10 Marzo 2015 - 16.13

SANITA’ – Assistenza infermieristica, cresce la spesa privata

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La domanda di assistenza infermieristica sul territorio è in continua crescita, tanto che secondo un’indagine del Censis presentata al Congresso nazionale dell’Ipasvi (Federazione nazionale dei Collegi degli infermieri), svoltosi la scorsa settimana a Roma, nel 2014 quasi nove milioni di italiani hanno speso di tasca propria circa 2,7 miliardi di euro. Un’assistenza che il Servizio sanitario nazionale non ha garantito e per la quale si sono attivati privatamente il 44 per cento dei non autosufficienti, il 30,7 per cento dei malati cronici e il 25,7 per cento degli ultrasettantenni.
Tuttavia la necessità delle famiglie di contenere le spese –come dimostra l’indagine- ha indotto a ricercare figure professionali non infermieristiche e tra queste in particolare badanti, familiari e conoscenti che gestiscono anche le terapie farmacologiche, fanno iniezioni, si occupano di bendaggi e medicamenti in maniera certamente non professionale, se non inappropriata.
“Si tratta di dati sconvolgenti – commenta il presidente di Ipasvi Vicenza, Federico Pegoraro- soprattutto se si considera l’elevato numero di infermieri disoccupati o sottoccupati: un paradosso causato anche dal blocco delle assunzioni nel settore pubblico”.
Che fare, dunque? Secondo Ipasvi Vicenza sono due i fronti sui quali intervenire. Da un lato dare una risposta territoriale alle esigenze di assistenza, carente e inevasa, come dimostrano i dati sull’applicazione del nuovo Patto per la Salute, intervenendo anche con proposte di legge volte a defiscalizzare le prestazioni assistenziali sanitarie, se effettuate da infermieri; dall’altro agire sui propri iscritti nella formazione di un’attività libero professionale o autonoma, considerata a tutt’oggi un ripiego, mentre la potenziale domanda di assistenza infermieristica è in continua crescita.
Ciò consentirebbe di evitare le strutture di intermediazione (cooperative, imprese, studi, ecc) che, pur agevolando l’incontro tra domanda e offerta, finiscono con il comprimere la remunerazione dell’infermiere.
Oggi -conclude Pegoraro- esistono figure di infermieri generalisti e specialisti, competenti, preparati, in grado di lavorare in rete, di favorire l’integrazione e di confrontarsi su un disegno assistenziale che parte dal grande centro ospedaliero passando per gli auspicati ospedale di comunità, per giungere sino al territorio ove andrebbe rivalutata la figura degli infermieri educatori. Si tratta di un ruolo antico ma mai compiutamente definito, in grado di addestrare i familiari, o i loro sostituti, ad un accudimento informato, corretto e sicuro dei loro cari affinché possano mantenere il miglior equilibro possibile nel loro continuum salute-malattia.

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