8 Maggio 2017 - 10.56

VENETO – Spariscono i medici di base, Pronto Soccorso intasati!

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di Stefano Diceopoli

Prendete il numero per entrare al pronto soccorso: i medici di famiglia spariscono. Regione e Stato fanno di tutto per lasciare i cittadini senza assistenza sanitaria

Dati recenti diffusi nel corso dell’ultima riunione della commissione sociale del comune di Vicenza parlano di almeno 397 medici di famiglia che nel prossimo futuro andranno in pensione. Se si considera che ogni dottore può arrivare ad avere fino a 1500 pazienti fra i suoi assistiti, allora il conto è presto fatto. Sono 595 mila 500 le persone che dovranno trovarsi un nuovo medico nell’arco dei prossimi anni.
Ma la vera domanda è molto più inquietante: ne troveranno uno?
La risposta non è così scontata né banale, anzi la risposta più probabile è che no, non lo troveranno un nuovo medico anche se la percezione generale è che tutti vogliano fare i medici.
Cerchiamo di fare chiarezza: solo nel corso del 2017 a Vicenza saranno 29 i medici di base che andranno in pensione e lo stesso si presume possa accadere anche nelle altre sei provincie del Veneto. Significa che ogni anno servirebbero circa 200 nuovi medici di famiglia. Non c’è nulla da capire, è solo matematica.
Ecco, a fronte di questo la Regione del Veneto che fa? Mette a concorso 50 posti di specializzazione per medici di medicina generale all’anno. In questo modo è evidente che ogni anno si forma un buco di 150 medici e la voragine si sta aprendo sempre di più.
Il problema però non è nemmeno così semplice.
Prendiamo come esempio un qualsiasi aspirante medico. E’ un ragazzo che, dopo la maturità, ha affrontato un test per entrare nella facoltà di medicina e chirurgia. Non si tratta di un test che voglia in qualche modo verificare le conoscenze dei candidati, ma semplicemente ridurre il numero di coloro che vogliono studiare medicina fino al numero che le Università sono in grado di accogliere. Ne passa uno su sette.
Bene, diciamo che il nostro amico è fortunato – non bravo, fortunato – e riesce ad entrare a medicina. Qui lo aspettano sei anni di studio intenso, periodi di tirocinio in corsia, turni massacranti e una tesi di laurea. Per carità, niente di speciale, ma sicuramente qualcosa di più impegnativo che un corso di Scienze della Comunicazione.
Con la sua bella laurea in tasca, il nostro amico può andare a lavorare? No di sicuro: ci sono ancora da fare l’Esame di Stato e quindi il test per entrare nella scuola di Specialità.
Ah, sapete come bisogna fare per entrare in una specialità? Si deve affrontare una prova selettiva con un test che nuovamente deve riportare il numero dei candidati al numero dei posti disponibili. Ma se uno di questi giovani laureati entra in una scuola di specialità qualsiasi, come chirurgia o cardiologia, pediatria o anestesia e rianimazione, dal giorno dopo comincia a ricevere una borsa di studio che si aggira sui 1600 euro al mese.
Torniamo adesso ai nostri medici di base. Anche loro dopo la laurea devono passare l’esame di stato, poi una prova selettiva per entrare nella specialità come medico di base, entrare – per esempio in Veneto – nel numero dei 50 posti disponibili. E dal giorno dopo comincia a guadagnare 800 euro, dovendo comunque sborsare tasse e assicurazione. L’unico vantaggio è che la specializzazione dura un po’ meno, tre invece di 5 anni, ma nel frattempo si tratta di fare la fame, esattamente come accadeva per i primi sei anni di università.
Qualcuno riesce a spiegarmi per quale motivo un giovane laureato, dopo sei anni di studio di grande intensità, dovrebbe accontentarsi di 800 euro se ne può guadagnare 1600? Non vi pare che offrire 800 euro ad un medico per diventare un medico di medicina generale sia una sorta di offesa, una presa per il culo, una situazione nella quale uno reagisce con un gestaccio e se ne va?
Ah, dimenticavo: nel corso della specializzazione i giovani medici seguono comunque un corso con attività pratica ed esami, deve essere sempre all’altezza della situazione e spesso viene costretto a fare il lavoro più duro e noioso per il primario di turno. Uno specializzando in cardiologia a Padova mi ha raccontato di aver lavorato circa 80 ore a settimana per anni interi: “Se non lo facciamo noi, nessuno segue i pazienti, che altro dovremmo fare? Intendiamoci, nessuno viene obbligato, ma insomma…”
Adesso torniamo alla domanda iniziale. 595 mila e 500 pazienti vicentini troveranno il loro medico di base? Certo che no, perché la percentuale di nuovi posti a concorso è un quarto del fabbisogno e perché un giovane medico dovrebbe essere scemo per impegnarsi a fare tanta fatica per uno stipendio da fame. Oppure dovrebbe semplicemente essere mosso da quello che muove tanti di questi ragazzi: una passione senza limiti e senza spiegazioni per la medicina e per la salute. Ma anche in questo caso non tutti i medici che andranno in pensione potranno essere sostituiti. Quasi quasi io parto adesso e mi metto in fila al pronto soccorso, almeno mi prendo il posto se mai mi servisse l’aspirina…

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