31 Maggio 2019 - 17.27

PASSAGGIO A NORD – La Grande Rogazione di Asiago: una tradizione che unisce terra e cielo

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di Anna Roscini

Storia e tradizione, speranza e gratitudine, natura e comunità si incontrano per dare vita ad un cammino di fede senza uguali: la Grande Rogazione di Asiago. Sabato 1 giugno si rinnova l’appuntamento con il “Giro del Mondo”, la processione religiosa che da secoli, il giorno prima dell’Ascensione, si snoda, lungo un percorso di 33 chilometri, per i sentieri, le strade sterrate e i verdi pascoli dell’Altopiano di Asiago.         
«Le rogazioni arrivano da molto lontano – spiega Sergio Bonato, Presidente dell’Istituto di Cultura Cimbra di Roana -. Già nel Medioevo si svolgevano processioni propiziatorie per invocare la protezione divina sui campi e sul raccolto e, proprio a questi riti di primavera, si collegano le rogazioni cristiane con la benedizione dei campi, ma anche con la preghiera contro la fame, le malattie e la guerra.  Nel caso di Asiago, ha assunto anche un valore di ringraziamento da parte di chi riuscì a scampare alla terribile pestilenza che nel 1631 colpì queste località montane. Il percorso tocca tutti i confini del Comune, a testimonianza del forte legame della comunità con il suo territorio. Si tratta di una caratteristica di origine germanica, non presente nelle rogazioni cristiane». Un momento dunque di grande spiritualità e suggestione, ma anche un’occasione di socialità e incontro tra gli altopianesi e tutti coloro che vogliono partecipare, con rispetto e discrezione, a questo antico rito.

Il “Giro del Mondo”
La processione parte alle sei del mattino dal duomo di Asiago. Litanie in lingua latina si sovrappongono ad antiche melodie, conservate e tramandate nei secoli per accompagnare i pellegrini nella marcia, insieme al tradizionale canto di Pasqua in lingua cimbra e ad altri canti locali. Il corteo, preceduto dallo stendardo rosso con la croce bianca e seguito da un sacerdote benedicente, prosegue fino al Lazzaretto, dove viene celebrata la santa messa. Qui, durante la peste, venivano portati i malati durante gli ultimi giorni di vita per poi esservi seppelliti. Proprio in questo luogo, terminata la celebrazione, la tradizione popolare oggi si intreccia con quella religiosa. Le ragazze donano delle uova colorate, con i fiori e le erbe raccolte, ai ragazzi da cui hanno ricevuto come pegno d’amore il “cuco”, il tradizionale fischietto di terracotta, nel giorno di San Marco. «Il rito delle uova è un rito universale – spiega Sergio Bonato -: l’uovo è simbolo della Pasqua, della rigenerazione, della vita nuova. Anche il cuco è diffuso in molte parti del mondo come simbolo di primavera. Entrambi i doni hanno anche un forte collegamento con la sessualità: le uova rappresentano la fecondità femminile, mentre il cuco quella maschile». Dopo un primo spuntino, si prosegue tra i boschi di Kaberlaba, per raggiungere Camporovere per il pranzo al sacco. La processione, sempre più numerosa, riprende intorno alle 14:30 verso il Monte Katz. Dopo la faticosa salita, i pellegrini discendono e continuano a camminare prima lungo la contrada Rigoni di Sotto, e, poi, fino al bosco di Gallio per un’ultima sosta. A questo punto, come in una festa di primavera, molti uomini e donne indossano corone di fiori e rametti di abete o larice. Al tramonto, dopo 13 ore di cammino, la processione volge al termine laddove era cominciata, acclamata dal suono magico delle campane del Duomo.   
Si conclude così “Dar Grooze Gankh umme z velt”, un percorso di unione e fede che da secoli racconta, e rispetta, la storia di questi luoghi.

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