6 Dicembre 2016 - 9.18

RENZI sconfitto dai suoi errori: ora serve vero cambiamento

 

L’Italia ha votato per mantenere inalterata la Costituzione, bocciando in modo perentorio la riforma sostenuta dal Governo e Renzi non sarà più presidente del Consiglio.
La lunga domenica del referendum si è chiusa di notte e con l’annuncio di Renzi che consegnerà le sue dimissioni da premier nelle mani del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.
Questo atto, solo procrastinato di pochi giorni per votare la Legge di Stabilità, e diventato un passaggio inevitabile, considerando le proporzioni della sconfitta del SI’, segna l’avvio di una crisi politica profonda, che apre uno scenario di grande incertezza, le cui conseguenze rischiano di pagarle tutti gli italiani.
Mettere il Paese in questa condizione è l’effetto più grave e pericoloso di un’avventura voluta pervicacemente da Matteo Renzi, durante la quale ha sbagliato tutte le scelte e tutte le mosse, senza peraltro che fosse necessaria con l’urgenza da lui prefigurata,.
Il premier uscente ha invece deciso di predisporre una riforma della Costituzione di grande portata, con proposta diretta del Governo, e di farla approvare in Parlamento a semplice maggioranza, senza comprendere quanto un’operazione di tale impatto richieda, per sua natura, il massimo coinvolgimento delle forze politiche, sociali e dei cittadini.
Ha agito mentre nel contempo avviava una riforma elettorale causa di molte critiche, per una impostazione che, abbinata alla stessa modifica della Costituzione, stravolge le logiche di rappresentatività, in nome di una ricerca esasperata della governabilità, con un premio di maggioranza, la cui correttezza è oggetto di verifica da parte della Consulta.
Ha personalizzato la riforma e la campagna per il SI’, fino a trasformarla in una consultazione pro o contro la sua persona.
Una impostazione del tutto impropria rispetto a un tema, che riguarda le regole di tutti gli italiani e dovrebbe essere slegato da profili politici ordinari e soprattutto dalle sorti di un Governo e del suo presidente.
Ha provato a correggere questa impostazione quando si è accorto di quanto incidesse in modo anomalo sul dibattito nel Paese, che non entrava nel merito della riforma, ma si concentrava sul suo destino politico.
Un cambio di rotta riuscito solo in parte, perché l’uomo è fatto così, deve essere al centro della contesa e sentirsi protagonista, sempre e comunque.
Ma qui a essere in discussione era la Costituzione, la sua storia e il suo futuro, che non può e non deve essere legato a una prospettiva di breve periodo.
Invece l’atteggiamento di Renzi, che all’inizio aveva affascinato gli italiani, alla lunga li ha indispettiti, perché obbligati a dover elaborare una scelta che non riguardava più il merito del referendum, ma aspetti politici legati alla tenuta del Governo e alla stabilità del Paese.
Una sorta di ricatto implicito che ha dato sostanza alle rivendicazioni di molti sostenitori del No, che, in questo corto circuito di cui Renzi è il primo responsabile, hanno scelto di essere contro la riforma costituzionale soprattutto per avversione al premer, con l’obiettivo tutto politico di fare cadere il Governo.
Non a caso Movimento 5 Stelle e Lega Nord, nella notte dei risultati, appena Renzi è sceso dal palco da cui ha annunciato le dimissioni, hanno cominciato a chiedere elezioni anticipate, anche con l’attuale informe legge elettorale.
Insomma Renzi ha sbagliato tutto, come prima di lui Cameron in Gran Bretagna, con il referendum sulla Brexit.
Il suo passo indietro dal Governo lo lascia al momento leader di un Pd comunque lacerato da una divisione interna con la minoranza, schieratasi per il NO e pronta a rivendicare un ruolo per decidere le prossime strategie.
Tutto è da decifrare, a iniziare dalla possibilità di continuare la Legislatura, il cui destino è legato alle scelte di Mattarella, che proverà a trovare un presidente del Consiglio che ottenga la fiducia nell’attuale Parlamento.
Così, mentre Renzi lascerà Palazzo Chigi, l’Italia si trova di nuovo trascinata in un clima di incertezza non richiesto e non necessario, soprattutto quando si vedeva all’orizzonte un timido segnale di ripresa e i populismi nel mondo continuano la loro avanzata.
In questo contesto Renzi ha ora la responsabilità di non sbagliare le prossime mosse, considerando che resta comunque il leader del partito di maggioranza relativa nel Paese.
Faccia un giro a Firenze, sciacqui in Arno la sua spavalderia e le troppe arroganze, si tuffi in un salubre bagno di umiltà e la smetta di porsi quale unico portatore di verità e di pensare che il Paese debba porsi al suo servizio.
È finito il tempo delle spavalderie ed è giunta l’ora di essere maturi.
Recuperi le sue indubbie e migliori capacità e le metta a disposizione del suo partito e dell’Italia, per rafforzare il Pd e contribuire a costruire un reale baluardo progressista e moderno, che aggreghi altre forze con spirito analogo, contro le spinte demagogiche e populiste.
Oggi queste sono il vero nemico e rappresentano i prodromi di politiche nazionalistiche, che, se avranno campo libero, porranno la democrazia, cui tanto si è inneggiato dopo il referendum, di fronte al concreto rischio di incontrare una delle sue notti più buie. L’Italia ha votato per mantenere inalterata la Costituzione, bocciando in modo perentorio la riforma sostenuta dal Governo e Renzi non sarà più presidente del Consiglio.
La lunga domenica del referendum si è chiusa con l’annuncio delle dimissioni del nelle mani del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.
