20 Luglio 2019 - 14.11

Vacanze: il grande incubo dell’assenza del bidet


Estate, tempo di vacanze, tempo di viaggi.

Si sa che viaggiare obbliga a fare propri, temporaneamente, usi ed abitudini dei Paesi visitati.

Ma per noi italiani dopo qualche giorno di permanenza all’estero scatta inesorabile la “nostalgia” per alcune cose che ci gratificano quotidianamente.

Sono cose che fanno parte del nostro essere italiani, e che, almeno a livello psicologico, diamo per scontate.

Ecco perché, quando ne siamo privati, scatta una sorta di ansia, e siamo indotti a procurarcele ovunque ci troviamo.

Alzi la mano chi di voi non ha cercato durante un viaggio fuori dall’Italia un ristorante che avesse nel menù un bel piatto di pasta, o una pizza?

Fortuna che ormai di italiani che hanno aperto “punti di ristoro” ce ne sono un po’ ovunque. Penso ai ristoratori o ai pizzaioli nostrani, perché rivolgersi ai loro colleghi stranieri spesso espone ad amare sorprese.

Ma c’è un’altra cosa che, ammettiamolo, ci lascia un po’ basiti.

Ogni qual volta in un hotel all’estero prendiamo possesso della nostra stanza, fosse pure una suite, quando apriamo la porta dei servizi la nostra mente “vacilla”, e siamo presi da una sorta di sgomento allorché realizziamo che al nostro sguardo manca un accessorio per noi imprescindibile, il bidet.

Non ditemi di no! Siate onesti!

Se siamo un po’ abituati a viaggiare, lo sappiamo bene che questo accessorio in certi Paesi viene considerato un “oggetto misterioso”, ma ogni volta che non lo troviamo accanto al lavandino, alla doccia ed alla tazza del water, scatta immediata ed inevitabile la domanda: oddio, e adesso come farò?

Lo so bene che si tratta di un tema un po’ “delicato”, e non se ne parla proprio perché è un argomentino privato ed imbarazzante. Ma siccome siamo tutti grandi e vaccinati, siamo tutti uguali e andiamo tutti al bagno nello stesso modo, non vedo perché non si possa discuterne liberamente.

D’altronde certi tabù la nostra società li ha superati. Basta ricordare la pubblicità solo di qualche anno fa, in cui uomini e donne sembravano esseri asessuati, e quindi immuni da certe esigenze mediche ed igieniche legate alla sfera genitale. Adesso forse siamo arrivati all’eccesso, e francamente sentire parlare di ragadi, emorroidi, diarrea ecc. fin che siamo a pranzo e a cena non è certo il massimo.

Luoghi comuni?

Preconcetti tipici di un provincialismo di maniera, che ci vuole indissolubilmente legati alle nostre abitudini, e di conseguenza incapaci di adattarci agli usi e costumi di altri popoli?

“Fissa” di noi italiani per questo accessorio considerato “lascivo?

Può essere, ma i palliativi per “rinfrescarsi” dopo le funzioni fisiologiche, dal catino posizionato sopra il water, agli equilibrismi su lavandino, alle salviettine imbevute e profumate, non sono minimamente paragonabili ad una bella “sciacquata” a cavallo del bidet.

A proposito di cavalli, il nome di questo oggetto deriva proprio da un termine equestre. Bidet è una parola francese derivata dalla radice celtica bid, ovvero piccolo, ed era originariamente usata per indicare il pony. L’omonimia deriva quindi sia dalla somiglianza della posizione della cavalcata con quella dell’utilizzo del sanitario, sia al fatto che i primi utilizzatori se ne servivano per pulirsi dopo essere andati a cavallo. Le prime notizie del bidet risalgono al 17° secolo, quando la Regina di Francia Maria de’ Medici, di chiare origini italiane, lo introdusse per uso personale. Il probabile inventore viene indicato in Christophe Des Rosiers. Agli albori era nato come un oggetto portatile, da conservare sotto il letto accanto al tradizionale vaso da notte. Si diffuse all’inizio fra la nobiltà e l’alta borghesia. Non a caso un dipinto di Louis-Leopold Boilly ritrae una giovane aristocratica alle prese con la toilette intima a cavalcioni di un bidet (il ritratto è noto con il titolo “La Toilette intime ou la Rose effeuillée). Risale al 1710 la prima installazione nei locali privati della famiglia reale francese, e successivamente in cento stanze da bagno della reggia di Versailles. Sembra però con scarsa fortuna, in quanto vennero praticamente inutilizzati, ed una parte di essi finì in una casa di appuntamenti, facendo così catalogare il bidet come “strumento di lavoro del meretricio”. Di fatto le credenze del tempo, sia religiose che mediche, sconsigliavano una frequente attenzione e cura all’igiene intima; era opinione diffusa che fosse peccato lavarsi poiché costringeva a guardarsi e toccarsi le parti intime del corpo. Per di più, con la Rivoluzione francese, il bidet divenne uno dei tanti simboli che ricordavano l’aristocrazia. Quindi in breve tempo fu cancellato, e tuttora i francesi lo guardano con un certo sospetto: “Liberté, Egalitè, Fraternité…..no bidet”

