutto delle nuove “pagelle” fiscali relative all’anno di imposta 2017 salirà a quota 70.
“Per molti lavoratori sarà la fine di un incubo – esordisce il coordinatore dell’Ufficio studi della CGIA Paolo Zabeo – anche se sarà necessario monitorare il periodo di transizione di questi nuovi strumenti. I nuovi indicatori di affidabilità fiscale che sostituiranno gli studi di settore, infatti, dovranno garantire una riduzione delle tasse e una maggiore semplificazione nei rapporti con il fisco. Altrimenti, questa novità servirà a poco. Per questo è determinante che nella fase di gestazione di questi indicatori sia determinate il ruolo delle associazioni di categoria dei lavoratori autonomi, che meglio di chiunque altro conoscono le specificità e le caratteristiche fiscali delle attività interessate da questa novità fiscale”.

 I numeri degli studi di settore
Dopo 18 anni di vita, sono poco più di 3,5 milioni le partite Iva sottoposte ai 193 studi
di settore attivati dall’Amministrazione finanziaria. E oltre il 73 per cento dei
contribuenti (pari a 2,6 milioni di attività) è congruo, ovvero rispetta le richieste avanzate dall’Amministrazione finanziaria in materia di ricavi. Questi contribuenti, tuttavia, rimangono ancora nel mirino del fisco visto che ogni anno rischiano di subire un accertamento fiscale, sebbene per gli studi di settore risultino soggetti fedeli al fisco. Nel 2016, infatti, sono stati poco meno di 368.500 gli accertamenti in materia di
Iva, Irap e imposte dirette che hanno interessato le imprese potenzialmente soggette
agli studi di settore.
“Chi nel prossimo futuro rispetterà le disposizioni previste dagli indici di affidabilità
fiscale non dovrà più essere sottoposto ad alcuna attività accertativa – dichiara il
segretario della CGIA Renato Mason – inoltre, bisognerà limitare al massimo il numero
di controversie per togliere quell’ansia da fisco che, purtroppo, continua a investire
molti piccoli imprenditori. Per questo sarà necessario introdurre un regime premiale a
beneficio di coloro che sono in regola con le richieste dell’Amministrazione, così come
era stato annunciato verso la seconda metà degli anni ’90 in sede di presentazione
degli studi di settore che, in seguito, è stato clamorosamente disatteso”.
 Più tasse per 19,6 miliardi di euro
Negli anni gli studi di settore hanno garantito un grosso apporto di gettito alle casse del
Stato. Dal 1998, anno della loro introduzione, al 2015 (ultimo dato disponibile), a fronte
di 49,2 miliardi di euro di maggiori ricavi ottenuti attraverso l’adeguamento spontaneo
in sede di dichiarazione dei redditi, questi si sono tradotti, secondo una stima elaborata
dall’Ufficio studi della CGIA, in 19,6 miliardi di euro di tasse in più versate all’erario
(vedi Tab. 1).
“Certo – conclude Zabeo – è difficile stabilire quanti di questi soldi siano il frutto di una
graduale emersione della base imponibile e quanti, invece, siano riconducibili a tasse
aggiuntive che i contribuenti hanno pagato perché l’asticella dei ricavi imposta dagli
studi di settore era troppo elevata. Molto probabilmente la verità sta nel mezzo. Per
Ufficio Studi CGIa – Associazione Artigiani e Piccole Imprese Mestre – CGIa
Via Torre Belfredo 81/e – 30174 Venezia-Mestre – www.cgiamestre.com
3
questo è necessario che i nuovi indicatori di affidabilità non ricalchino queste vecchie
abitudini”.
 A Roma il più alto numero di contribuenti sottoposto agli studi
Tra i 3,5 milioni di contribuenti soggetti agli studi di settore, a livello territoriale è
Roma la provincia che ne conta di più: 244.000. Seguono le province di Milano
(221.480), Napoli (133.237), Torino (129.527), Brescia (80.652), Firenze (71.295),
Bologna (68.150), Bergamo (67.124), Padova (65.505) e Bari (65.461). In coda alla
classifica, invece, troviamo Enna (6.642), Gorizia (6.541), Carbonia-Iglesias (4.950),
Isernia (4.775), Medio Campidano (3.949) e Ogliastra (2.926) (vedi Tab. 2).
In sintesi: cosa sono gli studi di settore ?
Gli studi di settore sono uno strumento di accertamento applicato a una vastissima platea di
imprenditori e di lavoratori autonomi, pari a oltre 3,5 milioni di contribuenti.
Attraverso gli studi di settore l’Amministrazione finanziaria stima l’attendibilità dei ricavi dichiarati,
considerando le relazioni statistiche che li legano alle caratteristiche contabili ed extracontabili
delle aziende.
Gli studi sono sottoposti a periodiche revisioni al fine di adeguarli alle mutate caratteristiche delle
strutture economiche e al contesto in cui operano.
I contribuenti si dicono congrui nel caso in cui i loro ricavi siano pari o superiori a quelli stimati,
non congrui in caso contrario. In sede di dichiarazione dei redditi si possono adeguare
spontaneamente i propri ricavi a quelli stimati dagli studi di settore.
Gli studi di settore sono entrati in vigore nel 1998 e sono stati progressivamente estesi agli
imprenditori e ai lavoratori autonomi con ricavi non superiori a 5.164.569 €. Nel 2015 erano 204 e
interessavano 3.587.846 contribuenti. Nel 2016, per effetto di alcuni accorpamenti, sono scesi a
193, anche se la platea potenziale di riferimento è rimasta la stessa.
Nel corso degli anni hanno subito profondi cambiamenti: si è andati nella direzione di un loro
affinamento, contemporaneamente, dopo le Sentenze della Corte di Cassazione del 2009, si è
delineata più correttamente la loro valenza giuridica.
Nonostante i progressi intervenuti, gli studi rimangono ancora uno strumento di accertamento
dotato di particolare forza. Si pensi alla disposizione che rende indefinita la posizione del
contribuente anche dopo aver subito un accertamento da studi di settore.
Ebbene, anche se il contribuente si è accordato con il fisco, esiste una norma di legge che
consente all’Amministrazione di effettuare una ulteriore azione accertatrice sulla medesima
annualità e sulla stessa categoria di reddito, indipendentemente dalla sopravvenuta conoscenza di
nuovi elementi.