Questo atto, per ora procrastinato solo di pochi giorni per votare la Legge di Stabilità, e diventato un passaggio inevitabile, considerando le proporzioni della sconfitta del SI’, segna l’avvio di una crisi politica profonda, che apre uno scenario di grande incertezza, le cui conseguenze rischiano di pagarle tutti gli italiani.
Mettere il Paese in questa condizione è l’effetto più grave e pericoloso di un’avventura voluta pervicacemente da Matteo Renzi, durante la quale ha sbagliato tutte le scelte e tutte le mosse, senza peraltro che fosse necessaria con l’urgenza da lui prefigurata.
Il premier uscente ha invece deciso di predisporre una riforma della Costituzione di grande portata, con proposta diretta del Governo, e di farla approvare in Parlamento a semplice maggioranza, senza comprendere quanto un’operazione di tale impatto richieda, per sua natura, il massimo coinvolgimento delle forze politiche, sociali e dei cittadini.
Ha agito mentre nel contempo avviava una riforma elettorale causa di molte critiche, per una impostazione che, abbinata alla stessa modifica della Costituzione, stravolge le logiche di rappresentatività, in nome di una ricerca esasperata della governabilità, con un premio di maggioranza, la cui correttezza è oggetto di verifica da parte della Consulta.
Renzi ha inoltre da subito personalizzato la riforma e la campagna per il SI’, fino a trasformarla in una consultazione pro o contro la sua persona.
Una impostazione del tutto impropria rispetto a un tema che riguarda le regole di tutti gli italiani e dovrebbe essere slegato da profili politici ordinari e soprattutto dalle sorti di un Governo e del suo presidente.
Ha poi provato a correggere questa impostazione, quando si è accorto di quanto incidesse in modo anomalo sul dibattito nel Paese, che spesso non entrava nel merito della riforma, ma si concentrava solo sul destino politico del premier.
Un cambio di rotta riuscito solo in parte, perché l’uomo è fatto così, deve essere al centro della contesa e sentirsi protagonista, sempre e comunque.
Ma qui a essere in discussione era la Costituzione, la sua storia e il suo futuro, che non può e non deve essere legato a una prospettiva di breve periodo.
Invece l’atteggiamento di Renzi, che all’inizio aveva affascinato gli italiani, alla lunga li ha indispettiti, perché obbligati a dover elaborare una scelta che non riguardava più il merito del referendum, ma aspetti politici legati alla tenuta del Governo e alla stabilità del Paese.
Una sorta di ricatto implicito che ha dato sostanza alle rivendicazioni di molti sostenitori del No, che, in questo corto circuito di cui Renzi è il primo responsabile, hanno scelto di essere contro la riforma costituzionale anche, se non soprattutto, per avversione al premer, con l’obiettivo tutto politico di fare cadere il Governo.
Non a caso Movimento 5 Stelle e Lega Nord, nella notte dei risultati, appena Renzi è sceso dal palco da cui ha annunciato le dimissioni, hanno cominciato a chiedere elezioni anticipate, anche con l’attuale informe legge elettorale.
Senza contare che i cambiamenti alla Costituzione sono apparsi confusi, poco incisivi e approssimativi anche nel merito degli aspetti su cui voleva incidere.
Insomma Renzi ha sbagliato tutto, come prima di lui Cameron in Gran Bretagna, con il referendum sulla Brexit, scegliendo di imporre nell’agenda politica una riforma che nella sensibilità del Paese non riveste l’emergenze di ben più necessari interventi a favore dei cittadini.
Il suo passo indietro dal Governo lo lascia al momento leader di un Pd comunque lacerato da una divisione interna con la minoranza, schieratasi per il NO e pronta a rivendicare un ruolo per decidere le prossime strategie.
Tutto è da decifrare, a iniziare dalla possibilità di continuare la Legislatura, il cui destino è legato alle scelte di Mattarella, che proverà a trovare un presidente del Consiglio che ottenga la fiducia nell’attuale Parlamento.
Così, mentre Renzi lascerà Palazzo Chigi, l’Italia si trova di nuovo trascinata in un clima di incertezza non richiesto e non necessario, soprattutto quando si vedeva all’orizzonte un timido segnale di ripresa e i populismi nel mondo continuano la loro avanzata.
In questo contesto Renzi ha ora la responsabilità di non sbagliare le prossime mosse, considerando che resta comunque il leader del partito di maggioranza relativa nel Paese.
Faccia un giro nella sua Firenze, sciacqui in Arno la sua spavalderia e le troppe arroganze, si tuffi in un salubre bagno di umiltà e la smetta di porsi quale unico portatore di verità e di pensare che il Paese debba porsi al suo servizio.
È finito il tempo della tracotanza ed è giunta l’ora di essere maturi.
Recuperi le sue indubbie e migliori capacità e le metta a disposizione del suo partito e dell’Italia, per rafforzare il Pd e contribuire a costruire un reale baluardo progressista e moderno, che sappia dare risposte concrete al disagio sociale, economico e occupazionale che vive il Paese, fiaccato da oltre otto anni di crisi.
In tal modo si potrà anche aggregare altre forze, che con animo costruttivo e prospettico si battano contro le spinte demagogiche e populiste che avanzano in modo sempre più dirompente.
Oggi queste sono il vero nemico e rappresentano i prodromi di politiche nazionalistiche, che, se avranno campo libero, porranno la democrazia, cui tanto si è inneggiato dopo il referendum, di fronte al concreto rischio di incontrare una delle sue notti più buie.

VICENZA CITTA UNIVERSITARIA
AGSM AIM
duepunti
UNICHIMICA

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