19 Settembre 2019 - 10.10

Vecchia e nuova Vicenza… a colpi di quartiere

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di Alessandro Cammarano

Se a Siena ci sono le Contrade – vere città dentro la città, divise su tutto tranne, pronte a scontrarsi due volte l’anno nel Palio – a Vicenza i vari quartieri presentano differenze a volte tanto marcate da sembrare che non si tratti di zone del medesimo Comune.

I vicentini, giustamente, tengono alla loro “vicentinità” che li fa diversissimi dai padovani e dai veronesi, ma sono fierissimi anche dello spirito che li lega al rione in cui, specialmente i più anziani hanno trascorso una vita intera.

Un sottile classismo serpeggia, e non potrebbe essere altrimenti, succede in qualsiasi città: a Napoli chi vive al Vomero guarda storto i popolani del rione Sanità, a Roma i pariolini non considerano nessuno che venga dalla zona Sud, a Milano chi abita in Via Giardini schifa l’abitante di Quarto Oggiaro.

A Vicenza il tutto è un po’ più curialmente velato, lo si lascia percepire ma non si ostenta; si fa una smorfietta, spesso impercettibile ma sempre eloquente a rimarcare la “differenza” percepibile soprattutto fra le compagnie di adolescenti che vascheggiano in Corso Palladio il sabato pomeriggio e che esibiscono con orgoglio i segni della loro appartenenza al Centro o alle periferie. L’abito fa quasi sempre il monaco.

Aspetto del tutto peculiare è anche la differenziazione in “sottozone” il tutto a rendere ancora più complesso il discorso.

Si prenda il Centro Storico: si fa presto a dire centro, mica è tutto uguale! I “sióri” abitano in palazzi vetusti ma ristrutturatissimi nel quadrilatero Cantarane-San Rocco-Fogazzaro-Porta Nova; a questi si aggiungono le ville e i palazzetti di Mure Pallamaio che danno su Campo Marzo – i condomini sulle medesime strade son già serie B – e le megaresidenze di Ponte de le Bele, tutte rigorosamente con giardini che in confronto Parco Querini sembra un prato di campagna.

I “centraioli” meno abbienti stanno in case dignitose ma spesso cadentine e poste nelle strade limitrofe alle contrà eleganti; le abitano vecchiette con cani “miscelati” e quasi sempre costretti a fare da badanti alle suddette o giovani alternativi di quelli col tascapane di lana cotta e il cappello con i colori della bandiera giamaicana, tanto per fare un esempio.

Ci sono i quartieri impiegatizi-medioborghesi, primo fra tutti Laghetto, con le sue villette anni Settanta un po’ tutte uguali, o Santa Bertilla con i suoi condomini di varie epoche e popolazione mista, o ancora Sant’Andrea. Si somigliano un po’ tutti ma chi dice “abito a Sant’Andrea” spesso lo dice intendendo “sto a Beverly Hills”, anche se potrebbe a buon diritto vantarsi delle villette liberty che fecero da set al “Commissario Pepe”.

A Beverly Hills stanno invece i residenti della zona Monte Berico, benedetti dai conventi di frati e suore posti lungo la salita al Santuario della Madonna e proprietari di magioni spettacolari e secolari; anche i piccoli condomini anni Cinquanta sembrano disegnati da Scamozzi trasudano l’opulenza discreta di chi ha ma non ostenta.

Tra i quartieri “popolari” i Ferrovieri esercita un fascino tutto suo, con le vecchie case popolari sempre ben tenute e, un tempo, fiero bacino di voti per il Partito Comunista che faceva più voti lì che a Stalingrado.

Altre zone di Vicenza erano separate dal centro da ampi tratti di campagna: andare a Piazza Castello da San Lazzaro era, ad ascoltare i più anziani, un viaggio, altro che gli orridi condominiazzi di Viale Verona!

Tra i quartieri popolari non si può non ricordale il glorioso passato del Villaggio del Sole, quartiere “d’autore”, vincitore del Premio Architettura per il Veneto nel 1963, autentico capolavoro di urbanistica con i suoi palazzi progettati dalla crema degli architetti dell’epoca. Poco resta dell’antico splendore, anche se forse la viabilità ripensata e qualche attività commerciale di nuova concezione qualcosa potrà fare: i vasi fioriti sono stati sostituiti da una selva di parabole e festoni di panni stesi si asciugano allo smog del traffico pesante di Viale del Sole.

Un capitolo a parte va doverosamente riservato alle enclave, alle città dentro la città. La più centrale è Trastevere, oggi lontana dagli splendori del tempo che fu, ma un tempo cuore pulsante della zona al di là da Ponte degli Angeli, intorno a Corso Padova, con una sagra propria e mille iniziative per tutti i residenti.

Le Maddalene hanno anche un cimitero proprio, come Casale, e gli abitanti, quando gli si chiede di dove siano, che rispondono fieramente “Son de Maddalene!”, pensando al campanile della Chiesa parrocchiale che svetta aguzzo a fendere il cielo.

Terza enclave, la Stanga, ovvero un posto dove si potrebbe, paradossalmente vivere senza mai uscirne; c’è tutto: la chiesa, bar, trattorie, negozi vari, la chiesa e il campo sportivo: meraviglioso!

Quarta ed ultima Borgo Berga, un tempo piena di fascino con le casette a schiera, basse e colorate che accompagnavano l’uscita dalla città e guidavano alla Rotonda lungo la Riviera Berica; adesso tutto è offuscato dal nuovo Tribunale, che sembra uscito dal “Signore deli Anelli” tanto somiglia a Mordor, la fortezza del malvagissimo Sauron, e intorno al quale è sorta una selva di edifici direzionali brutti come un ministero sovietico.

Vicenza non è solo bella, è anche varia e dalla varietà di solito nascono cose positive.

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