Nota: in questa tabella abbiamo stimato il gettito prodotto dagli studi di settore. Partendo dai ricavi
aggiuntivi che i contribuenti indicano nella dichiarazione dei redditi per adeguare quanto richiesto dagli studi
di settore, è stato calcolato il gettito derivante da tale adeguamento. Sui maggiori ricavi dichiarati i
contribuenti hanno dovuto versare le relative imposte: Iva, Irap, Irpef (e relative addizionali) o Ires. Per ogni
imposta abbiamo applicato, “al maggior ricavo da adeguamento”, la relativa aliquota. Le aliquote delle
addizionali regionali e comunali corrispondono a quelle medie, come rilevate dai dati delle dichiarazioni
fiscali. Mentre per stimare l’Irpef si è utilizzata l’aliquota del primo scaglione di reddito. La stima ottenuta è
estremamente prudenziale e il valore ottenuto serve a fare comprendere il gettito prodotto da questo
strumento di accertamento.

Rank Provincia Contribuenti
(numero)
1 Roma 244.000
2 Milano 221.480
3 Napoli 133.237
4 Torino 129.527
5 Brescia 80.652
6 Firenze 71.295
7 Bologna 68.150
8 Bergamo 67.124
9 Padova 65.505
10 Bari 65.461
11 Verona 58.772
12 Vicenza 56.485
13 Salerno 56.273
14 Treviso 55.660
15 Monza e della Brianza 53.001
16 Venezia 52.703
17 Genova 51.931
18 Varese 50.250
19 Catania 46.236
20 Palermo 46.065
21 Modena 45.125
22 Lecce 41.616
23 Perugia 40.881
24 Cuneo 36.664
25 Caserta 36.118
26 Como 36.014
27 Bolzano 33.242
28 Reggio nell’Emilia 32.787
29 Cosenza 32.724
30 Trento 31.869
31 Messina 30.858
32 Udine 30.722
33 Pavia 29.373
34 Cagliari 28.919
35 Parma 28.637
36 Ancona 28.555
37 Latina 28.320
38 Foggia 28.232
39 Lucca 27.791
40 Pisa 27.421
41 Rimini 27.068
42 Forlì-Cesena 26.719
43 Pesaro e Urbino 25.330
44 Frosinone 24.312
45 Alessandria 24.157
46 Mantova 24.036
47 Taranto 23.764
48 Ravenna 23.420
49 Arezzo 22.436
50 Reggio di Calabria 22.220
51 Macerata 22.128
52 Chieti 21.401
53 Avellino 20.939
54 Prato 20.783
55 Pescara 20.672
56 Livorno 20.395
57 Barletta-Andria-Trani 20.258
58 Lecco 20.219
59 Novara 20.064
60 Ferrara 19.973
61 Savona 19.613
62 Pistoia 19.583
63 Cremona 19.244
64 Teramo 18.936
65 Trapani 18.914
66 Potenza 18.564
67 Piacenza 18.111
68 Siena 17.712
69 Brindisi 17.564
70 Agrigento 17.538
71 Viterbo 17.071
72 Pordenone 16.924
73 Catanzaro 16.655
74 L’Aquila 16.503
75 Sassari 15.399
76 Siracusa 15.022
77 Ragusa 14.400
78 Grosseto 14.095
79 Rovigo 14.069
80 Benevento 13.887
81 Imperia 13.712
82 Ascoli Piceno 13.495
83 La Spezia 13.337
84 Massa-Carrara 13.014
85 Fermo 12.887
86 Terni 12.571
87 Asti 12.149
88 Campobasso 12.038
89 Belluno 11.496
90 Trieste 11.179
91 Biella 11.131
92 Lodi 10.998
93 Sondrio 10.985
94 Olbia-Tempio 10.870
95 Caltanissetta 9.942
96 Verbano-Cusio-Ossola 9.702
97 Matera 9.640
98 Vercelli 9.579
99 Valle d’Aosta/ 9.213
100 Nuoro 7.948
101 Oristano 7.462
102 Rieti 6.972
103 Vibo Valentia 6.967
104 Crotone 6.843
105 Enna 6.642
106 Gorizia 6.541
107 Carbonia-Iglesias 4.950
108 Isernia 4.775
109 Medio Campidano 3.949
110 Ogliastra 2.926
Elaborazione Ufficio Studi CGIA su dati Ministero dell’Economia e delle Finanze

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