In Italia le prime notizie risalgono a qualche decennio dopo, quando la regina di Napoli Maria Carolina di Asburgo-Lorena lo volle nel suo bagno personale, e se ne fece installare uno anche nella Reggia di Caserta, dove lo trovarono alcuni funzionari sabaudi, che lo definirono “strano oggetto a forma di chitarra”. Ma si deve arrivare all’ ‘800 per l’evoluzione definitiva del bidet, che si spostò dalla stanza da letto al bagno, e divenne quindi non più amovibile.

Ma la sua diffusione “massiva” si ebbe soprattutto nel nostro Paese, tanto da essere reso obbligatorio dal Decreto Ministeriale del 5.7.1975. Ancora adesso, come avete modo di constatare viaggiando, ci sono Paesi, come l’Inghilterra, dove è ancora praticamente sconosciuto. C’è un po’ di storia nella scarsa fortuna commerciale del bidet nei Paesi anglofoni. Infatti inglesi, canadesi ed americani entrarono per la prima volta in contatto con il bidet riconquistando Parigi nel corso della seconda guerra mondiale, e poiché l’accessorio era di uso comune nelle case chiuse, finirono per associarlo ai bordelli ed alle prostitute, elemento che finì per circondare l’accessorio da un alone di scabrosità.

Ma le cose in realtà stanno cambiando, sia in Europa che oltre Atlantico. Girando per la Spagna, ma anche per il Portogallo e la Grecia, potrete constatare ad esempio che ormai lo si trova in quasi tutti gli hotel. La dotazione è comunque ancora molto carente in Gran Bretagna e nei paesi del nord Europa. Ma è soprattutto negli Stati Uniti che è in atto una sorta di mini rivoluzione del costume. Dal 2010 infatti le vendite sono aumentate di almeno il 10% l’anno, e nel 2016 se ne sono venduti il 30% in più dell’anno precedente. All’inizio ad essere conquistati sono stati soprattutto uomini e donne fra i 55 ed i 70 anni, ma negli ultimi anni il bidet sta diventando trendy anche fra i millenials.

Il cambiamento di approccio è in parte dovuto alla forte medicalizzazione della società americana. I medici hanno infatti cominciato ad imputare alla scarsa igiene la diffusione di malattie come la prostatite batterica, le infezioni alle vie urinarie, le emorroidi e certi problemi gastro-intestinali.

Ma a spingere ci sono poi anche motivazioni di carattere ambientale ed economico.

Ogni americano utilizza mediamente almeno 40 rotoli di carta igienica ogni anno (circa 150 per famiglia), e con l’utilizzo del bidet tale consumo potrebbe essere ridotto del 75%, generando quindi un forte risparmio. Risparmio cui si associano indubbi vantaggi ambientali, legati alla riduzione dell’abnorme quantità di carta igienica da smaltire.

Certo non è facile stravolgere abitudini e pregiudizi consolidati.

Tanto che sono necessarie “guide all’uso”, con tanto di immagini esplicative.

Non ci credete?

Provate ad andare su You Tube, digitate “How to use bidet”, e vedrete con i vostri occhi.

Qualunque sia la ragione di questa “anomalia italica”, resta il fatto che il bidet noi lo associamo ad una fresca sensazione di pulito cui non possiamo rinunciare.

E qualche dubbio cominciano ad averlo anche all’estero, tanto che la Bbc lo ha definito in un servizio “un simbolo universale della supremazia igienica italiana”.

Concludendo, l’uso del bidet è ancora un’abitudine tutta italica, per cui continueremo a viaggiare per il mondo, ma ogni qual volta entreremo in una “salle de bain” dotata di soli lavandino, tazza e doccia, ci scapperà la consueta frase: “Quando ritorno a casa, la prima cosa che faccio è…..”, e tutti capiscono cosa.

Umberto Baldo

VICENZA CITTA UNIVERSITARIA
AGSM AIM
duepunti
UNICHIMICA

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