23 Ottobre 2019 - 9.53

Prove di recessione

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La paura fa novanta, e l’Italia torna nuovamente ad essere a rischio recessione. Ci sono infatti segnali poco rassicuranti che fanno temere il peggio. Se è vero che l’economia segue sempre un andamento ciclico, a distanza di dieci anni dalla grande recessione globale del 2008 e 2009, molti elementi fanno capire che non manca molto a questa nuova recessione, nella speranza che non sia impattante come quella precedente.

Il rallentamento della Germania, ed il relativo decremento del PIL dello 0,1 per cento nel secondo trimestre dell’anno rispetto a quello precedente, con prospettive di crescita dello 0,5 per cento rispetto allo 0,9 stimato e dell’1,5 del 2018, non sono certamente segnali incoraggianti.

Sicuramente non è un problema solo di casa nostra o Europeo, ma è un brutto periodo per l’intero commercio internazionale, caratterizzato da guerre commerciali e da un rallentamento sensibile dell’economia cinese.

Come evitare la tempesta che sta per arrivare. Difficile trovare una soluzione, di fronte a tutte queste incertezze. Troppi i segnali che vanno nella direzione di una nuova crisi. L’ultimo in ordine cronologico arriva dagli Stati Uniti, dove i Treasury Bond, i buoni del tesoro americano, hanno invertito la curva dei rendimenti, con le scadenze a breve che rendono di più delle scadenze lunghe, segno di una fiducia che sta diminuendo.

La situazione economica internazionale rimane preoccupante. Per evitare una nuova e pericolosa recessione i governi dovrebbero avere il coraggio di proseguire e potenziare politiche espansive, promuovendo investimenti pubblici, incoraggiando il credito, e riducendo gli oneri fiscali alla produzione, per cercare di creare una nuova rivoluzione industriale.

Se noi piangiamo, magra consolazione nel sapere che stavolta neppure la Germania sorride, anzi le politiche economiche tedesche rischiano di trascinare l’intera eurozona verso il baratro.

Le nubi che si stanno avvicinando velocemente, potrebbero far spazio al sole, nel caso in cui gli Stati, soprattutto del Nord Europa, iniziassero ad investire in maniera sistematica immettendo denaro in circolazione, dando un input importante anche ai privati, creando magari dei bond europei finalizzati alla copertura di importanti operazioni infrastrutturali. Solo così, forse, il grigio potrebbe far spazio all’azzurro, nel caso contrario non ci resta che preparare le ombrelle.

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