30 Novembre 2018 - 9.57

VENETO – Batterio killer fa sei vittime: è psicosi ma la Regione non ha colpe

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Chi ha un po’ di dimestichezza con la mitologia greca sa che, per gli antichi abitanti dell’Ellade, “Chimera” era un mostro col muso di leone, il corpo di capra, la coda di grado, e vomitante fiamme. Con il passare del tempo il termine si è evoluto, nel senso che nel linguaggio figurato si definisce chimera un’ipotesi assurda, un sogno vano, un’utopia. Ma con lo stesso termine in medicina viene indicato un batterio diffuso ovunque in natura, ma considerato non pericoloso per la specie umana; il Mycobacterim Chimaera. Quindi non si tratta di un batterio in grado di generare pandemie, ma che diventa pericoloso, ci dicono gli scienziati, per i pazienti durante gli interventi cardiochirurgici in circolazione extra corporea, associandosi all’utilizzo di dispositivi di raffreddamento/riscaldamento necessari per regolare la temperatura del sangue.
Dal sito ufficiale del Ministero della Salute, che a mio avviso andrebbe sempre consultato, apprendiamo che:
·      Le unità di riscaldamento/raffreddamento (Heater Cooler Unit – HCU) sono dispositivi medici di classe IIb, utilizzati durante interventi di cardiochirurgia toracica in cui il riscaldamento/raffreddamento del paziente risulta parte della procedura chirurgica. Tali dispositivi sono composti da serbatoi che forniscono l’acqua a temperatura controllata a scambiatori di calore e a coperte di riscaldamento/raffreddamento, attraverso circuiti dell’acqua chiusi. Tali attrezzature si utilizzano in tutto il mondo da molti anni.
·      Dal 2011 ad oggi sono stati rilevati diversi casi di infezioni cardiovascolari invasive da Mycobacterium Chimaera(MC) in pazienti sottoposti a intervento chirurgico a cuore aperto in diversi Paesi europei fra cui Francia, Germania, Irlanda, Olanda, Spagna, Regno Unito e Svizzera, nonchè negli Stati Uniti, Canada, Australia, Hong-Kong.
·      In Italia la prima segnalazione di paziente infettato da MC è pervenuta solo a fine giugno 2018.
·      Il numero di dispositivi HCU in uso nel mondo è stimato in 11.000 unità, in particolare 6.700 i dispositivi della Livanova, di cui solo 218 in Italia.
·      Il numero di procedure di circolazione extra-corporea eseguite ogni anno nel mondo è di oltre 1.500.000 di cui 40.000 in Italia.
·      Il numero di eventi avversi, ad oggi notificati, è di 185 nel mondo, dei quali 10 in Italia.
·      Si tratta di contaminazione ambientale con il batterio in sala operatoria e sul campo chirurgico. Sono stati segnalati 100 casi a livello mondiale con una letalità del 50%. Il rischio di contrarre la malattia è considerato sostanzialmente basso (1 su 10000 pazienti) secondo il Public Health England. È stata costituita una Task Force Europea  al fine di ridurre al massimo i rischi di contaminazione.
·      Il periodo di incubazione dopo l’esposizione al M. chimaera risulta lungo, con una mediana di 17 mesi (range 3-72 mesi). Segni e sintomi sono generalmente aspecifici e comprendono affaticamento, febbre e perdita di peso. Non esiste una terapia stabilita e il tasso di mortalità è circa del 50%. Attualmente, l’entità dell’epidemia globale non è nota con esattezza. L’Italia sembrava esclusa dall’emergenza di queste nuove infezioni.
·      Gli elementi a nostra disposizione sono ancora insufficienti per parlare di epidemia o di cluster o per escludere una di queste evenienze. Non dobbiamo dimenticare, tra l’altro, che il tempo di latenza tra la possibile esposizione e la comparsa dei sintomi è particolarmente lungo, andando dai 18 mesi ai 5 anni, rendendo complessa l’identificazione di una comune fonte di esposizione tra i casi.
Quindi le cause del contagio sembrano assodate, e sono derivanti dall’inevitabile utilizzo in sala operatoria di questi macchinari prodotti dalla Livanova Deutschland GmbH. Questo almeno sembra confermarlo anche il Gruppo di lavoro istituito dalla Regione Veneto dopo i 18 casi di infezione, di cui due fuori Regione, ed i sei decessi (su 30.000 interventi effettuati negli ultimi 8 anni) legati al batterio.
Il problema è arrivato sulle prime pagine dei giornali lo scorso 2 novembre, dopo la morte dell’anestesista dell’Ospedale San Bortolo di Vicenza  Paolo Demo. Il dott. Demo, dopo aver saputo di essere stato infettato dal batterio due anni prima in sala operatoria, durante un intervento a cuore aperto per la sostituzione di una valvola mitralica, aveva tenuto un diario per documentare l’evolversi della malattia, memoriale che alla sua morte è stato consegnato dai familiari alla Procura di Vicenza. Da lì sono partite indagini, controlli, ed ispezioni disposte dalla Regione Veneto nei nosocomi presso cui sono operativi reparti di cardiochirurgia, specificatamente le Aziende ospedaliere di Padova e Verona, e gli ospedali di Treviso, Mestre e Vicenza. Ma poiché le precauzioni, quando si parla di salute, non sono mai troppe, la Regione Veneto ha opportunamente deciso di inviare una lettera a tutti i pazienti che tra il 2010 ed il 31 gennaio 2017 hanno subito la sostituzione della valvola cardiaca, o anche l’installazione di un bypass.
L’informativa conterrà una scheda riportante fra l’altro i sintomi provocati dal Micobatteryum Chimaera, con l’invito a contattare dei numeri telefonici dedicati in caso di insorgenza degli stessi. Dai media abbiamo appreso che i macchinari presenti in tutte le cardiochirurgie del Veneto sono stati bonificati e messi in sicurezza, ed in alcuni casi anche sostituiti.
Per di più la Regione  Veneto avrebbe intenzione di tutelarsi nei confronti della ditta produttrice in quanto, secondo gli esperti, il microrganismo sembrerebbe essere stato presente già in fase di produzione dei dispositivi medici.
E’ chiaro che, quando si parla di salute, e in particolare di morti, nessuna iniziativa è superflua.
Mi sembra però di poter dire che il comportamento delle Regione Veneto, che ha coinvolto anche la Regione Emilia Romagna, sia stato fin qui ineccepibile per tempestività ed accuratezza delle decisioni. Le doverose inchieste della Magistratura  ci diranno se nella vicenda ci siano state responsabilità, ed in capo a chi.
Lo si deve a chi non è più fra noi, e soprattutto a chi in futuro  dovrà entrare in una sala di cardiochirurgia senza il timore di contrarre un batterio mortale.
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